Vaccini, la mappa dell'Italia che rinuncia a proteggersi

Wired ha chiesto a tutte le Asl italiane i dati sulle coperture vaccinali. E ha costruito la mappa dell'Italia che dice 'no' alla profilassi
Vaccini la mappa dell'Italia che rinuncia a proteggersi

Non si tratta del classico discorso Nord contro Sud, con il primo efficiente e il secondo che arranca. La provincia di Bolzano, normalmente in testa alle classifiche sulla qualità della vita, è infatti una di quelle con le coperture più basse. Più in generale, è tutto il Triveneto a presentare numeri lontani da quelli indicati dal ministero della Salute. A peggiorare il tutto, la serie storica: la situazione non sta affatto migliorando, ma è in costante calo dal 2013 a oggi, come si vede dal grafico.

Per disegnare la mappa dell’Italia che ha smesso di vaccinarsi, Wired si è rivolta direttamente alle aziende sanitarie locali. In collaborazione con l’associazione Diritto di sapere ha presentato oltre un centinaio di richieste Foia (Freedom of Information Act, come è andata la nostra esperienza lo raccontiamo qui), domandando i dati delle coperture vaccinali a 24 mesi, la percentuale di bambini sottoposti a vaccinazione.

Istanze presentate sia per quanto riguarda l’esavalente (poliomielite, tetano, pertosse, difterite, epatite B, Hib), che per malattie oggi all'attenzione di tutti, come il morbillo e la meningite di tipo C. Ma anche per lo pneumococco, capace di causare meningite nei bambini e polmoniti negli anziani. Numeri che sono stati richiesti a livello di distretto sanitario, così che ciascuno dalla mappa possa capire qual è la situazione nella zona in cui vive. Certo, non tutte le aziende hanno risposto, non tutte lo hanno fatto con il livello di dettaglio richiesto.

[caption id="attachment_77417" align="alignnone" width="600"] (Foto: Jeff J Mitchell/Getty Images News)[/caption]

“Non mi aspettavo così tante aree a così bassa copertura per il morbillo”, commenta  Lopalco guardando la mappa, “con dati così brutti, non meravigliamoci se è in corso un’epidemia”. Dal 1° gennaio al 14 marzo, l'Istituto superiore di sanità ha infatti censito 2.395 casi di morbillo. Le zone d’Italia in cui nel 2015 si è raggiunto il 95% si contano sulle dita di una mano: tra queste il distretto di Tradate, in provincia di Varese, quello di Sassuolo nel modenese e il territorio dell'ex Ulss 21 di Legnago, vicino a Verona. Al Sud, invece, troviamo i distretti 61, 63, 68 e 72 dell'Asl di Salerno e quello di Reggio Calabria.

Tradate, Legnago e la costiera amalfitana hanno centrato l’obiettivo anche per il meningococco C. A loro si aggiunge l’ex Usl 11 di Empoli, in Toscana. Per il resto, come per il morbillo, la mappa presenta soltanto sfumature di rosso, più o meno intenso a seconda di quanto si è lontani dall'obiettivo di copertura ministeriale. Va un po’ meglio con lo pneumococco, con qualche area in più che si colora di blu, soprattutto al Sud e nelle isole. Ma anche “la situazione legata all'esavalente è molto preoccupante”, afferma Roberto Burioni, docente di Microbiologia e virologia all'Università Vita salute del San Raffaele di Milano.

È difficile stilare una pagella, individuare il migliore e il peggiore. Detto che per morbillo e meningococco di tipo C la situazione è drammatica ovunque, se si guarda all'esavalente la mappa restituisce l'immagine di un Paese diviso in due, tra Est e Ovest. Come detto il Triveneto, ma anche tutta la costa Adriatica, con poche eccezioni rappresentate ad esempio dal Molise, presentano valori al di sotto dell'obiettivo del 95%. Mentre se si attraversa Appennini e pianura Padana la situazione migliora.

Ma allora quella disegnata da Wired può essere considerata una mappa del rischio di contrarre malattie infettive? “Se diamo per assunto che più è bassa la copertura, maggiore è il rischio della circolazione dei germi, in un certo senso sì”. A parlare è Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Che aggiunge: “naturalmente bisogna considerare anche altri fattori, per esempio l’urbanizzazione. Come a dire che una percentuale bassa in una grande città è più preoccupante che in una valle poco abitata. Anche se “questo non vuol dire che chi vive in montagna può stare tranquillo”.

