“Abbiamo un piano per sconfiggere il patriarcato e il sessismo”. È stata un’assemblea molto partecipata quella che martedì 21 novembre ha accolto a Milano il lancio del Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne di Non una di meno, movimento politico che vuole contrastare la violenza di genere, presentato pochi giorni prima della manifestazione del 25 novembre. Cosa vogliono le donne di tutta Italia? Non dovere incontrare mai più un obiettore di coscienza, non dovere più leggere un articolo di giornale sessista, frequentare Centri Antiviolenza (CAV) gratuiti e laici. Queste sono solo alcune delle azioni più concrete che il movimento internazionale chiede siano portate avanti a breve termine.

Perché, mentre sulle migrazioni e sul welfare i discorsi del pamphlet sono più teorici, in ambito medico, educativo e mediatico le richieste del movimento si leggono forti e chiare. “Vogliamo finanziamenti appropriati per i CAV – racconta Carlotta Cossutta di NUDM – ma anche riportare l’educazione sessuale nelle scuole e permessi di soggiorno immediati per le donne che escono da situazioni di sfruttamento e violenza”. E sono proprio di Centri antiviolenza quelli su cui le donne del movimento fanno le richieste più precise, come “prolungare l’ospitalità da 3-6 mesi a 12 mesi” oppure “assegnare alle graduatorie per le case popolari massimi punteggi per le donne che hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza”, si legge sul Piano femminista.

Tema caldo resta l’interruzione di gravidanza. “Lo stato dovrebbe garantire aborto, contraccezione e riproduzione – aggiunge Eleonora Cirant – eppure si ignora come in Italia, a differenze che in diversi stati europei, l’aborto farmacologico non è accessibile in tutte le strutture”. Pratiche e finanziamenti che lasciano poco intendere e puntano direttamente alle mancanze dei governi. Altrettanto chiara la posizione del movimento rispetto alla narrazione della violenza contro le donne, tanto da arrivare a produrre delle linee guida per narrazioni non sessiste e proporre sanzioni per i media che le trasgrediscono. “Giornali e televisioni rischiano di fare una seconda violenza alla vittima quando parlano di amore, raptus, donne fragili e uomini mostri – racconta Silvia Carabelli – Le redazioni sono parte del problema, noi chiediamo loro almeno di iniziare a smettere di usare un linguaggio sessista”.

Così, dopo un anno che ha visto al lavoro decine di assemblee cittadine, 5 assemblee nazionali e 9 tavoli tematici, il piano è arrivato e come da promessa è un piano femminista, perché “parte dall’assunto che la violenza non è un’emergenza ma un dato strutturale della nostra società che si manifesta ovunque: famiglie, tribunali, ospedali, politica”, continua Eleonora Cirant. Era poco meno di un anno fa, infatti, quando Non una di meno è entrata nella scena pubblica in maniera dirompente riuscendo a portare a Roma il 25 novembre 2016 centinaia di migliaia di persone. “Già da allora questo piano era stato annunciato e sentito come necessario – racconta Chiara Ronzani, giornalista di Radio Popolare chiamata a moderare la serata – perché se nel corso della sua vita una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, allora sono i dati a dire che i piani dei governi contro la violenza sulle donne non funzionato”. Ecco quindi NUDM proporre il suo piano, e concedersi il prossimo anno per decidere quali punti sviluppare e come mettere in pratica le proposte.

“Abbiamo trovato una voce collettiva e non smetteremo di usarla. Abbiamo un piano, e noi siamo la forza per realizzarlo”, è la frase conclusiva del lavoro del movimento. In altre parole le femministe intendono “impegnarsi per diventare una voce politica e cercare di rendere questo piano imprescindibile”. A cominciare proprio dalla manifestazione che le vedrà a Roma il 25 novembre unirsi a una fiumana di attiviste da tutta Italia. Per sbandierare, nella giornata contro la violenza sulle donne, il loro piano femminista non come un punto di arrivo, ma come un punto di partenza.

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