IMmediacy, a lezione di scrittura per i social network

Abbiamo chiesto agli esperti che portano avanti dei progetti di scrittura in Rete di spiegarci qualcosa sul linguaggio dei social. Ecco cosa ci hanno raccontato

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(Foto:Justin Sullivan/Getty Images)[/caption]

Apri gli occhi, allunghi la mano. Smartphone. Twitter. 80 nuovi tweet. Facebook. NewsFeed affollato, messaggi. Tumblr, G+, e via andare. WhatsApp? Certo. Notifiche, risposte. Ancora il piede non ha varcato la soglia del materasso, ed è già lettura. E scrittura. Tante se ne sono dette, e si continuano a dire sul linguaggio dei social network.

“La scrittura online ha abbattuto la barriera che da sempre separava la lettura dalla scrittura", spiega** Filippo Pretolani** (Gallizio Editore) che insieme a Carmine Mangone (poeta e traduttore) sta portando avanti progetti che trovano il centro nella scrittura e nel suo rapporto con la rete.* "Io e Carmine abbiamo coniato il termine scritture istantanee proprio per prendere atto di questo fenomeno cruciale: il tempo di risposta tra le scritture connesse è idealmente annullato”*. I workshop “IMmediacy”, da un lato e GallizioLab, dall’altro.

Una scuola di pensiero sostiene che la Rete abbia limitato la nostra capacità di saper leggere, e che l’essere costantemente immersi nel flusso comunicativo ci allontani dalla lettura tradizionalmente intesa (libro, copertina, tè caldo, e via di stereotipi). “Il nostro cervello sta imparando a gestire l'evenemenzialità del testo, ovvero il suo puro accadere. È come se a ogni riga il libro che stiamo leggendo proliferasse. Sta a te inserire le pause, i silenzi. Il sussulto ininterrotto del flusso di testo ti chiama incessantemente. Ma c'è una regola semplice: il fatto di essere connessi non implica la subitaneità della risposta”, dice Pretolani. E lettura e scrittura sono ancor più difficili da separare, in Rete: “Noi leggiamo sempre, leggiamo continuamente. Non facciamo altro che leggere il mondo e la cosiddetta realtà. Anche quando ci sembra di scrivere ormai meccanicamente, lo facciamo solo dopo aver letto qualcuno o qualcosa, spesso immediatamente dopo. In fondo, se ci pensi, anche quando postiamo una foto di Instagram abbiamo già alle spalle una lettura, un'inquadratura più o meno critica di una porzione di mondo”, dice Mangone.

Altra critica sovente, riguarda la nuova dimensione del ragionamento sui social network. Francesco Piccolo, in un suo intervento su La Lettura, parlò di “parificazione tra pensiero argomentato e reazione emotiva”. “Parlare di parificazione mi pare assai aleatorio. Semmai si può parlare di avvicinamento tra i due momenti, di nuova adiacenza. D'altronde, restano “stati” ben distinti (per quanto passibili di concatenamento): dalla reazione "emotiva" può nascere un percetto, ossia un elemento (un pensiero elementare) che si stacca dalla percezione immediata, e da questo ci può essere poi l'innesco di un principio di ragionamento, di "argomentazione", a partire dalle risonanze riflessive del percetto. In altre parole, un'eco non è certo una valle alpina, benché le due cose restino strettamente legate”.

Mike Schroepfer, CTO, a proposito di Facebook disse: “Abbiamo 5 minuti per deliziarvi”. Se questa è una regola per chi offre un servizio, figuriamoci per chi ci scrive sopra.

“Serve conficcarsi nel cervello dell'altro che ti scrive/­legge. E questo vale su Facebook ma anche su WhatsApp, così come su qualunque altra piattaforma. Chi scrive connesso sa in anticipo che il suo frammento finirà in un diluvio di segni senza memoria. Un tweet si incanala nel qui e ora della timeline e, salvo rare, memorabili (!) eccezioni non sopravvive al primo scroll del dito di chi lo legge. Vogliamo, possiamo, dobbiamo convivere con questa strana impermanenza del segno digitale. La conseguenza di tutto ciò è che ogni volta che pubblichi un frammento (un tweet) hai una sola possibilità di infiggerti nell'immaginario di chi ti legge. Devi colpirlo alla testa, incoccare la sua fantasia. Oppure rassegnarti all'oblio. È anche liberatorio, tutto sommato”.

Sarà forse per questo che tutti si impiccano a fare i simpatici, sui social.  Ma se* - come dice Mangone - "è evidente* che i toni lapidari inducano molti a uscirsene con qualche Witz, con un motto di spirito", è altrettanto vero che le brevità potrebbe essere interpretata altrimenti: "I 140 caratteri di Twitter sono una metrica, esattamente come lo sono endecasillabi e settenari nella poesia" aggiunge Gallizio.

Il progetto editoriale GallizioLab, che riscuote online un buon successo, sta portando molti a cimentarsi con la scrittura. Basta iscriversi (autenticandosi anche via FB o Twitter) per mettersi alla prova con varie forme di testo. Una di queste prevede che i padroni di casa consegnino una traccia all'autore per lui pensata, ma che lui non conosce. I risultati finiscono nella sezione "72 ore, venti minuti*": "Tre giorni a tua disposizione per ritagliarti venti minuti per scrivere. Quando sei pronto mi dai il segnale e ricevi istantaneamente una traccia da sviluppare. Pensata appositamente per te, nella percezione dell'editore. La scadenza dei venti minuti serve a farti scrivere senza pensare. Pare che funzioni: in molti mi hanno scritto privatamente confessando di non aver mai scritto così”.*