18 ottobre 2017

I COSIDDETTI REFERENDUM PER L’AUTONOMIA

La “sovranità popolare” viene rispettata o usata?


Sia per l’anomalia dell’atto in sé , sia perché consultivi, sia perché formulati in maniera ambigua, i cosiddetti referendum per l’autonomia indetti per domenica 22 ottobre 2017 dalle Regioni Lombardia e Veneto pongono interrogativi gravi sulla effettiva volontà degli amministratori delle due regioni di volere rispettare il cittadino e il “popolo sovrano” e usare correttamente uno strumento di consultazione diretta.

03natale34FBÈ utile ricordare che nel sistema costituzionale italiano sono previsti istituti di intervento “legislativo” diretto da parte dei cittadini: la proposta di leggi d’iniziativa popolare, il referendum abrogativo di parti o di intere leggi in vigore e il referendum su leggi di revisione della Costituzione (artt. 71 , 75, 138 / Cost.). Non è previsto il referendum consultivo, con il quale si chiede ai cittadini un semplice parere che non è vincolante ai fini della successiva azione da parte del soggetto proponente. Non è previsto neanche il referendum propositivo con il quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi su una proposta di legge. Questi ultimi due istituti sono considerati, solo di recente, in alcuni statuti di enti locali sovra comunali e regionali.

È evidente che gli spazi e gli strumenti di partecipazione e di controllo, e di reale democrazia “diretta”, da parte dei cittadini sono molto limitati e insufficienti. Era quindi proprio opportuno che gli amministratori di due grandi regioni promuovessero una consultazione, consistente in una richiesta di parere, chiamandola pomposamente e improvvidamente referendum per l’autonomia? Non si contribuisce a svilire un istituto così prezioso come il referendum?

Leggiamo e entriamo nel merito dei due quesiti. Quello lombardo è così formulato: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”.L’elettore è chiamato a scrivere SI o NO sulla scheda elettronica oppure lasciare bianca la scheda.

Ai cittadini veneti si chiede in modo secco ma generico: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”Il quesito posto è inutile in quanto anche le quindici regioni ordinarie possono intraprendere iniziative istituzionali per richiedere allo Stato centrale “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” (art. 116, terzo c. / Cost.). Le materie sono elencate nel terzo c. dell’art. 117: relazioni e commercio con l’estero, lavoro, istruzione salvaguardandone l’autonomia, ricerca e innovazione, salute e alimentazione, sport, protezione civile, governo del territorio, energia, trasporti, sistema tributario. Ed ancora possono essere attribuite altre materie indicate nel secondo comma del medesimo articolo, alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s) – cioè “norme generali sull’istruzione” e “tutela dell’ambiente, dell’economia e dei beni culturali”.

La richiesta di maggiore autonomia segue un iter istituzionale, che vede nella Conferenza Stato / Regioni il suo ambito adeguato, e attiene alla capacità politica e alla responsabilità personale di coloro che governano le Regioni e, in generale , alle classi dirigenti che dovrebbero adempiere le funzioni pubbliche loro affidate “con disciplina e onore “ (art. 54 / Cost.).

Cosa hanno fatto oggi i presidenti Maroni e Zaia , e quando erano al governo con Berlusconi ? Le questioni sul tappeto sono complesse e delicate. Al punto in cui siamo, di fronte ai gravi squilibri tra le cinque Regioni “speciali” (hanno ancora senso di esistere?) e le quindici ordinarie, di fronte a una situazione di crisi territoriali allarmanti in cui gli enti locali (i Comuni in primis) vengono abbandonati a loro stessi, bisognerebbe smetterla di stravolgere la Costituzione e attuarne invece principi e indicazioni.

Per quanto riguarda le Regioni, occorrerebbe chiarire e definire – in coerenza con l’art.5/Cost. (autonomie locali e il più ampio decentramento amministrativo) – linee e interventi di riequilibrio di compiti e funzioni, rispettando le sentenze della Corte Costituzionale nel campo della “legislazione concorrente” e delle competenze.

Le Regioni non possono e non debbono funzionare come piccoli Stati e costare alla collettività oltre 550 miliardi di euro annui. Questa situazione aggrava lo stato di crisi e di emarginazione dei Comuni e degli altri Enti locali e sovra comunali (Città Metropolitane, Province) e dà un’ulteriore picconata al welfare, ai diritti, alla qualità dell’ambiente e della vita quotidiana.

Nei due quesiti referendari si può intravedere qualcosa di inquietante: si vuole rivendicare lo stato “speciale” di cui sono dotate le cinque Regioni? Dietro la maschera dell’autonomia (con “specialità lombardo – veneta”) si intende riprendere la politica demenziale degli egoismi e delle “secessioni”?

Dal punto di vista del cittadino consapevole informato e impegnato, ritengo che si debba respingere al mittente questo pseudo referendum, dire chiaro e tondo che non ci facciamo prendere in giro. Che vogliamo salvaguardare l’istituto referendario (non ridurlo a una messa in scena farsesca). Che vogliamo allargare le maglie della democrazia veramente rappresentativa, partecipata e diretta, nel rispetto e nell’attuazione della Costituzione, preservando la vera “sovranità popolare” (art. 1) e mettendo in pratica i “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2).

Ritengo giusto bocciare questo pseudo referendum non andando a votare. Nel contempo sarebbe opportuno che, da parte della cittadinanza attiva, ci si rivolgesse alle Corti dei Conti e si mettesse di fronte alle loro responsabilità i consiglieri regionali, gli amministratori pubblici e i partiti politici (in questo caso in particolare la Lega, ma non solo), che dimostrano di non adempiere con responsabilità ai loro compiti.

Gli oltre 50 milioni in Lombardia e gli oltre 25 milioni di euro in Veneto sono risorse finanziarie pubbliche che avrebbero potuto essere impiegati diversamente e meglio.

Giuseppe Natale



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