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I neuroni specchio (1992) di Di Pellegrino, Fadiga, Fogassi, Gallese e Rizzolatti

Nella pratica clinica, i neuroni specchio sono alla base di numerosi aspetti comportamentali e cognitivi dell’uomo e rimangono oggetto di numerosi studi

Di Alessia Offredi

Pubblicato il 20 Giu. 2016

#13 I neuroni specchio – come si legge nel pensiero e si prevede il futuro di Di Pellegrino, Fadiga, Fogassi, Gallese e Rizzolatti (1992) Vi presentiamo una serie di articoli relativi ai più grandi esperimenti in ambito sociologico e psicologico. Per fare ciò abbiamo cercato di risalire alle fonti originarie, ai primi articoli divulgati dagli autori. In questo modo sarà più facile vivere le loro scoperte a partire dalle loro stesse ipotesi.

 

 

All’Istituto di Fisiologia di Parma, dipartimento dell’Università, negli anni ’90 un gruppo di studiosi analizza l’attività neuronale di specifiche aree del cervello. Hanno già scoperto che nella corteccia premotoria inferiore delle scimmie si ritrova una rappresentazione dei movimenti della mano: in particolare, essi si trovano sull’area F5 e hanno caratteristiche molto interessanti. Questi neuroni si attivano quando il movimento ha una finalità specifica, come afferrare, stringere, strappare.

Nel 1992, il team di ricerca di Rizzolatti si accinge a studiare l’attivazione dei neuroni dell’area F5 in situazioni in cui possono isolare le risposte comportamentali associate a uno stimolo dall’effettivo movimento. Vogliono capire come i neuroni si attivano quando l’animale sta per svolgere un movimento che è quasi automatico, ma si deve trattenere. Per svolgere tale studio i ricercatori addestrano una scimmia macaco a recuperare oggetti differenti da una scatola, con un ritardo dalla presentazione dello stimolo all’effettiva azione della scimmia, inibendo quindi una risposta comportamentale spontanea per un breve lasso di tempo.

La procedura dell’esperimento comportava una prima fase in cui i ricercatori hanno individuato quali neuroni si attivassero nella scimmia al movimento della sua mano. In seguito, studiano l’attivazione di tali neuroni in condizioni in cui il comportamento è controllato, mostrando alla scimmia alcuni oggetti in una scatola. Con un movimento, la scimmia accendeva una luce nella scatola e dopo un breve intervallo la scatola si apriva, così da permettere all’animale di afferrare l’oggetto.  Durante la registrazione dell’attivazione neuronale gli studiosi si accorgono che, mentre uno di loro afferra un oggetto, i neuroni monitorati si attivano.

Ripetono quindi questa prova con diversi movimenti, a distanza più o meno ravvicinata dalla scimmia e riscontrano con regolarità l’attivazione, sebbene l’animale fosse fermo e non in procinto di compiere dei movimenti. L’attività dei neuroni risponde a azioni ben specifiche degli sperimentatori, mentre non vengono registrate attivazioni per altri movimenti. Per verificare che l’attivazione non sia correlata a qualche minimo movimento della scimmia, viene controllata l’attivazione muscolare, ma l’animale risulta essere effettivamente fermo.

 

I neuroni specchio (1992) di Di Pellegrino, Fadiga, Fogassi, Gallese e Rizzolatti - I grandi esperimenti di psicologia Nr. 13 -IMMAGINE
Rizzolati Giacomo

 

Uno dei compiti fondamentali della corteccia premotoria è quello di richiamare movimenti adeguati in risposta a stimoli motori. Gli importantissimi risultati del gruppo di Rizzolatti mostrano che tale compito viene eseguito anche in risposta al significato dei gesti di un altro individuo. Se si pensa alla dimensione collettiva in cui la scimmia (e non solo lei) vive, tale funzione assume un’importanza fondamentale. In particolare, alcuni neuroni vengono attivati esclusivamente da specifici movimenti dello sperimentatore e si attivano sia quando viene osservato il gesto, sia quando lo stesso movimento viene agito in prima persona dall’animale.

Questo permette ai ricercatori di teorizzare una nuova classe di neuroni e ricollegarsi a un dato già individuato in letteratura, ovvero la difficoltà di soggetti con aprassia nell’identificare il significato di gesti messi in atto da altri individui (Heilman et al., 1982). Questi straordinari neuroni vengono successivamente definiti neuroni specchio, per sottolineare la loro duplice valenza, osservativa e esecutiva. Quando guardiamo attentamente e comprendiamo un’azione, nel nostro cervello è come se la replicassimo, anche se rimaniamo immobili.

Probabilmente, ai tempi di questo primo studio, gli autori non si immaginavano le enormi implicazioni di tale scoperta, che ha portato al gruppo di Rizzolatti riconoscimenti nazionali e internazionali. Ad oggi, nella pratica clinica, i neuroni specchio sono ritenuti alla base di numerosi aspetti comportamentali e cognitivi dell’uomo e rimangono oggetto di numerosi studi. Ad esempio, Umiltà e colleghi hanno scoperto che determinati sottoinsiemi di neuroni specchio si attivano anche quando l’azione dell’altro viene vista solo nelle sue fasi iniziali, ricostruendo quindi in modo proiettivo la fine del gesto, sulla base della sua finalità (Umiltà et al., 2001). Questi neuroni praticamente predicono il futuro.

Numerosi studi hanno verificato l’implicazione del sistema mirror in costrutti relativi alla dimensione interpersonale, come l’empatia (Gallese, 2003) e di qui il passo ad analizzarne i risvolti nei disturbi di personalità è breve. Sperando che, tra le numerose potenzialità di queste straordinarie cellule, ci sia anche una notevole plasticità.

 

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