In realtà c'è davvero poco da stare tranquilli. Perché non solo le coperture vaccinali sono basse. Ma sono anche in costante calo. Almeno negli ultimi anni. Wired infatti ha provato a costruire una serie storica, chiedendo i dati di copertura anche per il 2013 ed il 2014.E, per quelle realtà che li hanno già elaborati, per il 2016.Il risultato, come mostra questo grafico, è che la tendenza è verso un calo delle coperture.

Ogni punto rappresenta un distretto sanitario o, nel caso non siano stati forniti dati a questo livello di dettaglio, un’intera azienda sanitaria. I punti in blu sono quelli in cui la copertura del 95% è stata superata. I filtri consentono di spostarsi tra i vari vaccini presi in considerazione. O di isolare la situazione all'interno di una singola regione o Asl. Il dataset utilizzato per costruire il grafico può essere scaricato qui. [La copertura dei valori dell'Asl Roma 1 può superare il 100% perché qui vengono vaccinati bambini residenti nei territori di altre aziende].

Una tendenza rispecchiata anche nelle medie nazionali pubblicate dal Ministero delle Salute. Per cui la copertura per il morbillo è scesa dal 90,35% del 2013 all'85,29% del 2015.Mentre quella per il meningococco C è passata dal 77,05% al 76,62%. E che è il risultato di diversi fattori, prima di tutto la propaganda antivaccinista.

Ma chi sono i genitori che rinunciano a vaccinare i propri figli? E perché lo fanno? “Stiamo parlando di persone istruite e benestanti. È controintuitivo ma è così, in Italia come nel resto d’Europa e negli Stati Uniti”, spiega a Wired Andrea Grignolio, docente di Storia della medicina alla Sapienza di Roma e autore del libro Chi ha paura dei vaccini? per Codice Edizioni. “Sono soggetti che si informano troppo, che trovano sul web indicazioni eccessive e spesso contraddittorie. La psicologia cognitiva ci insegna che troppe informazioni portano fuori strada e fanno fare scelte sbagliate. Vale per l’economia, ma anche per i vaccini”. Ma non solo.

“Si tratta di una fascia molto sensibile alle terapie alternative”, continua Grignolio: “**Sono genitori cosiddetti naturisti, che credono nell'omeopatia, che tendenzialmente è contraria alle vaccinazioni”. Infine, sono “mamme e papà in là con gli anni e con poca chance riproduttiva. Sentir parlare di rischio a 40 anni è diverso che a 25”.

A volte, però, è anche il sistema sanitario a presentare delle pecche. Una è strutturale: “la regionalizzazione della sanità [introdotta con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, ndr] non ha certo favorito le coperture vaccinali. Quando si parla di salute, non puoi avere 20 modi diversi di affrontare le cose”. Così Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria.

Manca quell'anagrafe vaccinale che con l'introduzione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza il ministero della Salute si è impegnato a realizzare. Ma le problematiche sono anche più legate al quotidiano. "I centri per le vaccinazioni dell’età infantile ricordano un po’ le catene di montaggio. Arrivi, ti metti in coda, ci sono i bimbi che piangono", afferma Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene generale e applicata all'Università degli Studi di Milano. "Il problema è quello della necessità di destinare informazione, di dedicare del tempo ai singoli genitori". Di ascoltare cioè eventuali dubbi e fornire le spiegazioni del caso. "C’è un problema generalizzato legato al consenso informato".

Questo, insomma, è il quadro delle vaccinazioni in Italia che Wired è riuscito a ricostruire. Mettendo insieme dati che parlano di coperture in calo, evidenziando zone in cui le percentuali sono allarmanti. E sottolineando alcune problematiche di sistema. La soluzione al problema? Intanto nei giorni scorsi, come dicevamo, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin è tornata a parlare di obbligo vaccinale.

L'idea, ancora tutta da definire, sembra essere quella di consentire l’iscrizione a scuola solo a chi è vaccinato. Il modello è quello della regione Emilia Romagna, dove per l'iscrizione agli asili nido i bambini devono essere vaccinati. Una questione, quella dell'obbligo, che rimane controversa. Ma in un modo o nell'altro, sono tutti d'accordo sul fatto che si debba agire. E che si debba fare prima che dai titoli dei giornali sparisca la parola vaccini e si cominci invece a parlare di epidemia.