Italian Tech

Italiani, abbiamo tanti smartphone
ma ora scarichiamo poche app

Una classifica ci fa fuori dalla top ten dei Paesi in cui gli utenti scaricano più applicazioni per i telefoni. In testa la Corea del Sud con 40 app per ogni utente, davanti a Svizzera e Svezia. Nonostante un indice di penetrazione fra i più elevati del mondo, i nostri potenti dispositivi, ormai oltre il 60% del totale dei cellulari, rimangonono sottoutilizzati di SIMONE COSIMI

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VERO. Non tutti i telefonini che abbiamo in tasca sono potenti smartphone. Per arrivare a questo traguardo c'è ancora molta strada da fare. Anche se la fetta di chi li usa è in piena espansione (siamo oltre il 60 per cento di possessori contro, per dire, il 53 degli americani). Anche perché ormai si può comprare un buon dispositivo di fascia medio-bassa senza indebitarsi. Rimane il fatto che l'Italia, per come disegnata dalle indagini statistiche periodiche, è comunque la patria del telefono cellulare: per l'Istat la penetrazione è infatti del 92,4 per cento e l'uso sempre più schiacciato su ciò che ruota intorno a internet. Secondo uno degli ultimi rapporti Nielsen, sopra i 16 anni la cifra schizza addirittura al 97 per cento. Perfino più di americani, cinesi e indiani e appena dietro i leader del settore: l'inarrivabile Corea del Sud (99 per cento) e l'iperconnessa Russia (98 per cento).

Dumbphone?
Peccato che, a quanto pare, con i telefoni, vecchi e soprattutto nuovi, ci facciamo ben poco. O meglio, giriamo sempre intorno a una manciata di applicazioni (facile indovinare quali: chat e social) limitando così di molto le potenzialità dei nostri superdispositivi. Più che smartphone insomma sono dumbphone, telefoni "fessacchiotti": il famoso esempio della Ferrari costretta dai limiti di velocità. Sì perché è proprio dalle app che passano le opportunità più divertenti e interessanti per i telefoni: ce n'è una davvero per ogni aspetto, dal più serio al più frivolo. In grado di farci scrivere, parlare, chattare, suonare, costruire, curarci e gestire ogni millimetro della nostra esistenza per un mercato che, solo nel nostro Paese, vale oltre 600 milioni di euro l'anno. L'Italia è infatti tagliata fuori dalla top ten dei Paesi che scaricano più app. La singolare chart, appena stilata da Statista, immenso portale di indagini di marketing, ricerca e sondaggi, ci infila nella mesta categoria degli "altri". Costringendoci ad affidarci alla stima di massima a livello globale: appena ventisei applicazioni per ciascun utente. Forse, per il Belpaese delle troppe Sim e delle poche app, anche meno. La stragrande maggioranza, circa venti, sono rigorosamente gratuite, le rimanenti siamo disposte a pagarle.

A guidare la lista, realizzata a partire dalla megaricerca di Google Our Mobile Planet sono - difficile sbagliarsi - i famigerati sudcoreani, forti della leadership di Samsung e di un tasso di penetrazione mobile pazzesco. Scaricano in media ben quaranta app per uno anche se, a ben vedere, sono i più tirchi del pianeta: ne pagano infatti solo tre sul totale. Seguono gli svizzeri, pronti a sorpresa a sborsare qualche franco per quasi dieci app sulle circa quaranta che scaricano in media sui propri smartphone, e chiudono il podio gli svedesi. Anche l'utente tipo scandinavo sfoggia oltre 39 programmini sul suo telefono, trenta installati gratis e i restanti a pagamento. Altri pianeti.

Il resto della classifica è un giro del mondo dal quale gli italiani sono esclusi. Segno di un uso davvero molto limitato dei device a disposizione, che rischiano così di rimanere prodigiose macchine senza contenuti. O quasi. Si va da Singapore, con 37,5 applicazioni, al Giappone con 36,4 passando per Australia (33,4), Danimarca (32,9) e solo all'ottava piazza gli Stati Uniti, con 32,8 programmi. Chiudono Norvegia e Francia, appaiate poco sopra le 35 app. Allargando il tiro, si scopre in realtà - sempre attingendo ai dati di Google - che ci controlliamo i social network (la metà di noi quotidianamente), ci navighiamo in Rete, controlliamo le e-mail e ogni tanto le mappe. L'attenzione verso le app, spesso piccoli gioielli di programmazione, è staccata di almeno venti punti percentuali. La vecchia logica dello status symbol è dura a morire.