Milano, 21 settembre 2016 - 19:47

Pane con poco sale (più salutare) Obiettivo possibile, tre le strategie

I risultati del progetto «Eusal» finanziato dal Ministero delle Politiche agricole. Si può ridurre il cloruro di sodio (sotto la soglia dell’1%) mantenendo il gusto inalterato

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Un pane con lo stesso gusto di sempre, ma con la metà del sale. Dunque più salutare. È un’impresa possibile, secondo il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), che ha condotto dal 2011 ad oggi il progetto “Eusal” finanziato dal Ministero delle Politiche agricole. Obiettivo: produrre un pane con una bassa quantità di sale (1%), ma mantenendo la sapidità cui il consumatore medio è abituato, per ridurre la quantità di sodio senza traumi, a vantaggio della salute. L’eccesso di sodio è infatti il principale responsabile dell’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, che è a sua volta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Elevati apporti di questo minerale aumentano il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, anche indipendentemente dall’aumento della pressione arteriosa. Il cloruro di sodio, però, viene utilizzato non solo per dare più sapidità, ma anche per migliorare la qualità del prodotto finale.

Tre strategie (vincenti)

Dopo uno studio sulle caratteristiche dei vari frumenti utilizzati nei panifici italiani e su come il sale e i suoi sostituti influiscano su consistenza ed elasticità degli impasti nonché sulla qualità del pane, i ricercatori del Crea hanno testato tre possibili strategie: «Riduzione del sale aggiunto nell’impasto, pane con sostituti del sale e pane con sale classico ma distribuito diversamente nell’impasto, in modo da ingannare il gusto - spiega Marina Carcea, ricercatrice del Crea - Alimenti e Nutrizione che ha coordinato il gruppo di lavoro -. In tutti e tre i casi è stato possibile produrre pani gradevoli dal punto di vista organolettico ma con un contenuto di sale dell’1%».

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Buone caratteristiche organolettiche

«Non è difficile produrre pane senza sale, basta non metterlo - aggiunge Andrea Ghiselli, ricercatore del Crea - Alimenti e Nutrizione -. Il punto è fare in modo che la gente lo compri lo stesso. In linea teorica tutti dovremmo mangiare pane senza sale, ma sappiamo che chi è abituato a un prodotto salato difficilmente cambierà abitudini. La soluzione dunque è quella di abbassare gradualmente la quantità di cloruro di sodio, come previsto dal protocollo tra Ministero della Salute e panificatori, e verificare, come fatto appunto dal Crea, l’accettabilità da parte del consumatore di un pane a ridotto contenuto salino ma con buone caratteristiche organolettiche».

Ingannare le papille

Ma come è possibile ottenere tale risultato? «Il cloruro di potassio è un’alternativa salutare al cloruro di sodio - spiega Ghiselli -, ma ha un retrogusto amaro metallico che rovina il sapore degli alimenti. È possibile però aggiungere un particolare amminoacido che elimina questo retrogusto cattivo. Altre possibilità sono salare il pane solo in superficie, lasciando insipido il “cuore” oppure ingannare le papille gustative dei consumatori con un trucchetto, anche se un po’ dispendioso: si impastano due strati di pane, uno con sale e uno senza, e si intrecciano tra loro. Chi lo mangia avvertirà solo la parte sapida, e non quella insipida, e avrà la sensazione di mangiare un pane più salato di quanto non sia nella realtà». «La distribuzione disomogenea di sale nell’impasto, e quindi nel pane, può essere una strategia per mantenere la percezione di salato e ridurre la quantità di sodio ingerito» conferma Carcea.

Prodotto in panetteria

«Il pane sperimentale è stato prodotto in un forno di Roma e distribuito a un centinaio di consumatori, che si sono mostrati abbastanza soddisfatti - aggiunge Marina Carcea -. In precedenza il prodotto era stato sottoposto al panel di assaggiatori interni del Crea. Come sostituto del sale abbiamo scelto il PanSalt, un prodotto a basso contenuto di sodio molto diffuso all’estero ma non commercializzato in Italia». Il PanSalt è composto da una miscela di cloruro di sodio, cloruro di potassio, solfato di magnesio, iodio e amminoacidi (lisina, esaltatore del sapore). «“Eusal” ha evidenziato che gli effetti dell’aggiunta di sale a un impasto dipendono dalla varietà di frumento tenero utilizzata - afferma la ricercatrice -. Il sale aggiunto può migliorare la qualità di impasti deboli e, in ogni caso, gli effetti non sono proporzionali alla quantità di sale aggiunto».

Ottanta grammi al giorno

In Italia si consumano in media circa 10 grammi di sale al giorno, esattamente il doppio dell’obiettivo indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (5 grammi al dì, considerando sia quello aggiunto nella cucina casalinga o a tavola, sia quello contenuto nei prodotti trasformati come appunto il pane). Anche il Ministero della Salute ha fornito raccomandazioni per ridurre la quantità di sale (e quindi di sodio) negli alimenti, come importante obiettivo di salute pubblica, attraverso il programma «Guadagnare salute». Le fonti di sodio nella nostra alimentazione sono costituite da quello contenuto naturalmente negli alimenti (10%), da quello aggiunto nella cucina casalinga o a tavola (36%) e da quello presente nei consumi fuori casa e nei prodotti trasformati (54%). Proprio il pane è stato individuato dal Ministero della Salute come un alimento-target strategico. «Il pane non è di per sé un alimento salato - osserva Carcea - ma, considerato che lo mangiamo tutti i giorni e in buona quantità (intorno agli 85 grammi a testa al giorno nel 2015, secondo la Coldiretti), per chi mangia il pane con il sale può essere utile considerare anche questa fonte di sodio».

Regione che vai, pane che trovi

Nel 2010 i ricercatori del Crea avevano svolto un’indagine sul contenuto di sale nel pane artigianale e industriale su 154 campioni prelevati nelle 20 regioni italiane, senza considerare il pane senza sale (toscano e di Terni). «I valori andavano dallo 0,7 al 2,3% (la concentrazione più frequente era l’1,5%) indicando un’ampia variabilità che non è risultata legata né alla materia prima utilizzata, né al sistema di lievitazione o alla pezzatura. Il contenuto di sale sembrava dipendere dalle tradizioni di consumo delle località campionate - spiega Marina Carcea -. Se ogni giorno consumiamo 100 grammi di pane ad alto contenuto di sale, diciamo del 2%, già 2 grammi dei nostri 5 derivano dal pane. Scendere all’1% sarebbe già un buon risultato. Bisogna però dire che diverse associazioni di categoria, sia della panificazione artigianale che industriale, hanno stilato nel 2010 e anni seguenti protocolli di intesa con il Ministero della Salute impegnandosi nella riduzione del sale, per cui la situazione attuale dovrebbe essere migliorata».

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