Scuole chiuse, bandiere a mezz’asta, cortei e veglie di candele in tante città. Molto dolore e molte lacrime. E poi un vertice sul terrorismo presieduto dal premier Nawaz Sharif. Così il Pakistan ha trascorso oggi il primo dei tre giorni di lutto decretati dopo il massacro compiuto dai talebani di 144 persone, quasi tutti bambini ed adolescenti, della «Army Pubic School» di Peshawar.

Lo sgomento e l’orrore per l’accaduto hanno continuato a dominare nelle reazioni della gente. Mentre le immagini trasmesse dalle tv entrate in ciò che resta della scuola hanno dato un’ulteriore prova della brutalità con cui ha agito il commando del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP): organizzazione che oggi ha di nuovo orgogliosamente rivendicato la carneficina. In un documento di 4 pagine inviato alla stampa il TTP ha ribadito di aver perpetrato la strage come vendetta per i suoi «600 militanti uccisi quest’anno» nelle operazioni militari realizzate nell’esercito nel Waziristan settentrionale. I talebani hanno tentato perfino di minimizzare l’accaduto sostenendo di aver «colpito solo quella parte dell’edificio scolastico dove si trovavano gli studenti più grandi, non i bambini». Poi un’ulteriore, brutale minaccia: «Questo tipo di attacchi continueranno», per cui «si consiglia ai pachistani di non mandare i figli in istituzioni collegate con i militari».

Il quotidiano The Express Tribune ha definito intanto l’eccidio «il nostro 11/9. È un attacco al futuro del Pakistan, ai suoi figli e figlie». «Gli abitanti di Peshawar - si legge in un commento - non sono estranei al dolore e al lutto. Ma mai la città ha vissuto qualcosa del genere in 2.500 anni di storia».

È anche per questo che Sharif ha deciso di riunire i leader dei partiti presenti in Parlamento in un vertice proprio a Peshawar, dove sono state definite misure per contrastare le forze che ricorrono al terrorismo come arma di lotta. L’unica decisione per il momento annunciata è stata la cancellazione della moratoria sull’esecuzione delle condanne a morte decisa nel 2008 dal governo del presidente Asif Ali Zardari, limitatamente alle sentenze relative ad atti terroristici.

Il presidente Mamnoon Hussain ha respinto quindi le istanze di grazia presentate nel 2012 da otto detenuti che si trovano nel braccio della morte. E i condannati potranno ora essere impiccati. Se la misura venisse applicata sistematicamente il boia pachistano potrebbe del resto dover fare gli straordinari visto che secondo Amnesty International vi sono 8.000 prigionieri in attesa dell’esecuzione.

Sul piano militare, dopo il cruento attentato di Peshawar le forze armate hanno ricevuto l’ordine di riprendere le operazioni nei territori tribali e in particolare nel Waziristan settentrionale dove da giugno è in corso l’Operazione denominata Zarb-e-Azb. I vertici militari, colpiti direttamente dall’attacco dei talebani in una loro istituzione, non si sono ancora ufficialmente espressi. Ma il comandante delle forze armate pachistane, generale Raheel Sharif, si è precipitato stamani a Kabul per incontrare il presidente Ashraf Ghani.

L’alto ufficiale, si è appreso, ha chiesto (a quanto sembra in modo abbastanza perentorio) che l’esercito afghano si impegni per catturare il Mullah Fazlullah, attuale capo del TTP, che sarebbe rifugiato nell’est dell’Afghanistan, e lo consegni ad Islamabad. Se gli afghani non lo facessero, si lascia capire, i pachistani potrebbero tentare di risolvere il problema con i loro mezzi.