Bonifica dei siti contaminati: gli ultimi chiarimenti ministeriali

Messa in sicurezza permanente
Obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione, onere probatorio e inquinamento diffuso i temi oggetto della nota del MinAmb n. 1495/2018, indirizzata a regioni, province, Arpa e Ispra

In considerazione delle numerose richieste di chiarimenti e interpretazioni pervenute in relazione alla gestione dei procedimenti di bonifica, il ministero dell’Ambiente, con la nota dirigenziale 23 gennaio 2018, prot. 1495, ha voluto fornire un indirizzo comune su alcuni temi con l’obiettivo di “garantire omogenei livelli di tutela ambientale e sanitaria nel territorio nazionale”.

La nota, indirizzata a regioni, province, Arpa e Ispra, è intervenuta su:

  • obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione e onere probatorio;
  • inquinamento diffuso (compreso l’inquinamento storico).

Su ciascuno di questi temi il dirigente ha fornito il punto di vista ministeriale partendo dal dato normativo e richiamando la giurisprudenza. Si tratta, peraltro, di argomenti sui quali la giurisprudenza si è già soffermata arrivando, in alcuni casi, a soluzioni interpretative non conformi sulle quali.

Clicca qui per leggere il commento di Federico Peres, B&P Avvocati (accesso riservato agli abbonati): https://www.ambientesicurezzaweb.it/bonifiche-la-nota-di-indirizzo-del-ministero-dellambiente/

A seguire il testo della nota dirigenziale del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare 23 gennaio 2018, prot. 1495, disponibile anche in pdf alla fine della pagina.

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Nota dirigenziale del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare 23 gennaio 2018, prot. 1495

Oggetto: Obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione e onere probatorio. Inquinamento diffuso.

In considerazione delle numerose richieste di chiarimenti e interpretazioni pervenute alla scrivente Amministrazione in relazione alla gestione dei procedimenti di competenza, si ritiene necessario fornire un indirizzo comune sui temi in oggetto, al fine di garantire omogenei livelli di tutela ambientale e sanitaria nel territorio nazionale.

A. Obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione e onere probatorio

L’articolo 240, comma 1, lett. i), l), m), n), o), p) e q), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 definisce le tipologie di interventi da attuare ai sensi della Parte IV, Titolo V (Bonifica di siti contaminati).

Il successivo articolo 242, recante «Procedure operative ed amministrative», disciplina in modo puntuale gli oneri ricadenti sul soggetto responsabile dell’inquinamento, che si tratti di contaminazione recente o storica, per quanto riguarda in particolare la comunicazione nei confronti di soggetti pubblici competenti, l’adozione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza d’emergenza, le indagini e le attività di caratterizzazione da attuare, gli interventi di bonifica o messa in sicurezza (operativa e permanente).

L’articolo 244, rubricato «Ordinanze», disciplina invece il caso di accertamento di valori superiori alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione da parte della Pubblica Amministrazione (comma 1) e il potere di ordinanza da parte della provincia nei confronti dei soggetti responsabili (comma 2). Il medesimo articolo prevede che l’ordinanza sia notificata anche al proprietario del sito, ai fini dell’iscrizione dell’onere reale (a seguito dell’approvazione del progetto di bonifica attuato dall’autorità competente ai sensi dell’art. 250) e dell’esercizio del privilegio speciale. Il comma 4 chiarisce che, ove il responsabile dell’evento di superamento non sia individuabile o non provveda e non provveda altro soggetto interessato (ad es. il proprietario del sito), gli interventi necessari sono adottati dall’amministrazione competente in conformità all’art. 250.

Il successivo articolo 245, recante «Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione», prevede:

-al comma 1, la facoltà dei soggetti interessati non responsabili di attivare le procedure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale;

-al comma 2, l’obbligo di notifica e di attivazione delle misure di prevenzione da parte del soggetto non responsabile della contaminazione e l’attivazione della provincia per l’identificazione del soggetto responsabile che dovrà attuare gli interventi di bonifica.

Il già menzionato art. 250, recante «Bonifica da parte dell’amministrazione», prevede che

«Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica (...)».

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Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, i soggetti responsabili dell’inquinamento devono essere identificati in coloro che hanno «in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità» (cfr. Cons. Stato, n. 4119/16 e n. 3756/15).

La più recente giurisprudenza amministrativa ha inoltre chiarito che «il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra determina una successione inter vivos a titolo universale per cui la società incorporante acquista, dal momento dell'estinzione di quella incorporata, i diritti e gli obblighi scaturenti dai rapporti attivi e passivi dei quali quest'ultima era titolare», con la conseguenza che la società incorporante è tenuta ad adempiere agli stessi obblighi (anche in qualità di responsabile della contaminazione) cui era tenuta l’incorporata (fra le tante, Cons. Stato sez. V, n. 6055/08).

