Energia, lo Sblocca Italia approva le trivelle ma dimentica il solare

Il decreto "Sblocca Trivelle" passa alla Camera tra le proteste di M5S e Greenpeace che contestano una strategia energetica nazionale tutta puntata sugli idrocarburi, mentre i numeri mostrano una forte sottostima del peso delle rinnovabili

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(Foto: Flickr-CC/César)[/caption]

Chisto non è 'o Paese do sole”. Leggendo gli articoli 36 e 38 del contestato decreto Sblocca Italia (il decreto 133/2014)appena approvato alla Camera, ora al varo del Senato entro il dieci novembre, si potrebbe davvero pensare che l'Italia galleggi su un enorme giacimento di petrolio e gas finora poco sfruttato. Le “misure urgenti in materia di energia” del Governo Renzi sembrano infatti concentrarsi sull'ulteriore sviluppo e la “coltivazione” cioè la trivellazione alla ricerca di idrocarburi e gas in Pianura Padana (Lombardia ed Emilia Romagna), Alto Adriatico, Abruzzo, Basilicata e Canale di Sicilia , hanno scatenato la reazione di Movimento 5 Stelle e Greenpeace durante la votazione alla Camera e sono alla base dell'opposizione di comitati ambientalisti, movimenti civili e amministratori locali Notriv, dalla Lombardia alla Basilicata che le promesse di social card e royalties non sembrano sopire. Tanto che Legambiente, WWF  e GreenPeace, oltre le proteste, hanno chiesto congiuntamente l'abrogazione dell'articolo 38 dello Sblocca Italia.

Le misure contestate degli art. 36 e 38 derivano, in parte, dalla “Strategia Energetica Nazionale” varata con decreto interministeriale l'8 marzo 2013.A detta del pool di scienziati e ricercatori italiani capitanati da Vincenzo Balzani, professore emerito dell'Università di Bologna, coordinatore del Comitato Energia per l'Italia, questi provvedimenti sono però ben lontani dallo sviluppo sostenibile in un Paese “che non ha carbone, ha pochissimo petrolio e gas, non ha uranio, ma ha tanto sole”.

Gli scienziati denunciano in una lettera pubblica al premier e ai ministri nelle scorse settimane, che “il decreto Sblocca Italia attribuisce un carattere strategico alle concessioni di ricerca e sfruttamento di idrocarburi, semplifica gli iter autorizzativi, toglie potere alle regioni e prolunga i tempi delle concessioni con proroghe che potrebbero arrivare fino a 50 anni”. Senza contare il fortissimo impatto ambientale e sanitario più che evidente nelle zone di perforazione (pensiamo alla Val D'Agri) e di raffinazione (Gela e Milazzo).

Eppure, continuano, “le energie rinnovabili non sono più una fonte marginale di energia, come molti vorrebbero far credere: oggi producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale e il 40% in Italia, dove il fotovoltaico da solo genera energia pari a quella prodotta da due centrali nucleari – precisano i ricercatori- chiedendo al governo un cambio di passo, che guardi al risparmio e all'innovazione e non alla “fossilizzazione” del problema energetico.

Già, perché stando alla relazione annuale del Gestore Servizi Energetici, appena pubblicata, stiamo raccogliendo i frutti di una piccola rivoluzione energetica, alimentata certo da incentivi e cinque “conti energia”, ma che ha portato la produzione da solare, fotovoltaico, eolico e idroelettrico quasi in media con i parametri definiti dalla Commissione Europea per il 2030, approvati venerdì scorso dal Consiglio Europeo: oltre ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990, l'energia rinnovabile andrà incrementata fino ad un impiego pari al 27 % del consumo energetico finale ed un minimo del 27 % di riduzione nel consumo energetico rispetto a quello usuale.

Secondo il GSE, in Italia, nel 2013, la produzione di energia elettrica da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), infatti, nel 2013 ha superato i 112 tWh (+21% circa rispetto al 2012), arrivando a coprire circa un terzo del consumo interno lordo nazionale (34%), in netta crescita rispetto al 2012 (27%). In soli sei anni il contributo delle FER nella produzione elettrica nazionale è sostanzialmente raddoppiato.

