Alex ha 28 anni e va veloce. Gli piace arrampicare, ma il più delle volte in vetta ci arriva da solo, senza compagni né corde di sicurezza. Tanto che, dopo aver cominciato undicenne a praticare le montagne, adesso il giovane Honnold, californiano, è diventato una star del free solo e dell'arrampicata in velocità: i video delle sue imprese sulle cime californiane o della Patagonia sono cliccatisismi, e lui viene fermato in continuazione per autografi e selfie.
Finora, però, Alex Honnold non era mai venuto in Italia (anche se – dice – vorrebbe cimentarsi con le Dolomiti).
Lo farà per il Trento Film Festival, la cui 62esima edizione si svolge dal 24 aprile al 7 maggio. Al festival Alex parteciperà come giurato, ma sarà anche protagonista di due incontri con il pubblico (il 1° maggio, all'Auditorium centro Santa Chiara di Trento; il 4 al Teatro comunale di Gries, Bolzano). Per informazioni sugli altri appuntamenti del festival: www.trentofestival.it.
Quando ha cominciato a scalare?
«Da ragazzino, con la mia famiglia andavamo a fare campeggi e ci arrampicavamo. Sempre da piccolo, ho iniziato a esercitarmi ad arrampicare in palestra, fare roccia in montagna è stata una evoluzione naturale di questa passione. Qualcuno potrebbe pure dire che io non scalo vere montagne, per esempio non sono mai stato sull'Himalaya o cime del genere. Sono semplicemente un arrampicatore».
I suoi genitori hanno la sua stessa passione?
«No, nessuno della mia famiglia. Però mi danno un grande supporto, mio padre per anni mi ha accompagnato in palestra. Li sento vicini, mentre cerco di dare il meglio».
Lei ha studiato Ingegneria all'università. Gli studi le sono serviti in qualche modo quando si è trovato ad affrontare le montagne?
«Per niente! Col senno di poi, avrei fatto meglio a lasciar stare, evitando di passare anni ad annoiarmi all'università, soprattutto perché studiavo cose che proprio non mi interessavano. Un giorno vorrei completare gli studi, ma vorrei farlo con qualche cosa che mi appassioni davvero, non semplicemente per ottenere un diploma».
Secondo lei, quali sono le montagne più belle del mondo?
«Il parco di Yosemite, in California, ha alcune delle più belle vette del mondo. Ma quest'inverno sono stato per la prima volta in Patagonia, e mi ha colpito moltissimo».
Perché ha scelto l'arrampicata libera, senza corde né picconi o chiodi?
«Quella è solo una parte della mia attività. Il più delle volte con i miei amici facciamo arrampicate tradizionali. Ma ogni tanto è anche bello fare una salita tutto solo. Questo rende l'esperienza più difficile, e però più gratificante».
C'entra anche il rapporto con la natura, senza alcuna «protesi» artificiale?
«È come se farlo ti mettesse al posto giusto. L'arrampicata in solitaria ti fa sentire piccolissimo, microscopico in confronto alla vastità della natura intorno a te».
Non soffre la solitudine in questi casi?
«Qualche volta, perché finisco con la stare lontano dagli amici e dalla famiglia. Ma se poi mi sento troppo solo, posso anche mollare tutto. È una mia scelta».
Considera il suo un lavoro vero e proprio?
«Di solito, no. Ma quando devo posare per qualche servizio fotografico o rispondere alle email può succedere. D'altra parte, molto meglio così che portare mattoni o piantar chiodi. È una incredibile benedizione poter viaggiare e arrampicare».
Quando qualche fan le chiede un autografo, come reagisce?
«Fa parte del lavoro, e cerco sempre di essere gentile. Certo, fa un po' strano sentirsi messo su un piedistallo».
Le sue arrampicate sono anche state riprese e ne hanno fatto alcuni film: come si è sentito a girarli?
«La prima volta ero molto consapevole della cinepresa che mi stava filmando, mi sentivo strano. Poi mi ci sono abituato, anche perché dietro la macchina da presa ci sono sempre amici».
Lei vive in un camper: perché?
«Perché gran parte della scalata consiste nel viaggiare e spostarsi da una zona all'altra, e quindi è comodo vivere nel tuo mezzo di trasporto».
Che cosa fa quando non arrampica?
«Praticamente, arrampico quasi sempre. Ma quando sono libero dedico il mio tempo a incontrare persone, a leggere, scrivere email: quello che fanno tutti».
Conosceva Walter Bonatti?
«Da ragazzo ho letto i suoi libri e ho sempre avuto una grande ammirazione per lui, perché era un ottimo scalatore ma sapeva anche quando fermarsi e fare altre cose nella vita. Mi sembra che sia riuscito in una splendida impresa: bilanciare la passione per la montagna e la carriera, e quella per la vita privata e la famiglia».
Bonatti ha avuto una lunga storia d'amore con un'attrice, Rossana Podestà. Pensa che chi scala montagne possa essere un modello affascinante per le donne?
«Chissà, forse aiuta, rende l'uomo un po' più interessante, per via di tutti i viaggi e le avventure che incontra. In più, scalare ti dà maggiore sicurezza in te stesso, il che torna utile quando corteggi una donna».
È innamorato?
«Non uso spesso la parola amore, ma mi sa di sì. Sono circa quattro anni che mi vedo con una ragazza adorabile».
Per lei, che cos'è la paura?
«Un avviso di pericolo, o almeno dovrebbe esserlo. Molti provano paura senza una vera ragione, ma dovrebbero cercare di cambiare. Perché la paura dovrebbe essere un aiuto per te, qualcosa che ti permette di salvarti».
C'è qualcosa che la spaventa?
«Certo, le stesse cose che spaventano la maggior parte della gente. Non voglio morire, non voglio essere mangiato da un pitone, non voglio essere colpito da un fulmine. Ma penso di essere molto bravo a distinguere fra paura razionale e irrazionale. Non mi capita spesso di provarne senza una buona ragione: di solito, quando ho paura sono davvero in pericolo».