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E così anche La Repubblica dimostra di non capire una mazza di criptovalute

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disperatoDopo Mastercard (che qualche giorno fa ha dimostrato di non aver capito cosa siano realmente le criptovalute), stavolta è il turno de La Repubblica.

Infatti ieri ha pubblicato questo articolo intitolato: “Illecito offrire bitcoin sul web, prima sentenza in Italia (ed Europa): sequestrato un sito”. Iniziamo a dire cosa c’è di corretto in questo articolo (gli errori li vediamo dopo).

Il sito Crypt.trade è stato realmente sequestrato (infatti non è più online).
L’iniziativa è proprio della Procura della Repubblica, su denuncia della Consob.
Effettivamente pare sia proprio la prima volta che accade una cosa simile in Europa.
Il reato commesso da Crypt.trade fa capo all’art 166 del decreto 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996).
Ai risparmiatori venivano promessi rendimenti mensili tra il 17 ed il 29 per cento, dicendo che tali guadagni sarebbero stati frutto delle operazioni di trading sugli scambi con criptovaluta.
Fine. Le informazioni corrette riportate nell’articolo sono tutte qua. Ora passiamo agli errori.

Già il titolo, “Illecito offrire bitcoin sul web”, è completamente sbagliato: la sentenza di condanna di Crypt.trade non dice questo. Dice che è illecito offrire “fuori sede, ovvero promuovere o collocare mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento”. Bitcoin è una moneta, e non un prodotto finanziario di investimento. Crypt.trade infatti non offriva scambi di monete, ma un pacchetto di investimento.

L’esperto Fulvio Sarzana dice: “l’autorità giudiziaria ha stabilito che offrire criptovalute è una vendita illecita di prodotti finanziari. La sentenza quindi impatta direttamente sui siti che consentono gli scambi con criptovaluta”. NO. Avrà conseguenza solo sui siti che offrono pacchetti di investimento, ovvero esclusi tutti gli exchange. Crypt.trade non era un exchange, ma un sito che offriva pacchetti di investimenti, spacciandosi per sito di trading. Come dice invece l’ente di regolamentazione finanziaria svizzera, i cosiddetti “token di pagamento” (come Bitcoin) sono monete, non asset finanziari di investimento. Quelli sono invece proprio i cosiddetti “token di investimento”, che sono tutta un’altra cosa. E comunque Crypt.trade offriva altro, ovvero un pacchetto di investimento che forse non aveva nemmeno a che fare con le criptovalute (se non per il nome).

Se volete sapere cosa faceva Crypt.trade vi consiglio questa recensione di Filippo Martin: www.filippomartin.com/cryp-trade-capital-truffa-scam-reale-opportunita-recensione-ed-opinioni. Come capirete era una banale truffa, che probabilmente fingeva di offrire il “trading automatico” con le criptovalute, ma in realtà offriva un pacchetto di investimento promettendo guadagni improbabili (che molto probabilmente comunque non aveva alcuna intenzione di pagare).

“Per la prima volta in Italia viene sequestrato un sito internet che propone lo scambio di criptovalute, bitcoin e altre”. NO. Crypt.trade offriva un pacchetto di investimento, non il mero scambio di bitcoin. Anzi, su Crypt.trade probabilmente in realtà non c’era la benchè minima traccia di bitcoin, o scambi di criptovalute!

Il vero punto, come ammette lo stesso Sarzana, invece è un altro: “Lo stesso provvedimento del Giudice dà conto del fatto che ai risparmiatori sarebbero stati garantiti rendimenti mensili tra il 17 ed il 29 per cento e che tali guadagni sarebbero frutto delle operazioni di trading sugli scambi con criptovaluta”! La truffa sta qua. E questo in realtà non c’entra nulla con bitcoin (il fatto che Crypt.trade usasse le parole “bitcoin” e “criptovalute” non significa affatto che le utilizzasse: anzi, molto probabilmente si limitava all’uso delle parole).

“I siti che propongono criptovalute stessero in realtà adottando uno schema truffaldino denominato schema Ponzi”. Questa affermazione invece è vera solo se si specifica il significato della parola “propongono”. Infatti ad esempio gli exchange NON propongono nulla: chi vuole si registra, carica il proprio denaro, e se vuole lo cambia con altre valute. Chi “propone” sono quelli che tentano di venderti qualcosa (perchè ovviamente ci guadagnano)…

“Si vedrà se anche questo è il caso del primo sequestro italiano (ed europeo) di un sito per criptovalute”. NO! Crypt.trade NON era un sito di criptovalute! Era solo una banale truffa che usava le parole “criptovalute” per farsi dare denaro da improvvidi investitori attratti dalla loro narrativa truffaldina. Bitcoin con Crypt.trade non c’entra assolutamente nulla. Quindi nemmeno la sentenza di condanna di Crypt.trade c’entra con Bitcoin.

Ora la domanda è: è accettabile che La Repubblica pubblichi articoli così pieni di errori solo per attrarre un po’ di traffico sul sito con un bel “titolone” al limite del clickbaiting?

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