17 febbraio 2019 - 21:25

Coristi uniti al Duomo di Torino Requiem per i migranti annegati

Concerto il 25 febbraio con artisti provenienti da tutta Italia. Tra i promotori il Coro del Regio di Torino e il regista Davide Livermore

di Giuseppina Manin

Coristi uniti al Duomo di Torino Requiem per i migranti annegati
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L’idea è semplice, bella e potente. Gli artisti dei Cori lirici e sinfonici d’Italia si riuniscono per un Requiem dedicato a tutti i migranti morti in mare. Non in un teatro ma in una chiesa, il Duomo di Torino, spazio sacro della Sindone, dove la sera di lunedì 25 febbraio un settantina di coristi eseguiranno il Requiem in re minore op.48 di Gabriel Fauré, versione per pianoforte. Valentina Escobar voce bianca, Roberto de Candia baritono, Carlo Caputo alla tastiera. A dirigerli Fabio Biondi, con il quintetto d’archi della sua orchestra Europa Galante.

A far da prologo al concerto, promosso dai coristi del Regio di Torino, alcune letture e poesie di autori di diverse culture, da Virgilio a Bob Dylan, da Erri De Luca a Bruce Chatwin, dalla scrittrice somala Igiaba Scego al poeta eritreo Tesfalidet Tesform. Testi scelti e impaginati da Davide Livermore, regista del recente, applauditissimo, Attila scaligero. Conteso dalle ribalte liriche del mondo - ha appena allestito Eugene Onegin a Astana in Kazakistan ed è in partenza per l’Oman per una Lakmé - Livermore a Torino ha una seconda vita artistica, da 16 anni alla guida del Cine-Teatro Baretti, polo culturale e scuola di musica per bambini, nel quartiere multietnico di San Salvario.

«Il mio luogo di militanza attiva, perché musica e cultura non possono e non devono stare fuori dalla realtà» assicura il regista che, con il Baretti e il Comitato nazionale fondazioni lirico sinfoniche, ha fatto da motore per questa «Pastorale per migranti». «Abbiamo parlato con la Curia, ci è stato offerto il Duomo! Non sono cattolico, ma loro sono oggi l’ultimo avamposto di resistenza umana. Forse perché hanno Scritture importanti di riferimento».

E lunedì, in prima fila, ci sarà l’arcivescovo Cesare Nosiglia che si è detto disposto ad accogliere i profughi della Diciotti e della Sea Watch. Porte aperte dalla Chiesa, sostegno economico dalla CGIL torinese, adesioni entusiastiche dagli artisti dei cori, in arrivo a loro spese anche dall’Arena di Verona, dal Comunale di Bologna, la Fenice di Venezia, il Lirico di Cagliari, il Maggio Musicale Fiorentino, l’Opera di Roma, l’Accademia di Santa Cecilia e la Scala di Milano. Tutti insieme per una delle pagine musicali più struggenti, una messa per i morti dolce come una ninna nanna, capace di superare dolore e paura.

«Un Requiem per i morti e per i vivi - prosegue il regista -. Un momento di raccoglimento e riflessione sulla grande tragedia di chi muore in mare per sfuggire alla guerra e alla miseria. Per ricordare che la mia vita vale quella di qualsiasi altro essere umano». Uno vale uno, ma uno vale tutti. «Siamo un popolo di individualisti che dà il suo meglio quando riesce a cantare insieme. La storia del melodramma ne è la prova, il Risorgimento è legato ai cori, alla forza di intonare insieme Va, pensiero o O Signore dal tetto natio... Brani di forte impatto emotivo, capaci di coagulare passioni e ideali. I cori e le orchestre sono grandi palestre di democrazia, impari a rispettare altre voci, ascoltare silenzi. Farebbe bene a molti politici...». Le buone idee hanno ascolto. «Essere partecipi di una musica così alta è un modo di ricordarci che, stranieri e non, siamo tutti esseri umani, fratelli di questo pianeta. Che una volta eravamo noi a andare per mare, 100 milioni di italiani emigrati. La musica è tra le poche cose per cui L’Italia è ancora rispettata nel mondo. Può far sì che il veleno che alcuni spandono si trasformi in medicina».

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