La disfida del borlengo

Un soffice strato di pasta condita con la “cunza”, l'impasto a base di lardo, pancetta, aglio e rosmarino: un libro ci guiderà alla riscoperta di una delle più preziose specialità dell'Appennino modenese. La cui “vera” ricetta, però, è ancora discussa
La disfida del borlengo

Tra le specialità che hanno fatto capolino all'Expo 2015 ce n'è una poca conosciuta, ma che sull'Appennino tra Modena e Bologna è una vera e propria superstar: il borlengo. Si prepara unendo farina, acqua e sale poi versati su una larga padella bollente chiamata “sole”, unta con cotenna di maiale. Dopo pochi minuti di cottura si condisce con la “cunza”, ossia lardo macinato con pancetta, aglio e rosmarino. Non proprio il trionfo della leggerezza, ma la soddisfazione del palato che se ne ricava è davvero enorme. È per questo che, proprio all'Expo, il giornalista enogastronomico Luca Bonacini e il fotografo Diego Poluzzi hanno presentato il libro La disfida del borlengo (Artestampa), la prima guida relativa a questo gioiello della gastronomia emiliana.

Ogni locale ha la sua ricetta

Il regno del borlengo si trova nella fascia pedemontana tra Bologna e Modena, con una significativa presenza anche a Modena città e un avamposto a Campogalliano. “Abbiamo notato – dice Bonacini - che per realizzare i borlenghi ogni locale ha la sua ricetta, per questo nella guida non abbiamo inserito solo i ristoranti che seguono il disciplinare modenese dell'Appennino che è stato depositato in Camera di Commercio più di un anno fa”. Analogamente a quanto succede per lo gnocco fritto/torta fritta, per le crepes e per le piadine, la tradizione del borlengo oggi è arricchita da varianti fantasiose tutte da gustare, che si sposano soprattutto con i salumi del territorio e perfino con la nutella.

Se l'assedio aguzza l'ingegno

Storia antica, quella del borlengo. Correva l’anno 1226 quando il castello di Guiglia, nella valle del Panaro, venne accerchiato dai modenesi. Con il passare dei giorni i viveri, per gli assediati, cominciarono a scarseggiare: la farina diminuiva con il passare dei giorni, e l’impasto con cui si realizzava il pane diventava sempre più acquoso, tanto da trasformarsi in una pasta sottilissima. Nacque così, secondo la tradizione, il borlengo. Una storia simile a quella dello zampone, nato nel 1511 durante l'assedio di Mirandola da parte delle truppe di Gulio II, il “Papa guerriero”.

Un referendum per decidere

La ricetta del borlengo, però, non mette d'accordo tutti, e per questo si parla spesso di una cavalleresca “disfida” tra i cuochi del territorio sulle modalità di preparazione. C’è chi dice che i veri borlenghi siano quelli creati con il mestolo e poi cotti sui “soli”, ma si possono chiamare borlenghi anche gli impasti cotti sulla piastra. Ancora, questo prodotto può nascere attraverso la stesura a spruzzo, creata per velocizzare la preparazione. Tra gli ingredienti figurano poi spesso anche l'olio extravergine d'oliva, le uova e il parmigiano. Il disciplinare del Borlengo di Guiglia, depositato presso la Camera di Commercio di Modena fin dal 2003 - tutelandolo con il marchio “Tradizione e sapori di Modena” - descrive in maniera minuziosa ingredienti e procedimento, utilizzando i “soli” e con le uova considerate un ingrediente facoltativo. Il disciplinare, tuttavia, non ha risolto la disfida. A scanso di equivoci, il quotidiano La Gazzetta di Modena ha organizzato un referendum tra i suoi lettori per scegliere il borlengo migliore!