Esattamente 30 anni fa si giocava la partita di calcio più brutta di tutti i tempi. Allo stadio Heysel di Bruxelles, Juventus e Liverpool si contendevano la Coppa dei campioni. In campo, i bianconeri di Michel Platini ebbero la meglio grazie a un rigore messo a segno dal francese. Fuori, una fila di 39 cadaveri veniva pian piano a formarsi, al fianco delle macerie di uno degli spalti crollati.
Di questi, 32 erano italiani, 4 belgi, 2 francesi e uno irlandese. Erano morti precipitati dagli spalti, intrappolati tra le macerie o schiacciati dalla folla che cercava di fuggire dall'assalto degli hooligans inglesi che occupavano la curva adiacente al settore Z, quello riservato ai tifosi juventini.
Gli italiani si erano ammassati contro un muro, al lato opposto dalla curva occupata dai sostenitori del Liverpool. Ma il muro non resistette e crollò. Fu l'inizio dell'inferno. Nonostante i morti, la partita si giocò, con un intero spicchio dell'Heysel, senza più tifosi, transennato e ridotto a macerie.
A raccontare all'Italia quell'evento per Rai1 fu Bruno Pizzul, che a Tuttosport ricorda quella notte come una delle più difficili della sua carriera: «Le notizie che ci arrivavano erano centellinate, contraddittorie e prive di qualsiasi certezza. A lungo nessuno parlò di morti, poi si seppe che c'era qualche ferito, anche se le immagini che fluivano lasciavano presupporre un bilancio più grave», racconta il telecronista.
«D'altra parte, io ero lì, da solo, appeso al microfono, e non potevo andare a sincerarmi di persona. Ad un certo momento mi dissero anche: non esagerare coi morti. Io non sapevo nemmeno che ci fossero dei morti, anzi fino al termine della partita nessuno ne ebbe la certezza».
Pizzul era convinto che non si sarebbe dovuto giocare: «E neanche i giocatori, come poi venimmo a sapere, erano propensi a scendere in campo. Ma le autorità belghe chiesero alle squadre di giocare, per organizzare per tempo e con un minimo di ordine il successivo deflusso dallo stadio. E lì ebbi un altro dubbio: per un po' pensai di non commentare quella partita, ma poi lo feci, ripromettendomi di essere il più asettico e impersonale possibile».