L’associazione nazionale bonifiche

Anbi: «Cinquantamila posti di lavoro da un piano nazionale di adattamento dei territori ai cambiamenti climatici»

di Redazione Economia

Anbi: «Cinquantamila posti di lavoro da un piano nazionale di adattamento dei territori ai cambiamenti climatici»

« C’è il paradosso di un Paese oggetto sia di rischio idrogeologico che di rischio siccità costa all’Italia, in media, 2,5 miliardi di euro all’anno; nel 2017, la sola siccità causò danni diretti ed indiretti per circa 5 miliardi di euro. Occorre, pertanto, agire al fine di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, attivandosi preventivamente contro le alluvioni, ma anche per conservare, tutelare l’acqua e la sua qualità, in quanto risorsa fondamentale per il nostro Paese». Ad affermarlo è il Presidente di Anbi , Francesco Vincenzi, in apertura dell’annuale Assemblea Nazionale dei Consorzi di bonifica, in corso di svolgimento a Roma. L’Italia ha finalmente iniziato a muoversi con scelte concrete, finanziando 75 interventi (Piano Sviluppo Rurale Nazionale, Fondo Sviluppo e Coesione, Piano Straordinario Invasi), per un importo complessivo di 641,765 milioni di euro, che daranno vita a 3.208 nuovi posti di lavoro. Ma quanti posti di lavoro potrebbero nascere dall’approvazione di un Piano straordinario di manutenzione del territorio, per il quale i Consorzi di bonifica ed irrigazione hanno già pronti 4.300 progetti?
Secondo Anbi, garantirebbero almeno 50.000 unità lavorative. Si stima che la realizzazione di tali interventi consentirebbe un risparmio idrico pari ad almeno il 15%, utile per ridurre potenziali conflitti sull’uso della risorsa idrica, previsti nei prossimi anni con sempre maggiore frequenza in relazione allo strutturarsi dei cambiamenti climatici.

La manutenzione straordinaria, l’ammodernamento e la razionalizzazione delle reti idrauliche sono temi non più rinviabili, anche a fronte del ridimensionamento del territorio rurale, della disordinata urbanizzazione nelle aree di pianura e della quasi scomparsa delle imprese agricole nelle aree di montagna – conclude il Presidente di Anbi - Occorre ammodernare gli impianti di irrigazione collettiva per adeguarli alle esigenze della moderna agricoltura di precisione e bisogna realizzare bacini, che raccolgano l’acqua, soprattutto quella in eccesso, per conservarla ed utilizzarla nei momenti opportuni. La realizzazione di tali interventi contribuirebbe anche alla riduzione dell’esistente divario tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese; se non si riuscirà a colmare o a ridurre drasticamente tale gap, sarà difficile che si riesca ad uscire dalla crisi economica ed a competere con gli altri Paesi».

Più in generale sta nascendo una nuova consapevolezza sui danni ambientali, causati da un eccessivo uso della plastica, il cui abbandono nei corsi d’acqua crea problemi anche ai Consorzi di bonifica, obbligati a spese aggiuntive per evitare che immani quantitativi di bottiglie intasino gli impianti idraulici. É ora anche di sapere che ogni italiano ha in carico un consumo idrico quotidiano di circa 58 litri per la produzione di plastica: a dirlo è l’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e della acque irrigue (Anbi) sulla base dell’elaborazione di dati del CoRePla.

«Quando si parla di risorse idriche - spiega il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi, a margine dell’avvio della prima giornata dell’Assemblea Nazionale, a Roma - si usa un’ottica asimmetrica in Europa, come in alcune frange dell’ambientalismo nostrano, puntando l’indice sull’idroesigenza dell’agricoltura, che produce cibo ed ha un’importante funzione ambientale (restituisce, al ciclo biologico, l’85% dell’acqua utilizzata e spesso in condizioni migliori di come l’ha prelevata).
Ma si dimentica colpevolmente l’idroconsumo nascosto nelle produzioni industriali (come jeans, automobili o computer), che rilasciano acqua qualitativamente compromessa e bisognosa di depurazione. Non solo: tali produzioni sono spesso decentrate in Paesi poveri, dove vive la gran parte dei due miliardi e mezzo di esseri umani in sofferenza idrica; in altri termini, vengono sfruttati due volte».

«Il caso plastica - insiste il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano - è esemplare. Per produrre un chilogrammo di plastica servono 180 litri d’acqua; in Italia, ogni anno, si utilizzano 7.168.000 tonnellate di plastica; ergo, vengono consumati oltre 1 miliardo e 290 milioni di metri cubi d’acqua: una cifra spropositata, se consideriamo che ogni metro cubo equivale a 1000 litri d’acqua. Ma qui nessuno si scandalizza». «La nostra analisi - conclude il presidente di Anbi - dimostra che ogni milione di tonnellate di plastica, non prodotta oppure riciclata, comporterebbe un risparmio di risorsa idrica, pari a 180 milioni di metri cubi, che potrebbero essere virtuosamente utilizzati per coltivazioni destinate alla produzione di materiali sostitutivi e biodegradabili come il Mater-Bi, incrementando l’agricoltura e la green economy nel rispetto dell’ambiente».

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