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Buongiorno e ben [ri]trovati in questa Domenica in cui si respira sempre più l'aria del Natale in arrivo e contemporaneamente si lotta per chiudere i lavori in corso. È stata indubbiamente la settimana di Facebook. È stato ripreso dai media di tutto il mondo il comunicato nel quale Facebook ha annunciato ufficialmente che contabilizzerà i ricavi pubblicitari nei Paesi dove li realizza, Italia inclusa naturalmente. Ma non solo. Infatti, la piattaforma social si interroga rispetto alla controversa questione di se e quanto i social facciano male e, citando numerose ricerche statunitensi al riguardo, giunge alla conclusione che i social usati in modo passivo, ovvero come la televisione, da spettatori e non da co-protagonisti siano effettivamente elemento dannoso per per l'equilibrio psicologico delle persone, salvo poi lanciare pochi giorni prima "Messenger Kids" illudendo le famiglie che possano avere controllo parentale al riguardo. Ed ancora, si appresta a lanciare, anche, "Snooze", nuova caratteristica che richiama il tasto che consente di ritardare la sveglia e che infatti permette di silenziare persone, pagine e gruppi per 30 giorni, ma anche in questo caso contemporaneamente ci informa, per così dire, che spingerà ulteriormente sui video nel news feed delle persone, di tutti noi, permettendo, dopo tanto tempo di inserire al loro interno, contrariamente a quanto era possibile fare sin ora,  i pre-roll. Ma Facebook per i publisher è fondamentalmente una fonte di traffico al proprio sito, peccato che secondo l'analisi che abbiamo pubblicato, a prescindere dall'allarme sulla separazione del news feed, che nel frattempo Snapchat, per quel che ci interessa, ha già implementato, anche da questo punto di vista sia sempre meno interessante. Un fenomeno che ha dimensioni internazionali e che ha ripercussioni anche in Italia, secondo i più recenti dati Audiweb che abbiamo elaborato in esclusiva per coloro che sono iscritti [GRAZIE!]. Insomma, i social NON sono piattaforme di distribuzione. Non sarà "politically correct" dirlo ma di fatto lo avevamo affermato già diverso tempo fa. 

Quando il Giornalismo Sposa l’Impresa — DataMediaHub, in collaborazione con Associazione Stampa Romana e AGI come media partner, lancia il Master Giornalismi & Comunicazione Corporate “Dal Brand Journalism alle Digital PR, quando il Giornalismo Sposa l’Impresa”. Dal 13 Aprile al 13 Ottobre 2018 a Roma, presso l’Università degli studi Link Campus University, 11 weekend [venerdì pomeriggio e sabato intera giornata] non consecutivi . La formula weekend, con lezioni il venerdì pomeriggio e il sabato, rappresenta la soluzione ideale per coloro che devono conciliare l’esigenza di aggiornamento con lo svolgimento della propria attività professionale. Grazie alla formazione attiva ed al learning by doing i partecipanti saranno concretamente messi in grado di attivare da subito quanto appreso durante il master. La partecipazione è a numero chiuso [30 persone massimo]. Ai partecipanti saranno distribuite dispense strutturate ad hoc contenenti gli schemi utilizzati in aula dai docenti. Al termine del Master di Specializzazione sarà distribuito a ciascun partecipante, che abbia frequentato regolarmente almeno l’80% delle lezioni, l’attestato di partecipazione. Inoltre, ai giornalisti professionisti saranno riconosciuti i crediti formativi [12] dell’OdG Lazio. Infine, verrà fornito accesso al gruppo chiuso del master nel quale verranno forniti informazioni e documenti integrativi. Con un corpo docenti di elevato standing, con anni di esperienza alle spalle, e testimonianze di autorevoli esperti del mondo della comunicazione e del giornalismo il programma del master unisce visione strategica a operatività come percorso post-experience rivolto in particolare a manager, imprenditori, consulenti e giornalisti che vogliono progettare una brand experience grazie ai mezzi ed agli strumenti offerti dal digitale. Scarica la brochure con il dettaglio del programma del master e compila il form di pre-iscrizione per iscriverti a quello che sicuramente è un “filone” con ampie prospettive professionali e lavorative per giornalisti e comunicatori.

