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Dai grillini
ai dissidenti Pd
la battaglia
è contro Renzi

La battaglia sulle riforme in corso al Senato si è trasformata in un duello sulla leadership di Renzi. Al di là del merito della riforma è in atto un tentativo non dichiarato ma palese di mettere in discussione il premier. Di azzopparlo, di renderlo "normale", come tutti gli altri predecessori. E' la dimostrazione che non solo i Cinquestelle o le altre opposizioni vogliono sconfiggere Renzi, ma anche nel Pd c'è una robusta pattuglia di dissidenti che si gioca tutto nella guerriglia parlamentare per buttare giù il segretario-premier. Questo spiega la massa enorme di emendamenti (quasi 8 mila) molti dei quali uguali ad altri, e le 500 richieste di voto segreto sulla cui ammissibilità devono decidere la Giunta per il Regolamento e il presidente Grasso che si è consultato con Napolitano. Sono tutti tentativi di trasformare il cammino della riforma in Senato in un Vietnam dove Renzi dovrebbe fare la parte dell'America. Il premier sa perfettamente che questo è lo scenario in cui si muove e anche oggi ha sfidato i suoi avversari. Ha messo in conto i rallentamenti, gli "scherzetti", i trabocchetti, le trappole, e anche i ricatti di Forza Italia come quello che ha tentato sull'arresto di Galan, ma ha dichiarato ancora una volta che l'esito finale sarà la riforma del Senato. Anche a costo di lavorare a Ferragosto, eventualità che spaventa moltissimo i parlamentari della maggioranza e dell'opposizione abituati a vacanze lunghissime. Ma la vera arma finale in mano a Renzi è la minaccia di andare al voto se il Parlamento non fa le riforme istituzionali, passaggio prioritario per fare le riforme del Fisco, del lavoro e della Pubblica amministrazione. E per presentarsi in Europa con le credenziali in regola di un Paese in grado di cambiare. Renzi sa - e lo sanno anche i suoi avversari interni e dell'opposizione - che anche se si andasse a votare con il proporzionale puro uscito dalla sentenza della Consulta, vincerebbe comunque. Lo spettro di un Parlamento che riproducesse i rapporti di forza usciti dalle elezioni europee (Pd al 40,8 per cento, Forza Italia al 16) è abbastanza pauroso, tanto da dissuadere le opposizioni a raccogliere la sfida di Renzi.

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