Social Media Week: siamo pronti per le social HR?

Quello che raccontiamo di noi online può influenzare la nostra candidatura per un posto di lavoro. Ecco tutti gli aspetti da considerare

(Foto: David Gould)

(c) David Gould

Milano - Equilibrio tra lavoro e vita privata, nuovi modelli di organizzazione e risposte alle ultime esigenze formative. È questo il focus del panel moderato da Silvia Zanella di Adecco Italia da titolo "Saremo mai pronti per le Social HR? Domande aperte per lavoratori iperconnessi e professionisti Risorse Umane", che si è tenuto all'interno dell'ultima giornata della Social Media Week presso l'Urban Center di Milano.

L'incontro è stato occasione di confronto aperto sui nuovi modelli di organizzazione, collaborazione e gestione del lavoro in ottica di smart working, dando modo di riflettere sui temi del work life balance, degli impatti sui modelli di leadership, della valutazione della performance e di nuove esigenze formative, anche attraverso casi concreti di social enterprise.

Tra un intervento e l'altro sono stati riportati alcuni dati molto interessanti: solo il 56% degli HR manager delle Top100 aziende europee ha un profilo Linkedin, il che non significa chiusura: non vedono l'ora che qualcuno li aiuti a entrare. Poi un dato che interessa chi è in cerca di lavoro: un curriculum su tre viene scartato per informazioni che si trovano online. "Vi hanno mai chiesto la password del vostro account Facebook ad un colloquio di lavoro?”, riportava una domanda fatta durante una ricerca Adecco sul social recruitment: nel 5% dei casi sì.

Il primo ospite a intervenire è Jennifer Mallegni, che racconta la sua esperienza di come ha trovato lavoro tramite social network, o meglio di come sfruttarli al meglio per condividere le proprie passioni e conoscenze sia stata la mossa vincente. Ha rivisto i suoi account in ottica di personal branding e ha incominciato a utilizzarli in maniera più professionale, non più come intrattenimento.

Marco Magnaghi e Fabio Barnabè di Amadori intervengono di seguito su collaborazione e sinergia aziendale e su task force nel Digital ."Il rischio è essere 2.0 verso l'esterno e 1.0 all'interno dell'azienda", evidenzia Barnabè, quindi anche nella fase di selezione. I social media strategist, dunque, devono integrarsi con ogni dipartimento dell'azienda ed è così che si parla di cross contamination, di condivisione competenze, e di reverse mentoring: i più giovani supportano i profili più senior nell'utilizzo dei social in azienda e si cerca l'innovazione in ogni dipartimento delle aziende. Il team working è fondamentale.

**“**Essere consapevoli di quello che si fa, rispetto alla responsabilità e rispetto alla libertà, parola che fa paura in azienda, è il punto cruciale", sottolinea Matteo Lo Bue di Gruppo Reale Mutua. "Il focus deve essere su come le persone devo apprendere, non come devono essere formate: long life learning”. E così hanno pensato di sviluppare una piattaforma di collaborazione interna per la produzione di contenuti. La chiave per la Social Media Governance, dunque, è la consapevolezza che il contenuto genera sentimenti.

La formazione come investimento e come specchio di un'azienda è il focus dell'intervento di Roberto Pancaldi, General Manager Adecco Training. “La formazione è un investimento che chiede un ritorno, il ROI della formazione non è un benefit. La scelta di cosa far fare alle persone viene anche tenendo in considerazione questo aspetto, un ritorno difficile da misurare”. Pancaldi tocca poi il tema della leadership: “La leadership è cambiata, ora è partecipativa, il manager è un coach, l'uomo solo al comando non è più un modello aziendale nella maggior parte dei casi.

Come sviluppare una vera Social Enterprise? Risponde alla domanda Stefano Schiavo di Adecco Training: “Il percorso da seguire è la semplificazione dei processi attraverso le tecnologie e gli strumenti social. Ma la social enterprise non è un'ennesima funzione aziendale da coordinare ma é un ingrediente trasversale, e non è solo una questione di aziende ma di cultura”. Parla poi di la disintermediazione che cambia il ruolo dei dirigenti e delle HR all'interno delle aziende e rende possibili connessioni dirette e immediate. Aumenta la partecipazione e la responsabilizzazione. È tempo di passare dal paradigma del controllo a quello della collaborazione e consapevolezza.

Molte le domande provenienti dal pubblico sopratutto sull'essere se stessi: l'autenticità del candidato è tanto importante quanto l'autenticità dell'azienda stessa. Segnatevelo.