Youthquake - Youthquake è la parola dell’anno 2017 per l’Oxford Dictionary. Significa un metaforico terremoto [earthquake] causato dalla spinta propulsiva della gioventù [youth]. Sul valore della scelta da leggere il commento al riguardo pubblicato su Il Fogli. Infatti, è stata scelta per celebrare la mobilitazione dei millennial risultata decisiva nelle elezioni britanniche [benché perse] e in quelle neozelandesi [benché ininfluenti]. Diciamo che un Lewis Carroll o un James Joyce possono ancora dormire tranquilli sui loro allori di coniatori di mot-valise; e diciamo anche che viene più facile associare l’anno appena trascorso alla parola scelta dal vocabolario Cambridge, “populismo”, o meglio ancora dal Merriam-Webster, “femminismo”. Considerato tuttavia che le alternative erano kompromate broflake, forse è andata ancora bene. Del resto a Oxford, purtroppo, sono fatti così. Oltre a voler posare a tutti i costi da eccentrici, essendo molto tradizionalisti sono ancora legati al luogo comune che essere giovani costituisca un valore di per sé, nonché all’illusione che le nuove generazioni cambieranno il mondo. In effetti la parola di quest’anno presenta una novità. Di solito veniva scelto un termine che non compariva nel vocabolario e che celebrava così il proprio ingresso nella lingua ufficiale. In questo caso invece è stato scelto un lemma che già vi figurava; la prima ricorrenza di youthquake risale infatti all’utilizzo da parte della direttrice di Vogue Diana Vreeland onde significare la ventata di freschezza portata dagli adolescenti. È un termine vecchio, degli anni Sessanta, a conferma che nulla è più stantio del giovanilismo. 

Focus bilanci per il settore televisivo e l'editoria - Nel quinquennio 2012-2016 i ricavi delle principali imprese televisive sono aumentati di circa 220 milioni di euro, in particolare grazie alla ripresa registrata a partire dal 2015. Questo andamento è principalmente dovuto all’incremento degli introiti del canone televisivo [+180 milioni di euro dal 2012 al 2016] e dei servizi televisivi a pagamento [+70 milioni di euro], mentre gli introiti pubblicitari, seppure in crescita nel 2015, su tutto l’arco temporale considerato si sono ridotti di 160 milioni di euro rispetto al 2012. Per quanto riguarda invece il settore dell’editoria, nel periodo osservato [2012-2016], i ricavi complessivi si sono ridotti di quasi un miliardo di euro [-16,6%]: in particolare, la parte di ricavi ottenuti in Italia, pari a circa 4 miliardi di euro nel 2016, si è ridotta del 18,3% [-900 milioni di euro]. Tuttavia nel 2016, sia i ricavi complessivi sia quelli domestici sono in crescita, rispettivamente del 7,1% e del 6%. Tale andamento è in parte riconducibile all’aumento dei ricavi sui mercati esteri [+12.9%], e, riguardo al mercato interno, ad una crescita degli introiti pubblicitari [+5%] che compensano l’ulteriore calo dei ricavi provenienti dalla vendita di copie [-0.6%]. Il margine operativo lordo [ebitda], mediamente pari al 6,3% dei ricavi durante il periodo 2012- 2016, raggiunge il 9.2% nel 2016, mentre il margine operativo netto [ebit], con un valore medio di periodo uguale a -4,3%, nel 2016 è tornato su valori positivi [+1.5%]. È quanto si legge nel focus sui bilanci aziendali nel settore dei media pubblicato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel quale vengono illustrati, in maniera sintetica, le principali risultanze consolidate derivanti dall’analisi dei bilanci delle principali imprese operanti nel mercato televisivo e dell’editoria, quotidiana e periodica. Sul tema abbiamo pubblicato Il Report Industria dell'informazione 2010-2017. Focus Editori di Quotidiani Quotati in Borsa + Report Industria dell’informazione 2011-2016. Focus Editori di Quotidiani Nazionali + Report Industria dell'Informazione 2011-2016. Focus Editori di Quotidiani Locali ed anche il Report delle Concessionarie di Pubblicità dei Quotidiani. 

