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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2013 alle ore 07:18.

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L'Europa vede la ripresina: Pil in risalita dopo sei trimestri neri. Ma il tunnel sta davvero finendo?

L'area euro esce dalla recessione più lunga della sua storia. E lo fa battendo le previsioni degli economisti: nel secondo trimestre del 2013 il Pil dell'eurozona è infatti cresciuto dello 0,3% (ci si attendeva un +0,2%), trainato dalla Germania e dalla Francia. Persino il Portogallo, in recessione da 10 trimestri, è uscito dalla recessione. Dopo sei trimestri di segno meno, il lungo tunnel dell'Eurozona potrebbe dunque terminare. Ed è anche per questo (non solamente però) che lo spread tra BTp e Bund continua a scendere nonostante la debolezza politica in Italia: perché gli investitori vedono la fine della recessione. Eppure, a ben guardare, questa ripresa - ammesso che possa essere definito tale un +0,3% - resta appesa a troppi «se» e tanti «ma». Troppi elementi strutturali lasciano intendere che la strada per l'Europa resta in salita. Eccone alcuni.

Banche, cura dimagrante da 3.200 miliardi
Sarà per esempio difficile parlare di ripresa vera, e soprattutto sostenibile, fin tanto che in Europa non ripartirà il credito alle imprese. Gli ultimi dati mostrano infatti una continua contrazione. E il futuro, su questo fronte, non appare roseo. Ieri, per esempio, Royal Bank of Scotland ha calcolato che le banche dell'Eurozona dovranno ridurre i loro attivi (cioè le loro attività, inclusa l'erogazione di credito) di 3.200 miliardi di euro nei prossimi 3-5 anni. Da maggio 2012 - calcola Rbs - gli istituti di credito sono già "dimagriti" di 2.900 miliardi di euro, ma purtroppo restano ancora troppo grandi: con 32mila miliardi di attivi, sono circa tre volte più grandi del Pil europeo. Per questo dovranno "dimagrire" ulteriormente.

Il problema è che se dimagriscono le banche, il credito all'economia non può aumentare. Anzi: rischia di contrarsi ulteriormente, e strutturalmente. Questo, ovviamente, rema contro la sostenibilità e la durata della ripresa economica, dato che il credito è uno dei volani della crescita. Per questo l'Europa e l'Italia devono al più presto creare, per le imprese, canali di finanziamento alternativi a quello bancario: solo così potrà tornare lo sviluppo. In effetti qualcosa si sta muovendo. In Italia, per esempio, varie modifiche legislative cercano di far nascere un mercato obbligazionario per le piccole e medie imprese (si veda articolo a riguardo).

Imprese in affanno
L'altro problema strutturale è che le aziende in Europa restano in affanno. Gli investimenti sono per esempio calati in maniera drastica, più che nelle passate crisi economiche. Secondo i calcoli di Barclays Capital, rispetto all'inizio della crisi gli investimenti sono in calo di oltre il 5% in Europa. Questo non era mai accaduto: nello stesso arco di tempo, durante le crisi passate, gli investimenti si erano già ripresi.

Questo declino si associa al fatto che i consumi in Europa restano troppo deboli. A pesare ulteriormente è il fatto che le imprese del Vecchio continente sono troppo diverse a seconda del Paese in cui si trovano. Questo rende difficile trovare politiche omogenee per sostenerle. «L'area euro si muove lentamente fuori dalla recessione - scrivono gli analisti di Barclays - ma le prospettive per le aziende restano da verificare».

Occupazione, debiti e altri scogli
È poi difficile parlare di vera ripresa, se la disoccupazione in Europa resta così elevata: attualmente, secondo Eurostat, è al 12,1%. Ma quello che preoccupa, anche qui, è la differenza tra Paese e Paese: se in Spagna il tasso dei senza-lavoro è al 26,3%, in Austria è al 4,6% e in Germania al 5,4%. Anche questo rende difficile realizzare politiche (anche monetarie) che vadano bene per tutti. Ma il vero problema sta nei consumi. Le famiglie in molti Paesi europei sono tutt'ora sovra-indebitate: in un contesto di elevata disoccupazione e di alto debito privato, è dunque difficile sperare che i consumi possano decollare. Alcuni segnali positivi si vedono, ma per pensare a una vera ripresa economica serve di più.

Sarà inoltre difficile parlare di ripresa vera fin tanto che non inizieranno a ridursi i debiti pubblici, saliti in Eurozona al 92,2% medio dal 90,6% di fine 2012. Debiti pubblici elevati e deficit ancora eccessivi in molti Stati lasciano infatti presagire che le politiche fiscali resteranno restrittive (o comunque non espansive) per un bel po': questo, dunque, rema contro la ripresa economica nel medio termine.

E questi sono solo alcuni degli scogli da superare. Insomma: di strada, l'Europa, ne deve percorrere ancora tanta. Però, in questo caldo Ferragosto, possiamo goderci il dato sul Pil: anche la recessione nel Vecchio continente va in vacanza. Così, giusto per godersi le ferie e poi tornare a rimboccarsi le maniche.

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