La Corte di Giustizia, nella sentenza del 4 marzo 2015 C-524/13, ha stabilito che «affinché il regime di responsabilità ambientale sia efficace, è necessario che sia accertato dall'autorità competente un nesso causale tra l'azione di uno o più operatori individuabili e il danno ambientale concreto e quantificabile al fine dell'imposizione a tale operatore o a tali operatori di misure di riparazione, a prescindere dal tipo di inquinamento di cui trattasi»; la Corte ha altresì affermato che «nell'ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest'ultimo le misure di riparazione» il proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, è comunque tenuto «al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l'esecuzione di tali interventi».

Va inoltre chiarito che, nell’ambito delle attività di verifica e di indagine svolte dalla pubblica amministrazione per l’individuazione del soggetto responsabile, per ciò tenuto all’attuazione degli interventi di bonifica, trova applicazione la regola probatoria, codificata nel processo civile (cfr. su tutte Cass. civ. SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 581), del “più probabile che non”.

Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola della “prova oltre il ragionevole dubbio”, nel processo civile, così come nel campo della responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non, riscontrabile anche in via presuntiva (cfr. ex multis Cons. Stato n. 3165/14; T.A.R. Marche n. 81/17; T.A.R. Lazio n. 998/14; T.A.R. Veneto n. 255/14; T.A.R. Abruzzo - Pescara, n. 204/14 e T.A.R. Piemonte, n. 1575/10).

Con specifico riferimento ai parametri di imputabilità della responsabilità ambientale, la Corte di Giustizia Europea ha, infatti, chiarito che l’Autorità pubblica può disporre a tal fine di presunzioni, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività (Corte di Giustizia, C-378/08).

In ogni caso, il proprietario o gestore, ancorché non responsabile dell’inquinamento, è tenuto a porre in essere adeguate misure di prevenzione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 240, comma 1, lett. l) e 245, comma 2 del Dlgs n. 152/06.

Si evidenzia, inoltre, che con la recente sentenza 8 marzo 2017 n. 1089 il Consiglio di Stato ha chiarito che anche «la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'accertamento del dolo o della colpa”…” l’affermazione dell’obbligo del proprietario di adottare misure di prevenzione per eliminare/ridurre rischi sanitari e ambientali derivanti dalla contaminazione è conforme al regime giuridico vigente» (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, n. 1509/16 e sez. VI, n. 3544/15; T.A.R. Campania - Napoli, n. 377/17; T.A.R. Lombardia - Milano, nn. 1914/15 e 1915/15 e nn. 927/16 e 928/16).

 

 

B) Inquinamento diffuso
1. Nozione di inquinamento

L’articolo 239, comma 3, del D.Lgs. n.152/2006 demanda alle regioni la disciplina, mediante appositi piani, degli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale (SIN) e comunque nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal decreto stesso in materia di bonifica.

All’interno del Decreto Legislativo n. 152/2006 l’inquinamento diffuso viene definito all’art. 240, comma 1, lettera r) quale «la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine».

Gli elementi caratterizzanti detta definizione sono pertanto:

  • origine: da fonti diffuse e non imputabili ad una singola fonte;
  • effetti: contaminazione o alterazioni (chimiche, fisiche o biologiche) delle matrici ambientali.

L’articolo 303, lettera h), del D.lgs. 152/2006 stabilisce, inoltre, che la Parte Sesta (recante Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) «non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori».

Guardando ai riferimenti comunitari, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (European Environment Agency) definisce l’inquinamento diffuso come «inquinamento derivante da attività diffuse senza alcuna fonte distinguibile, ad es. piogge acide, pesticidi, ruscellamento urbano, ecc. »

[“diffuse pollution: pollution from widespread activities with no one discrete source, e.g. acid                  rain,           pesticides,           urban           run-off,           etc.”           -           Source: hiip://glossary.eea.europa.eu/EEAGlossary/D/diffuse_pollution].

La Direttiva 2004/35/CE (Environmental Liability Directive), all’articolo 4 (“eccezioni”), paragrafo 5, afferma:

«La presente direttiva si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso unicamente quando sia possibile accertare un nesso causale tra il danno e le attività di singoli operatori».

[“This Directive shall only apply to environmental damage or to an imminent threat of such damage caused by pollution of a diffuse character, where it is possible to establish a causal link between the damage and the activities of individual operators”].

2. Regime di responsabilità.

Dalla definizione di inquinamento diffuso dipende il regime di responsabilità applicabile.

Innanzitutto, è opportuno chiarire che l’inquinamento diffuso non si identifica con l’inquinamento di un’area "estesa"/"vasta" – tesi volta a far scattare la clausola di cui all’art. 250 cit. al fine di far ricadere, in buona sostanza, i costi di riparazione sulla collettività -così come va respinta la tesi secondo cui, in caso di mancata individuazione del soggetto responsabile della contaminazione, si sia automaticamente al cospetto di un fenomeno di inquinamento diffuso.

