Transizione energetica, digitalizzazione e intelligenza artificiale rischiano di far aumentare le disuguaglianze

Esther Duflo 
Per il premio Nobel 2019 per l'economia, Esther Duflo, è anche il momento di ripensare la responsabilità sociale delle imprese. Intervista in esclusiva per Repubblica
2 minuti di lettura

“Ricchi o poveri, abbiamo davvero un destino comune, condiviso. Se c’è un’enorme ondata di contagi in India perché il tasso di vaccinazione è inferiore al 2%, significa che la variante indiana, ora la variante delta, ha avuto la possibilità di emergere e sta minacciando la nostra esistenza anche se siamo vaccinati, semplicemente perché i vaccini non sono tanto efficaci contro di essa. Potremmo sfuggire alla variante delta, ma potremmo non riuscirsi con la variante gamma o quella epsilon o zeta. Abbiamo quindi un destino condiviso con gli altri, nell'immediato termine per il Covid e in un tempo meno immediato per il riscaldamento globale”. È questa, secondo Esther Duflo, il più giovane premio Nobel per l’economia nella storia e docente del Massachusetts Institute of Tecnology di Boston, una delle lezioni che ci ha impartito il Covid e la pandemia. In questa intervista esclusiva per Repubblica, a latere del suo intervento al recente Amundi World Investment Forum, ci ha anche insegnato che abbiamo bisogno di governi in grado di funzionare e dotati di adeguate risorse finanziarie, senza un governo non ci sono acquisti di mascherine, vaccini e campagne vaccinali, così come le appare ormai notevolmente sopravvalutata l'idea che siano necessari incentivi finanziari per le persone, sia i poveri che i ricchi che lavorano, dopotutto, ha fatto notare, il tetto ai salari non ha reso più pigre le stelle dello sport Usa.

A un’esperta di economia della povertà e delle disparità di reddito non potevamo non chiedere una valutazione dei pacchetti di stimoli varati negli Stati Uniti e in Europa dal punto di vista della lotta alle diseguaglianze. “Non so cosa abbiano fatto per la disuguaglianza, dipende da come la si misura, ma penso che siano stati assolutamente essenziali per evitare un enorme aumento della povertà”, è stata la sua risposta. Non c’è stato un aumento significativo della povertà negli Stati Uniti, dove pure un enorme numero di persone ha perso il lavoro, perché la combinazione di sussidi e dell’assegno direttamente percepito ha impedito un tale esito, ha spiegato. Allo stesso tempo sono aumentate anche le fortune delle persone molto ricche e quindi l’incremento netto delle disuguaglianze sarà ancora probabilmente molto alto durante la crisi da covid-19. “Ma ciò che conta di più è che c'è stato un impatto diretto sulla povertà molto inferiore a quello che avrebbe potuto essere e in Europa è andata ancora meglio: le persone hanno potuto mantenere il loro posto di lavoro e sono state pagate tramite il loro datore, in un modo che ha preservato il senso della normalità della loro vita, almeno da questo punto di vista”. Dove entrambi i sistemi hanno fallito un po’, ha osservato, è nei riguardi delle persone che erano già estremamente povere e quindi al di fuori del sistema. Altro tema affrontato, il rischio che la transizione energetica e la digitalizzazione, al centro di programmi di ripresa come il Next Generation dell’Unione europea, possano produrre un aumento delle diseguaglianze. “Sì, sicuramente c'è il rischio che l'automazione, la digitalizzazione o l'intelligenza artificiale possano aumentarla. Cambierà la natura dei posti di lavoro esistenti. Operazioni semplici e di routine possono essere effettuate da una macchina o da un software, molti degli attuali posti di lavoro diventeranno quindi ridondanti. La domanda è cosa succede alle persone che oggi fanno questi lavori: saranno creati altri posti di lavoro per persone come loro e quanto sarà agevole ottenerli? Ciò che la storia suggerisce è che un processo di transizione avviene molto lentamente e nel frattempo le persone soffrono enormemente. Dobbiamo quindi pensare a come aiutare e accompagnare le persone in questa transizione attraverso il nostro sistema di protezione sociale”.

C’è, infine da riconsiderare il ruolo delle imprese. Oggi, ha affermato l’economista francese, bisognerebbe sostituire la frase di un altro premio Nobel, Milton Friedman che sosteneva che l’unica vera responsabilità delle imprese è fare profitti, con qualcosa di più appropriato ai tempi che stiamo vivendo. “La responsabilità sociale delle imprese in questo “nuovo splendido mondo” di maggiori disuguaglianze è mostrare rispetto”, ha concluso. “Rispetto per il governo, con la disponibilità a pagare le tasse e a rivedere le aliquote fiscali. Rispetto per i lavoratori, in particolare per la dignità dei lavoratori, il modo in cui vengono assunti, pagati e licenziati, e rispetto per la Terra, il modo in cui i prodotti vengono creati e venduti”.