COMPETITIVITà

Ecco perché il 2017 può essere l’anno d’oro per gli investimenti delle imprese

di Luca Orlando

(Marka)

3' di lettura

«Vediamo, se rientra nella tabella l’investimento si farà. Altrimenti aspettiamo».

Guido Bianchi Albrici è in attesa, come molti imprenditori. Il centro di lavoro che la sua azienda di valvole sta per acquistare, un milione di euro di investimento, potrebbe infatti rientrare nella sfera dei beni 4.0, incentivati con l’iperammortamento al 250%. L’azienda attende il parere finale del fornitore, a cui seguirà la perizia giurata: l’ordine eventuale è subordinato all’esistenza dei requisiti.

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Scelta comprensibile, considerando la potenza di fuoco dell’incentivo, in grado di abbattere negli anni l’imponibile fiscale, recuperando in cinque anni il 60% dell’esborso effettuato per il bene strumentale (si veda il Sole 24 Ore del 19-10). Per ogni milione di euro investito, in sintesi, per la durata dell’ammortamento il Fisco farà risparmiare all’impresa 600mila euro, di cui 360mila “aggiuntivi” (legati all’iperammortamento) rispetto al recupero standard.

Ma i benefici non si fermano qui, rendendo il 2017 un anno probabilmente irripetibile per chi vuole investire. Per alcune tipologie di investimento, quelle riconducibili all’area di Industria 4.0, la cumulabilità di iperammortamento e Sabatini-bis (ora rifinanziata), crea infatti per le imprese condizioni di convenienza superiori.

IL TREND DEI TASSI DI INTERESSE

Valori % per finanziamenti tra uno e cinque anni . (Fonte: Banca d'Italia)

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Il contributo del Mise, calcolato nella forma standard su un tasso del 2,75% per un finanziamento fino a cinque anni, alla luce delle condizioni di mercato si trasforma infatti per molte imprese in un contributo in conto capitale. A metà 2013, al momento del varo della normativa, i tassi medi di mercato per le le imprese in Italia erano pari al 3,34%, quelli per prestiti tra uno e cinque anni oscillavano tra il 4 e il 5,4%, a seconda della taglia del finanziamento. In quel momento, dunque, il contributo statale copriva solo un parte dell’esborso per interessi mentre ora l’asticella da superare è decisamente più bassa: da metà 2013 a oggi il costo medio di un prestito si è infatti più che dimezzato. Oggi un nuovo finanziamento (dati banca d’Italia, novembre 2016) costa in media l’1,56%, per prestiti tra uno e cinque anni il 2,06% se si tratta di importi inferiori al milione di euro, appena lo 0,8% se la taglia è superiore al milione.

Dalle statistiche bancarie del 2015 emerge che già allora nel 60% delle pratiche presentate dalle imprese i contributi superavano gli interessi passivi, quota certamente salita lo scorso anno, alla luce dell’ulteriore frenata dei prezzi allo sportello.

Nel caso di prestiti oltre il milione (tasso medio dello 0,8%), in cinque anni l’esborso per interessi per un investimento da un milione è dunque pari a poco più di 22mila euro mentre nello stesso periodo il rimborso in arrivo dal Mise con il contributo standard supera i 77mila euro.

La normativa 2017 prevede però una novità, la maggiorazione del 30% del contributo (fino al massimo del 20% del plafond complessivo messo a disposizione dal Governo) per i beni che rientrano nell’area di Industria 4.0. In questo caso il rimborso Mise, parametrato su un tasso del 3,575%, si attesterebbe in cinque anni a 100.924 euro: una volta dedotti gli interessi pagati alla banca (22mila euro, nella migliore delle ipotesi considerate, se il metodo di calcolo è analogo a quello considerato lo schema di calcolo del Mise) significa per l’imprenditore poter contare su 79mila euro di entrate “nette”, che di fatto riducono l’esborso per l’investimento.

Anche nell’ipotesi (prevalente, ma al momento ancora non del tutto condivisa tra i professionisti) di conteggiare i contributi Mise in “conto impianti”, limando così attraverso la riduzione del valore del cespite da ammortizzare i benefici dell’iperammortamento, per le imprese che si indebitano a tassi vantaggiosi (si veda box a fianco) i vantaggi del cumulo sono ancora presenti.

Tra minore Ires, minore Irap ed entrate della Sabatini-bis al netto degli interessi passivi, si può infatti arrivare a “ripagare” in cinque anni fino al 66% dell’investimento. Realizzato, sfruttando la Sabatini, senza ricorrere a risorse proprie.

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