21 febbraio 2018 - 10:12

Non solo Embraco. Calearo raddoppia la sede in Slovacchia

L’Ad: «Qui non solo per il basso costo del lavoro»

di Gianni Favero

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Di Slovacchia si sta parlando molto, in questi giorni, per la contestata (anche dal governo italiano) volontà manifestata da Embraco di trasferire la produzione di frigoriferi dall’Italia al paese dell’Est europeo. Ma sui veneti, in particolare i vicentini, l’appeal di Bratislava aveva fatto breccia già una quindicina d’anni fa. Ad aver insediato una fabbrica nel 2003 a Samorin, cioè a pochi chilometri dalla capitale, è stato Massimo Calearo Ciman, presidente dell’omonima azienda specializzata nelle antenne per auto. E la Slovacchia, già allora, per la presenza di industrie automobilistiche internazionali, era come oggi «il Paese in cui si producono più automobili per abitante».

Massimo Calearo Ciman
Massimo Calearo Ciman

L’espansione delle attività in Slovacchia

Non passarono molti anni che Calearo, in veste anche di presidente di Confindustria Vicenza, organizzò a Samorin un piccolo distretto con 16 imprese, quasi tutte vicentine, inaugurato alla presenza dell’allora ministro Pierluigi Bersani. «Oggi raddoppio i 3.500 metri quadrati del primo capannone – spiega Calearo – e fra il primo colpo di ruspa e il taglio del nastro sono passati appena 5 mesi. Questo per dire che chi viene a produrre in Slovacchia non lo fa per il costo del lavoro. E assicuro anche di non avere mai ricevuto un solo euro dal governo di Bratislava».

«Una crescita parallela in Italia e all’estero»

Niente incentivi statali, dunque, e stipendi che crescono sulla scia di una disoccupazione pari quasi allo zero. Le aziende cominciano a rubarsi gli operai e le retribuzioni salgono. «Chi fosse arrivato attratto solo dal basso costo del lavoro - rimarca Calearo - a quest’ora se ne sarebbe già tornato a casa. Noi abbiamo scelto Samorin perché, mappa alla mano, sta al centro dell’area europea in cui si trova la maggior parte dei nostri clienti». Oggi la Calearo in Slovacchia ha 180 dipendenti ma non è certo cresciuta solo lì. «Il raddoppio delle linee di produzione c’è stato a Samorin come in Italia, perciò credo di poter essere la testimonianza concreta di come la scelta di dislocare certe sedi produttive all’estero non sia in conflitto con uno sviluppo parallelo anche in patria».

La costruzione del nuovo capannone della Calearo a Samorin in Slovacchia
La costruzione del nuovo capannone della Calearo a Samorin in Slovacchia

«Puoi pagare uno specialista il 30% in meno»

Poco distante, a Samorin, c’è uno stabilimento della Mevis di Rosà, azienda di componentistica metallica per l’automotive. «Noi siamo in Slovacchia da 11 anni – spiega Federico Visentin, presidente e Ad - e la questione del costo del lavoro, devo dire, esiste ancora per quanto attenuata rispetto al passato. Un operaio costa un quarto, una figura specializzata la puoi pagare il 30% in meno. Ora il legislatore sta pensando di introdurre un salario minimo di 512 euro al mese, ma è una soglia che difficilmente sarà approvata perché per molti è ancora eccessiva. Ma al di là di questo, c’è il vantaggio di una tassazione flat del 20%».

«Non tralasciamo la sede italiana»

Pure per Mevis, che nel frattempo ha aperto una sede anche in Cina, vale il tema di un contemporaneo sviluppo della sede italiana. «Ci sono produzioni che necessariamente devi affidare a stabilimenti stranieri, perché se realizzate in Italia sarebbero fuori mercato – spiega Visentin – ma ve ne sono altre che, per la qualità richiesta, non possono che uscire dalla nostra fabbrica di Rosà. Perciò un ragionamento sul perché i 170 operai che ho in Slovacchia non li abbia assunti in Italia, non può essere affrontato in modo semplicistico. Il caso Embraco? Non conosco il mondo del “bianco” ma per la stima che ho del ministro Carlo Calenda, se si è arrabbiato così un buon motivo ce l’ha».

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