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Da Chinaglia a Pellè, quanti 'ribelli' della sostituzione

'Vaffa' di Long John e il 'matto' di Baggio: sostituzioni amare

Un gesto di stizza, a volte di insofferenza o di delusione, di adrenalina fuori controllo o di maleducazione pura, la tv immortala spesso scene come quella di ieri in Italia-Spagna: il ct Ventura sostituisce Pellè e questi, uscendo imbronciato, evita di dare la mano al tecnico. Ventura commenterà da signore, 'Pellè era contrariato per la brutta partita dell'Italia'.

Ma è una pezza, e il primo a saperlo è lo stesso giocatore che a tarda ora posta sui social le sue scuse al tecnico. Serata da dimenticare in fretta, ma ormai la frittata è fatta, Pellè rimedia l'esclusione dai convocati per la gara con la Macedonia e si iscrive al club dei calciatori ribelli. Un nome su tutti fa da alfiere a questo plotone di calciatori, spesso campioni, insofferenti ad alcune regole elementari e soprattutto allergici alle sostituzioni: Giorgio Chinaglia. Il campione e centravanti della Lazio ai Mondiali '74 mandò a quel paese il ct Valcareggi colpevole di averlo sostituito con Anastasi nella partita contro Haiti: le cronache dei retroscena parlano di successivi malumori, di una cacciata prima decisa e poi rientrata. Ma quello di Chinaglia è solo la 'madre' di tutti i vaffa. Carnevale ai Mondiali '90 mandò un vaffa al ct Vicini che lo aveva sostituito con Totò Schillaci rivelatosi poi provvidenziale. E' invece entrato ormai nella leggenda il 'questo è matto' sussurrato da Baggio a Usa '94 contro Arrigo Sacchi che lo richiamava in panchina. Memorabile per codino fu anche quando al Bologna, per protesta contro Ulivieri che lo voleva mandare in panchina, lasciò il ritiro per tornare a casa. In azzurro, l'ultima esclusione prima di Pellè era stata quella di Osvaldo: allora alla Roma, disertò la cerimonia di consegna di Coppa Italia dopo la finale persa con la Lazio e Prandelli lo escluse dalla lista della Confederation. Fu l'addio all'azzurro. Balotelli invece torno' a casa nel novembre 2014 dal ritiro milanese: ufficialmente per un lieve infortunio, di fatto perche' il ct Conte aveva capito che la voglia di lavorare era poca.

E anche quella fu la fine sulla storia azzurra, almeno sotto il ct dell'ultimo biennio. Nella Fiorentina di Trapattoni fecero scalpore le follie di Edmundo, che una volta mandò platealmente a quel paese, e prese a male parole, il tecnico che lo aveva sostituito nella partita contro la Roma. In casa Inter si ricordano vari casi di intemperanza: la maglietta scagliata dopo una sostituzione dal nigeriano Taribo West contro l'allora allenatore Lucescu, mentre Balotelli ha fatto lo stesso gesto dopo Inter-Barcellona, però per protesta col suo pubblico. Christian Vieri una volta, avendo fiutato aria di panchina, lasciò il ritiro spiegando che nella sua stanza faceva troppo caldo. Un paio d'anni fa in Roma-Inter accadde di tutto: Chivu andò a lamentarsi col tecnico Benitez, minacciando con gesti plateali di lasciare il campo; Adriano si rifiutò di entrare a 5 minuti dalla fine; Totti non gradì il cambio e se ne andò negli spogliatoi, senza nemmeno consegnare la fascia di capitano. Esiste poi la categoria insulti: come quelli rivolti nel '97 a Eriksson da Signori in un Rapid Vienna-Lazio di Uefa, per non parlare delle scaramucce e dei rifiuti di Panucci con Lippi, Capello e Spalletti. In casa Roma si ricorda il vaffa di Montella a Capello nell'anno dello scudetto, quando il n.9 scagliò una bottiglietta contro il suo allenatore, che lo aveva fatto giocare appena 7 minuti contro il Napoli. Ma c'è un tempo per tutto, e le persone poi cambiano: Neymar, ai tempi del Santos, a 18 anni, insultò l'allenatore che non gli aveva fatto battere un rigore. L'ex club di Pelè invece di punire il ragazzo esonerò il tecnico. Sembrava il via a una carriera nel segno del ribellismo oltre che del talento. Invece poi Neymar è cresciuto e al Barcellona ha messo la testa a posto. Niente più mattane.

 

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