Numeri che confermano una tendenza in atto anche nel nostro Paese dove i cittadini si stanno trasformando da semplici utenti a produttori d'energia pulita e dove esistono già e funzionano, “alla luce del sole”, buone pratiche possibili e trasparenti, come i Gruppi di Acquisto Fotovoltaico Solidali e la rete nazionale dei Gruppi di Acquisto per l'autonomia energetica  costituiti da famiglie, comuni ed imprese. Ad oggi sono oltre 2000 impianti con una produzione di 8708 kWp, con oltre 180 tra comuni, province e regioni coinvolti.

Un processo che si è realizzato nell'arco di un decennio, grazie ai corposi incentivi, ma anche grazie a scelte consapevoli determinate dalla circolazione di informazione e conoscenza dal basso, come testimonia EnergoClub, associazione Onlus, che si batte a livello nazionale per la diffusione del risparmio energetico, per l’uso sostenibile delle fonti rinnovabili dalle famiglie alle amministrazioni pubbliche.

“Certo, il blocco degli incentivi (avvenuto nel 2013 ndr)) e il passaggio dal V conto energia alle semplici detrazioni (fino al 50% fino al 31/12/2004 ndr) ha portato ad un forte rallentamento del processo- conferma a Wired Sara Capuzzo vicepresidente della ONLUS- ma in ogni caso complice la crisi, molti hanno compreso che investire nel solare fotovoltaico conviene ugualmente, nel giro di sette anni si rientra dalle spese dell'investimento per l'impianto. Mentre al collasso degli installatori abbiamo risposto con polizze assicurative a tutela degli impianti "orfani". Ma alla fine, la prima vera ricchezza oggi, è il risparmio ed è su quello che dobbiamo lavorare”.

Anche per questo, la scelta di produttori di impianti costruiti attraverso l'azionariato popolare,  l'incentivazione all'efficienza energetica, il contenimento dei consumi, in un'ottica di condivisione, potrebbero rivelarsi la carta vincente per il futuro.

Così, in un quadro europeo che vede il proliferare di cooperative di comunità produttrici e consumatrici di energia, come in Francia, Belgio, Germania, Spagna, Gran Bretagna e Danimarca, pratica ormai consolidata per migliaia di soci,  in Italia tra qualche giorno debutterà è nostra, “energia pulita e senza scopo di lucro” iniziativa che si innesta nel solco di REScoop, il progetto UE finanziato dal programma Intelligent Energy Europe, allo scopo di favorire l’accettabilità delle rinnovabili da parte dei cittadini.

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(mappa REScoop)[/caption]

“L'innovazione al centro di è nostra è un modello di produzione e consumo di energia basato sul coinvolgimento e la partecipazione diretta delle comunità" ci racconta Davide Zanoni di Avanzi, Sostenibilità per Azioni, impresa di innovazione milanese, tra i soci fondatori insieme a Retenergie, cooperativa elettrica di produttori e utilizzatori di energie rinnovabili con 700 soci, l' associazione EnergoClub, e ForGreen, Green Generation Company, sostenuti da Banca Etica.

“Nella comunità “energetica” ogni socio è al tempo stesso fornitore e consumatore e partecipa attivamente e democraticamente della vita e delle scelte del progetto cooperativo- ci spiega Zanoni-. Lo scopo è fornire elettricità sostenibile al giusto prezzo, ogni eventuale guadagno sarà ridistribuito tra i soci”.

Ma non solo: “Nella scelta dei fornitori si preferiranno le imprese di produzione legate alle comunità locali, meglio se cooperative, proprio per evitare quelle che partecipano direttamente o indirettamente nell’estrazione e nello sfruttamento di risorse fossili o quelle sanzionate per comportamenti commerciali o pubblicitari scorretti”.

Condivisione, trasparenza negli acquisti e nelle bollette, controllo dei consumi, gestione comunitaria delle informazioni al tempo dei Social Network: abbasso le trivelle, benvenuti nell'era dell'energy sharing.