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Aloe erinacea: una rara aloe della Namibia

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Aloe erinacea

Anche se fu scoperta negli anni Sessanta del secolo scorso e descritta da David SpencerHardy (Bothalia 10: 366. 1971; etin Aloe, 10: 22. 1972 D.S.Hardy), fino al 1990 il nome di questa specie  non venne riconosciuto valido: lo stesso G. D. Rowley descrisse la specie come varietà dell’Aloe melanachanta (che invece potrete trovar descritta nel mio libro “Le mie prime venti Aloe”, Roma 2013). Dopo aver parlato di “nome valido” mi sento obbligato a raccontare ai miei lettori cosa si intende con nome ritenuto valido, ma soprattutto da dove raccolgo queste informazioni sulla tassonomia che (nel tempo) sono abbastanza variabili. Come una volta ho avuto occasione di spiegare al mio editore, io faccio riferimento a due liste: Word Checklist of Selected Plant Families (W.C.S.P.) eInternational Plant Names Index (I.P.N.I.).

Word Checklist of selected plant families (W.C.S.P.)

W.C.S.P. è l’elenco curato dal Royal Botanic Gardens Kew, in realtà questo elenco viene aggiornato periodicamente sulla base delle specifiche pubblicazioni e in base alla“credibilità” dei botanici che collaborano con questa istituzione.  In questo registro l’Aloe erinacea è riportata al numero 297366.

International plant names index (i.p.n.i.)

I.P.N.I. Indice internazionale dei nomi delle piante è il risultato della collaborazione tra Harvard University Herbaria, Australian National Herbarium e il Royal Botanic Gardens Kew. È un elenco, disponibile gratuitamente, dei nomi delle piante da seme, delle felci e delle licophite, con i relativi dettagli bibliografici. Anche questo è un elenco dinamico, aggiornato dai membri della comunità botanica che, anche per questa lista, sono autorizzati ad intervenire secondo i riconoscimenti internazionali e le loro pubblicazioni.

L’obiettivo raggiunto è di avere una univocità sulle informazioni bibliografiche, comprese quelle definite primarie in cui le specie sono state descritte. Ad esempio è l’I.P.N.I. ad assegnare le abbreviazioni dei nomi degli autori delle descrizioni botaniche; nell’International Plant Names Index l’Aloe erinacea è riportata al numero 529439-1.

Aloe erinacea o aloe melanachanta

Per anni io stesso ho creduto che l’Aloe erinacea fosse uno dei localismi o delle molte forme della Aloe melanachanta, ma ormai le prove genetiche hanno dimostrato che la specie Aloe erinacea ha caratteristiche proprie. Dal punto di vista esteriore le differenze (che fanno la differenza) sono poche: intanto l’erinacea è più piccola e le sue foglie sono ricurve e tendono a disporsi a palla verso l’interno. Oltre alla somiglianza a sostegno della tesi dell’unica specie c’era anche la contiguità degli areali. Infatti l’Aloe erinacea è endemica delle zone estremamente aride della Namibia, mentre l’Aloe melanachanta vive in natura nel nord del Sudafrica, proprio nelle regioni di confine con la Namibia. La “somiglianza”, che ora, in base alle moderne indagini genetiche, possiamo definire “convergenza di forma”, probabilmente è dovuta alla esigenza delle due specie di difendersi in un ambiente decisamente ostile.  Nel mondo delle piante le convergenze di forma sono fenomeni che ancora non hanno una spiegazione certa, il professor Sandro Pignatti (uno dei più importanti botanici italiani contemporanei) ha sollecitato ricerche in questa direzione; una delle“convergenze” più famose è quella tra le Aloe e le Agavi, due generi che hanno addirittura origine in continenti diversi.

esemplare di Aloe erinacea
Aloe erinacea foto E Van Jaarsweld

Le specifiche dell’aloe erinacea

Anche per la scarsa presenza umana nelle zone desertiche della Namibia, fino alla metà degli anni’80 del secolo scorso questa specie era confusa con la più nota Aloe melanachanta.

  • L’epiteto “erinacea” significa “a forma di riccio”: osservando le immagini riprese in natura degli esemplari di questa specie, si comprende la ragione del nome; in coltivazione le foglie rimangono meno chiuse, rispetto a quelle degli esemplari in natura, e la pianta rimane più piccola della sudafricana Aloe melanachanta alla quale assomiglia.
  • Le piante sono prive di fusto (o con fusto breve, anche negli esemplari molto vecchi).
  • Le foglie triangolari, rigide, ruvide al tatto, lunghe fino a 25 cm e larghe 4 cm alla base, formano rosette molto dense.
  • Le foglie hanno colore verde glauco che scurisce verso il marrone rossiccio quando sono esposte al sole per lunghi periodi.
  • Le rosette sono solitarie, ma a volte arrivano fino a 10 steli. In natura gli steli sono compatti e raggruppati a formare un unico gruppo compatto.
  • Le spine nere sono grandi (arrivano a 10 mm), dure e a volte ricurve, sia al bordo che sulla costa centrale delle foglie. Le spine giovani sono bianche.
  • L’infiorescenza, che arriva fino a un metro di altezza è di solito semplice, i racemi sono lunghi fino a 40 cm e formano spighe acuminate.
  • I fiori tubolari, pendenti, lunghi fino a 3 cm e densi sulla spiga, sono collegati al racemo da un peduncolo breve.
  • Il loro colore da rosa – arancio diventa giallo quando si aprono.
  • Come al solito (per il genere) i frutti sono trilobati e contengono semi alati.
  • Questa specie cresce in Namibia, sia nel deserto costiero che nelle zone rocciose, ancorando le sue radici nel poco terreno tra le fenditure.

L’Aloe erinacea ha una particolarità che la rende quasi unica nel genere: è riluttante a fiorire. Si è scoperto, attraverso gli esemplari in coltivazione, che la prima fioritura può arrivare dopo 25 anni e oltre dalla semina. Sempre dalla mia esperienza personale di coltivatore viene una raccomandazione: questa specie va protetta durante l’inverno (soprattutto dall’eccesso di acqua) e ha bisogno di un terreno ben drenato.  Ho potuto verificare che temperature anche molto basse, sono ben sopportate da piante tenute asciutte e riparate dalle correnti d’aria.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

1 commento

  1. Bell’articolo Luciano, complimenti sinceri. Sono un coltivatore di aloe da oltre trent’anni e ho letto con estremo interesse il tuo saggio sull’erinacea.
    Grazie e buon divertimento

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