| 08 luglio 2016, 19:54

Lo Sci di Fondo piange Bruno Bonaldi

Marito e allenatore dell'olimpionica Maria Canins, è scomparso a 71 anni a seguito di un incidente; il ricordo di Giorgio Brusadelli

Bruno Bonaldi e Maria Canins

Bruno Bonaldi e Maria Canins

 

Bruno Bonaldi, 71 anni, marito di Maria Canins, l'ex campionessa di sci da fondo e di ciclismo, è morto ieri pomeriggio in un incidente stradale in Val Badia.  Mentre scendeva dal Passo Valparola verso San Cassiano, l’ex azzurro di sci ed appassionato di ciclismo, si è scontrato, per cause ancora da chiarire, con un furgone su cui viaggiavano alcuni turisti tedeschi. I soccorsi si sono mossi rapidamente, con ambulanza della Croce bianca, vigili del fuoco ed elicottero dell'Aiut Alpin, ma ogni tentativo di rianimare il ferito è stato inutile. Bruno Bonaldi ha cessato di vivere sul luogo dell'incidente ed il suo corpo è stato trasportato nella cappella mortuaria del cimitero di La Villa, paese di residenza della famiglia.    

Una grande carriera quella di Bruno Bonaldi, purtroppo misconosciuta. La  si può riassumere nello sviluppo della sua vita: da ottimo fondista (dalle Fiamme Oro alla nazionale), scialpinista di altissimo livello, tanto da vincere, con Angelo Genuin e Luigi Weis, il Trofeo Mezzalama 1975 nella categoria “militari”, ad allenatore di altrettanto indiscussi meriti. Capace di  trasformare una cuoca, la moglie Maria Canins, nella più straordinaria atleta multidisciplinare che lo sport italiano possa annoverare: campionessa di fondo, di ciclismo, di corsa in montagna. Un albo d’oro che comprende 15 titoli italiani assoluti sulle varie distanze (5-10-20 km), la Settimana internazionale della Valsassina, dell’Alto Adige e di Forni di Sopra, e 20 titoli mondiali Master e 2 di triathlon invernale. Il massimo per quanto riguarda le Granfondo: la Vasaloppet del 1985, 10 Marcialonga, 6 Millegrobbe, 7 Dobbiaco-Cortina, 9 Maratone della Val Casies, 14 Skimarathon della Pusteria. Per quanto riguarda il ciclismo un Giro d’Italia e 2 Tour de France, dove ha battuto Jeannie Longo, la più grande in assoluto in questa disciplina.

Un pensionato “baby”, come si usava in altri tempi, che ha poi dedicato tutta la sua vita a potenziare qualità che neppure la moglie pensava di possedere e di poter esprimere con i risultati sportivi, finendo per trasformarsi nel braccio operativo del marito che, a sua volta, con tutta probabilità non immaginava che lei potesse arrivare tanto in alto. Merito, e bisogna dargliene atto, di chi ha preferito defilarsi alle sue spalle mettendo a frutto l’esperienza maturata in gioventù a Schilpario (BG), terra di fondisti di razza, negli sport di fatica che si accomunano al fondo. Bravo anche a trasmettere ad altri queste sue conoscenze, tanto stilista da far parte pure del clan degli istruttori nazionali di fondo. Unica pecca, e questo non va sottaciuto, un caratteraccio che però non gli ha impedito di riuscire a farsi amici e trasformare in ottimi fondisti tanti VIP senza la puzza al naso che si sono affidati ai suoi insegnamenti con la certezza di poter migliorare le proprie prestazioni.

Chi scrive lo aveva conosciuto per la prima volta al Passo San Pellegrino nel 1973, in occasione della prima Pizolada, una scialpinistica che, fra i VIP,  aveva visto al via, insieme a Franco Nones e la moglie Inger, anche il ministro della Partecipazioni  Statali, Flaminio Piccoli,  in coppia anch’egli con la moglie. Non era certo un gran fondista, ma da buon trentino aveva voluto certificare con la sua presenza questa nuova iniziativa che veniva ad aggiungersi alla Marcialonga. Si correva con gli sci da fondo, che erano di legno e richiedevano una certa padronanza perché, in caso di caduta, si sarebbero spaccati. A vincere furono Bonaldi e Genuin, i big del momento in questa specialità. Più forti ma anche più avveduti degli avversari. Avevano una loro tecnica particolare. Mentre gli altri in discesa ricorrevano alla “raspa” per rallentare la velocità, loro si buttavano invece a capofitto ricorrendo alle tecniche di discesa finché era possibile restare in piedi, per poi buttarsi in neve fresca sollevando gli sci perché non si spezzassero. E così guadagnavano metri e secondi preziosi.

Lo ritrovai anni dopo a Passo Coe, per la 10 km dei campionati italiani assoluti. Maria Canins era tornata alla grande nel mondo dello sci per riprendersi quel titolo italiano che Sonia Basso, sulle nevi di casa, ad Asiago, le aveva strappato nel 1977 con una rimonta finale incredibile e che, anche l'anno successivo, ferma a causa della maternità che avrebbe dato alla luce la figlia Concetta, aveva dovuto lasciare a Guidina Dal Sasso. Venne battuta di nuovo, prima ancora che dall’avversaria della quale ero l’allenatore che aveva studiato per lei una preparazione specifica, dagli sci che la Basso aveva usato, un prototipo Spalding con la soletta di teflon già collaudato da me alla Marcialonga, che sulla neve bagnata erano nettamente più veloci. Una sconfitta che Maria riconobbe giusta ma il marito prese male. Come fece, del resto, con il presidente della Fisi, avv. Gattai, quando non accettò la sua presenza alle Olimpiadi di Sarajevo come allenatore/skiman di Maria Canins, mentre la  sua compagna di squadra Dal Sasso poteva beneficiare del marito che era lo skiman della nazionale. Gattai, vistosi contestato, escluse Maria dalla squadra, impedendole così di partecipare, nello stesso anno, a due Olimpiadi: quelle invernali come fondista e quelle estive di Los Angeles nel ciclismo. Prendersela con la moglie per rifarsi sul marito. Una porcata, in poche parole.

Specialità, il ciclismo, nella quale Bruno Bonaldi ha contato parecchio. Come nello sci, era diventato il factotum della moglie. Non solo programmava gli allenamenti, ma l’assisteva anche quando era in gara con la nazionale. Restandone comunque ai margini. Al Tour, per esempio, lei stava con la squadra e lui dormiva in tenda. Al mattino presto partiva e precedeva la corsa. Sapendo che Maria aveva problemi in discesa, segnava con un gesso il percorso da seguire nelle curve pericolose. E fu anche così che arrivarono i risultati. La bicicletta è stata una passione che li accomunati fino all’ultimo. Ma mentre Maria ha accantonato la bici da corsa preferendo andare per boschi e prati con la mountain bike, lui ha sempre preferito l’asfalto. Che, purtroppo, gli è stato fatale.

 

Giorgio Brusadelli

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