Firenze, 26 luglio 2017 - 10:45

Delitti del Mostro di Firenze,
sotto torchio un ex legionario

Torna al centro dell’inchiesta Giampiero Vigilanti. Nel 1985 fu perquisito, tre giorni prima di Pacciani, in casa i ritagli di giornale sul mostro, nel ‘94 centinaia di proiettili
Lui al Tgr Rai Toscana: «Conoscevo Pacciani come tutti, sono a posto, sono in regola»

di Antonella Mollica

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L’inchiesta sul Mostro di Firenze non si ferma. E riparte, a quasi quarant’anni di

Il delitto degli Scopeti
Il delitto degli Scopeti

distanza dal primo delitto, da un vecchio nome rimasto per decenni seppellito negli archivi dell’indagine più lunga della storia. Si tratta di Giampiero Vigilanti, oggi 87 anni, un ex legionario che vive a Prato ma che è originario di Vicchio e che ha conosciuto Pietro Pacciani. È su di lui che si stanno concentrando le indagini del Ros dei carabinieri ai quali il procuratore capo di Pistoia Paolo Canessa — l’uomo che da sempre cerca di decifrare il mistero del killer delle coppiette massacrate nelle campagne fiorentine — ha affidato l’inchiesta che vedrebbe Vigilanti iscritto sul registro degli indagati. Da due anni l’uomo sta riempiendo faldoni su faldoni mettendo in fila dettagli che si perdono nel tempo e nella memoria.

«Io sono in regola, non ho paura di niente»

«Non ho paura di niente, non ho fatto nulla». Così l’ex legionario Giampieri Vigilanti, l’ 86enne al centro della nuova inchiesta sui delitti del `mostro di Firenze´ ai microfoni della Tgr Rai della Toscana. «Ho sempre avuto quattro pistole: sono venuti da me - dice riferendosi agli inquirenti - e poi se ne sono andati, quindi vuol dire che sono in regola». Quanto alla sua conoscenza con Pietro Pacciani «lo conoscevo io - ha risposto - come lo conoscevano tutti. Io sono a posto, sono in regola».

Il personaggio

Vigilanti si arruolò nella Legione straniera nel 1945. Lui racconta di essere stato catturato dai Viet Cong in Indocina e di essere stato sotterrato vivo, di essere stato inviato in Algeria da dove poi rientrò in Italia per trasferirsi a Prato dove lavorò come operaio tessile. Il suo nome era già finito nell’inchiesta sul Mostro nel settembre 1985 quando — tre giorni prima della perquisizione a Pietro Pacciani — venne controllato dopo che alcuni vicini di casa lo segnalarono come un possibile «Mostro». Erano gli anni in cui alle forze dell’ordine arrivavano centinaia di segnalazioni di presunti mostri. «Da accertamenti svolti — si legge nel verbale dei carabinieri dell’epoca — l’uomo poteva identificarsi nel noto mostro di Firenze». In quell’occasione vennero sequestrati diversi numeri del quotidiano La Nazione che riportavano notizie proprio sulla vicenda del Mostro. Molti di quei giornali erano proprio le edizioni straordinarie pubblicate in occasione dei delitti. Tra quei giornali venne ritrovata anche una pagina de La Nazione del 16 settembre 1974, che raccontava il duplice omicidio Pettini e Gentilcore, conservata a distanza di 11 anni.

Dentro l’inchiesta

Nel 1994, dopo una lite con un vicino di casa, minacciato con alcuni proiettili, l’uomo venne nuovamente perquisito. In quell’occasione gli trovarono 176 proiettili calibro 22 di marca Winchester serie H, gli stessi utilizzati dal Mostro di Firenze per uccidere. Dopo tutti gli accertamenti del caso l’uomo fu scagionato. Il suo nome ritornò sui giornali anni dopo quando la Cnn realizzò un documentario sul Mostro. In quell’occasione l’uomo raccontò che un vecchio zio che viveva nel New Jersey, grazie a quella trasmissione l’aveva contattato e alla sua morte gli aveva lasciato un’eredità di 18 milioni di dollari. Si scoprì poi che quella storia era stata totalmente inventata. Da quel momento il nome dell’uomo sparì nuovamente. Fino a due anni fa quando la procura di Firenze decide di continuare a indagare sul Mostro.

Il procuratore: nessuna prova su legami con ambienti eversivi

«Smentisco categoricamente che dalle indagini in corso siano emersi elementi di prova che colleghino i delitti del `mostro di Firenze´ con possibili ambienti eversivi». Lo ha detto il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo a proposito della nuova inchiesta sui delitti del maniaco delle coppiette. «I polveroni non fanno parte dello stile di questo ufficio, qualcuno evidentemente ha interesse a sollevarli ma questo non è la procura», ha aggiunto. Creazzo ha quindi ribadito che «la procura della Repubblica indaga senza trascurare nessuna pista, ma procede su elementi che abbiano - ha concluso - una loro concretezza e non su supposizioni più o meno suggestive»

La fine dei delitti

L’avvocato Vieri Adriani, che assiste i familiari dei francesi uccisi nel 1985 — e che ha scritto un libro sulla vicenda (Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata) — sostiene che i delitti cessarono nel 1985, proprio perché alcune perquisizioni «andarono nella giusta direzione». Come quella nei confronti dell’ex legionario e del contadino di Mercatale.

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