Secondo l’accezione dettata dalla norma (nazionale e comunitaria) sopra riportata, infatti, non si può parlare di inquinamento diffuso in tutti i casi in cui è comunque possibile, sulla base dei criteri sopra enunciati per l’individuazione del nesso causale (quali la vicinanza degli impianti e la riconducibilità dei contaminanti rilevati al ciclo produttivo di un determinato operatore), determinare uno o più soggetti responsabili.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa, ha avuto modo di chiarire come, ad esempio, non possa costituire inquinamento diffuso, l’inquinamento, certamente esteso e di vaste proporzioni, ma causato esclusivamente dal dilavamento da parte degli eventi atmosferici di un cumulo di rifiuti interrati; nel caso di specie, la discarica non autorizzata è stata considerata quale ‘fonte unitaria’ di inquinamento, pur in un contesto in cui i rifiuti conferiti erano - come sovente accade - eterogenei ed in cui i conferimenti risultavano essere intervenuti in momenti successivi (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 215/15, confermata da Cons. Stato n. 1489/16 nonché, da ultimo, in termini, Cons. Stato n. 5067/17).

3. Inquinamento storico

La giurisprudenza si è già occupata dell’inquinamento storico stabilendo che l’accoglimento di una tesi restrittiva «comporterebbe l'impossibilità di applicare le norme in tema di bonifica a ciascuno degli episodi di inquinamento verificatisi nel corso del '900 nel territorio italiano, svuotando praticamente di significato tutto il sistema normativo delle bonifiche dei suoli inquinati» (così, T.A.R. Emilia Romagna - Bologna n. 125/17 che richiama T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. I, n. 1081/11).

La stessa sentenza, peraltro, chiarisce che «l'obbligo di messa in sicurezza e di successiva bonifica è la semplice conseguenza oggettiva dell'aver cagionato l'inquinamento. Il complesso delle norme in tema di bonifica non sono altro che l'applicazione alla materia in esame (si potrebbe dire, la procedimentalizzazione nella materia in esame) della norma generale dell'art. 2043 c.c. (il cui disposto esiste da quando esiste il diritto), secondo cui ogni soggetto è tenuto a reintegrare il danno che abbia cagionato con il proprio comportamento. Norma generale che, d'altronde, è a sua volta espressione del principio, ancor più generale, di responsabilità, in base al quale ciascuno risponde delle proprie azioni (ed omissioni, naturalmente) (il c.d. principio comunitario del chi inquina paga ne costituisce ulteriore specificazione in materia ambientale). La circostanza che il danno (nel caso di specie, la contaminazione dei suoli e delle acque) sia scoperto a distanza di anni o decenni non impedisce di attivare la norma dell'art. 2043 c.c., né evita l'applicazione del principio di responsabilità.

Dall'aver cagionato l'inquinamento deriva l'obbligo di bonifica; dalla violazione dell'obbligo di bonifica derivano conseguenze penali, che sono - esse sì sanzioni - per la commissione di un illecito che deve essere stato commesso dopo l'entrata in vigore delle norme stesse (con la precisazione che in questo caso l'illecito è costituito dalla violazione dell'obbligo di bonifica, e non dall'inquinamento pregresso)».

Analogamente, con riguardo alla disciplina di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la giurisprudenza, decidendo in relazione a fattispecie di contaminazione storica, ha stabilito che le misure di prevenzione e riparazione previste dal predetto testo normativo si applicano anche ai soggetti responsabili di eventi di inquinamento verificatisi anteriormente alla sua entrata in vigore, ai sensi dei commi decimo e undicesimo dell’art. 242 (cfr. tra le altre, Consiglio di Stato, VI, n. 4225/15; T.A.R. Toscana, sez. II, n. 164/16).

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Alla luce di quanto esposto, si ritiene che i criteri per definire la contaminazione diffusa possano essere individuati come segue:

  • origine: non puntuale
  • dimensioni: interessa area vasta
  • responsabilità: non riconducibile a uno o più soggetti né come nesso causale né come linee di evidenza (secondo il criterio generale del “più probabile che non”) con l’utilizzo delle migliori tecniche applicabili allo stato di conoscenze scientifiche del fenomeno, indipendentemente dalla risalenza.

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Alla determinazione delle ipotesi di inquinamento diffuso concorrono attività tecniche rilevanti volte a individuare l’origine della contaminazione, delimitarne l’ambito territoriale, stabilire nessi causali o linee di evidenza al fine di individuare eventuali responsabilità anche pregresse.

Dette attività tecniche richiedono l’apporto significativo del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente di cui alla Legge 132/2016 a supporto degli enti che detengono la competenza amministrativa.

Allegati

Nota MinAmb n. 1495/2018

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