Il digitale rivoluziona la finanza. Ma le banche italiane hanno ancora un approccio tradizionale - L’innovazione digitale nel retail bancario – Cresce l’utenza bancaria attiva attraverso i canali digitali: il 38% dei clienti usa il pc per interagire con la propria banca [+5% rispetto al 2016], mentre la percentuale di utenti mobile - che usano tablet o smartphone - è pari al 15%, rispetto al 9% di un anno fa. Alcuni istituti finanziari hanno investito più di altri nella creazione di una relazione multicanale con i propri clienti e registrano perciò punte del 47% di utenti attivi da pc e del 28-30% di utenti mobile.  Tuttavia, dall’indagine condotta su oltre 50 banche e 15 gruppi bancari per monitorare lo stato dell’arte del mondo bancario retail italiano e dei canali di relazione con il cliente maggiormente utilizzati emerge come la maggior parte delle filiali sia ancora di tipo tradizionale, basata cioè su uno sportello a cui i clienti si rivolgono per qualsiasi tipo di operazione. Una minoranza di banche ha però installato chioschi self-service all’interno di alcune filiali [generalmente tra il 10% e il 20% della propria rete], che permettono al cliente di svolgere in autonomia alcune operazioni ]tra cui, ad esempio, il versamento degli assegni o il pagamento di F24 e MAV/RAV], alleggerendo così il carico per i dipendenti e riducendo le attese per i clienti. Quasi tutti gli istituti di credito dispongono di ATM totalmente multifunzione, ma mediamente soltanto il 20% risulta evoluto e accetta versamenti, con punte del 50% nelle banche che hanno investito di più in questo strumento, mentre si scende al 10% negli istituti che hanno spinto di meno in queste soluzioni. Come gli utenti consumer, anche le Pmi iniziano sempre più a servirsi dei canali digitali per interagire con le proprie banche di riferimento, e anche in questo caso fra gli istituti finanziari prevale un approccio tradizionale. L’offerta di servizi bancari rivolti alle Pmi è ampia e variegata, ma nella quasi totalità dei casi è offline. Tra le soluzioni di finanziamento a lungo termine proposte alle Pmi [il prodotto più diffuso, 24% dell’offerta complessiva], ad esempio, soltanto una è accessibile tramite Internet Banking, e anche in questo caso il richiedente deve comunque passare dalla filiale per la firma finale. All’estero, invece, esistono già delle soluzioni di finanziamento a lungo termine accessibili interamente online e sono diffusi i prestiti veloci, in Italia quasi assenti [esiste un solo caso]. Lo rivela la ricerca dell’Osservatorio Fintech & Digital Finance della School of Management del Politecnico di Milano. Ancora una volta, avanti piano, molto piano, troppo piano. 

Fatturato record per il Mail on Line - Il primo sito di news al mondo ha chiuso il 30 settembre l’esercizio 2016-2017 con un fatturato di 119 milioni di sterline, in crescita del 28% rispetto all’esercizio precedente. La crescita del sito web ha permesso di compensare il calo di fatturato a 455 milioni [-6%] delle pubblicazioni cartacee. Il fatturato complessivo delle pubblicazioni cartacee e digitali è pertanto rimasto stabile a 574 milioni di euro, con utile operativo in crescita del 17% a 71 milioni di euro. Nel dettaglio, i ricavi pubblicitari sono aumentati del 7% a 248 milioni di sterline, per effetto di un aumento del 18% della pubblicità digitale e di un calo del 5% di quella cartacea. I ricavi diffusionali sono stati aiutati dall’incremento dei prezzi di copertina del Daily Mail [da 6o a 65 pence] e del Mail on Sunday [da 1,7 a 1,8 sterline]. Il sito Mail on line ha totalizzato una media di 15 milioni di utenti unici al giorno, in crescita del 4%, e di 227 milioni di utenti unici mensili. Nel complesso, tuttavia, il fatturato del gruppo editoriale Daily Mail and General Trust - DMGT - è diminuito del 13% a 1,66 miliardi di sterline, con l’utile operativo in calo del 28% a 198 milioni e l’utile pre-tasse in calo del 13% a 226 milioni di sterline [via]. Come dicevamo nell'edizione del 03 Dicembre scorso di "Digital Media Sunday Brunch", si tratta di dinamiche interessano non più di 10 newsbrand al mondo, per tutti gli altri meglio cercare alternative ai grandi volumi di traffico, lo hanno capito anche quelli di Buzzfeed. 
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