digipack_3_volets_1CD_centre(Emanations/Les Acteurs de l’Ombre) Ad un paio di minuti dall’inizio della opener (dura oltre diciassette minuti), mi rendo conto dell’immensa qualità di questo black metal francese, pieno di una freddezza nordica ma anche di un’emozione diversa, più sanguigna, rafforzata anche da una registrazione sublime, da linee di basso che creano un groove infinito, da riff taglienti e vocals (in francese) estreme e feroci. Mentre ascolto sfoglio le informazioni stampa e mi rendo conto di un’altra cosa: non è possibile. Non è possibile che una band di due elementi (musicista e vocalist), completamente sconosciuti, formatasi solamente l’anno scorso possa aver prodotto questo favoloso lavoro, questa ora abbondante di black sopraffino racchiusa dentro un album di debutto (che loro chiamano EP!) assolutamente devastante. “L’âme Sur Les Pavés”, la opener appunto, ha un riff mid tempo letale, melodie grandiose, crescendo intenso, riffing spacca ossa mostruosamente catchy… e quei oltre 17 minuti volano, veloci, attraverso un cambio scenico massiccio ma progressivo ed intelligente. “Le Soufre” è contorta, tirata, crudele; riff perversi, abissi che si aprono davanti all’ascoltatore, inferi assetati di sangue, affamati di anime, progressioni che portano al trionfo e poi uccidono, lacerano, sgozzano. Black che smuove con “Le Sel”, una canzone che dopo un lungo inizio lento, atmosferico e quasi ambientale, scatena un riff di una semplicità disumana con un’efficacia strabiliante; poi ancora un cambio… oscurità, ambiente infetto, asfissiante, claustrofobico… suspense… nuova esplosione brutale che crea un’esaltazione destabilizzante, diventando poi un brano che si lascia andare, alterna isterismi a relax mentali, groove senza fine, atmosfera celestiale stuprata da vocals e riff appartenenti a mondi infestati da inferni glaciali. La title track regala un crescendo privo di luce che poi si abbandona ad una furia cieca e sanguinaria, fino ad un cambio scenico strano, ritmi che evolvono, melodie che si materializzano, mentre attorno perversa ancora una tempesta sonora senza spiragli di luce. La conclusiva “Carapace De Fantasme Vide” è un altra violenza da oltre diciassette minuti -come la opener- ricca di variazioni, di black furioso, di melodie intelligenti, sapientemente arrangiate e porta in chiusura un lavoro decisamente geniale, specialmente se consideriamo si tratta SOLO di un debutto. Canzoni lunghissime che durano il tempo di un ultimo respiro. Emozioni confuse che prendono un ordinato controllo della mente, stravolgendo lo spirito, l’anima, il credo. Un debutto sconvolgente. Un viaggio tra gli inferi, nell’essenza della morte. Black pregiato. Black puro. Black composto e suonato con dedizione ed un approccio spirituale torbidamente immacolato. Un rito di iniziazione che innalza verso un più oscuro livello di decadenza. Un rito di iniziazione per la band. Un rito di iniziazione anche per l’ascoltatore.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10