E’ difficile, oggigiorno, distinguere tra una notizia genuina ed una artefatta; i media di qualità sono costretti a competere con i siti-web di disinformazione, i quali, secondo gli editori di giornali, mettono in serio pericolo il loro stesso modello di business.

È in questo spirito che “lapresse.be” ha lanciato una vasta campagna di sensibilizzazione online, al cinema, alla radio e sui giornali.

 

Che cosa è, secondo l’associazione belga di cui sopra, una “fake news” (letteralmente, una “notizia falsa”)?

Per "fake news" si deve intendere una serie combinata di false informazioni deliberatamente diffuse allo scopo di manipolare l'opinione pubblica e destabilizzare un'istituzione, uno stato o un processo democratico.

Questa definizione vale, secondo l’associazione belga, a distinguerle da dicerie, bufale, propaganda, teorie complottistiche, fatti alternativi o semplici errori, così impedendo l’abuso del termine "notizie false", laddove l’uso polimorfo del concetto tenderebbe, invece, a minimizzarne l'ambito.


Perché, secondo l’associazione belga, le “fake news” sono pericolose per la democrazia?

Perché esse hanno l’aspetto ed il tenore delle vere informazioni, usano gli stessi codici espressivi giornalistici (spesso ridotti a un titolo shock accompagnato da un'immagine), hanno un’ampia diffusione (virale), sono spesso supportati dall’uso nascosto di potenti algoritmi informatici (che consentono di indirizzare con precisione la diffusione delle informazioni presso una ben determinata audience) e sfruttano la credulità degli utenti Internet (spesso propensi a condividere contenuti ad alto contenuto emotivo, rafforzandone le convinzioni).

Inoltre, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) è stato in grado di dimostrare che le fake news ha una probabilità aggiuntiva del 70% di essere ri-twittate, rispetto alle informazioni verificate, e che si diffondono 6 volte più velocemente.

Con 2 miliardi di utenti, Facebook è diventato il vettore preferenziale per la diffusione di fake news da parte sia di organizzazioni criminali sia di Stati, come la Russia o la Cina. Questo social è stato massivamente usato nel caso delle elezioni presidenziali americane del 2016 e in quello del referendum nazionale sulla Brexit in Gran Bretagna, i cui risultati, in entrambi i casi, sono stati influenzati in modo significativo dalle campagne di disinformazione lanciate da hacker con sede a San Pietroburgo o a Pechino.


Come contrastare la disinformazione insita nelle “fake news”?

Diverse metodi sono stati suggeriti. Oltre ai tradizionali canali giudiziari, operanti negli Stati Uniti o in Irlanda, alcuni stati sostengono la necessità di una regolamentazione più severa dei social network (questo è il caso della Commissione europea). Altri paesi stanno intraprendendo, invece, un percorso legislativo sistemico; è il caso della Francia, che ha adottato una "legge anti-fake news", che per il vero si scontra con alcuni fondamentali principi di libertà d’espressione.

Ma vi è anche chi sostiene l'idea di programmi di alfabetizzazione mediatica avanzati; è il caso del Belgio, che, relativamente risparmiato dal fenomeno, ha optato per il sostegno al potenziamento della cultura del “controllo dei fatti”, costituendo un fondo governativo di 1,5 milioni di euro a questo scopo.


Perché, secondo l’associazione belga dei quotidiani, la stampa si deve mobilitare?

La principale ragione risiede nel fatto che, essendo molto più economico produrre centinaia di contenuti sensazionali, piuttosto che informazioni verificate e approfondite, l’aumento di visibilità di un particolare mezzo di comunicazione come i social, per mezzo delle "fake news", è sia economico che  subito in grado di accelerare la produttività delle campagne pubblicitarie di, per esempio, Facebook o Twitter, i quali, grazie all’elevato traffico delle "trappole-clic" dei contenuti fake, ricevono una quota significativa di ricavi pubblicitari dagli “ads” (annunci pubblicitari) collegati alle fake news.

Questo fatto va a scapito, chiaramente, dell’industria pubblicitaria convenzionale che si appoggia alla stampa di qualità, la quale perde contemporaneamente questi finanziatori tradizionali, oltre una consistente parte di lettori.

 

Fonte LE SOIR, www.plus.lesoir.be, ediz. 11.11.2018