Samaritans, l'app contro i suicidi nella selva di Twitter

Uno dei casi che ricordo meglio è quello del ciclista lombardo Mauro Santambrogio: l’anno scorso, dopo mesi di depressione legata alla sua squalifica causa positività all’epo, minacciò di suicidarsi con un “Addio mondo” postato su Twitter la sera del 10 ottobre.    Pericolo scampato:...

Uno dei casi che ricordo meglio è quello del ciclista lombardo Mauro Santambrogio: l’anno scorso, dopo mesi di depressione legata alla sua squalifica causa positività all’epo, minacciò di suicidarsi con un “Addio mondo” postato su Twitter la sera del 10 ottobre.

Pericolo scampato: follower, amici, addetti ai lavori e giornalisti intervennero in tempo e contribuirono a stemperare la situazione. In particolare Alessandra De Stefano della Rai che si mobilitò con straordinaria rapidità raggiungendo parenti e amici stretti del corridore.

Adesso una web app per Twitter promette di aiutare e sistematizzare questo genere di blitz disincentivanti, non mi viene altra formula per etichettarli. Si chiama non a caso Samaritans Radar ed è stata rilasciata da Samaritans, la quasi omonima associazione britannica presente anche in Italia e dedita appunto alla prevenzione dei suicidi.

Cosa fa? Tramite un algoritmo monitora le timeline degli account che segui, insomma scandaglia il tuo feed, alla ricerca di frasi e parole sospette che potrebbero in qualche modo ricollegarsi all’intenzione di togliersi la vita. Quando Radar coglie questi indizi spedisce un’e-mail all’utente – il Buon Samaritano della situazione – indicando il link al o ai tweet in questione e offrendo indicazioni e suggerimenti su come comportarsi.

Messa a punto dall’agenzia Jam, potrebbe apparire (e di fatto in parte lo è) un’operazione di marketing solidale o filantropia online da notizia facile. Tuttavia la trovo molto fondata nel principio generale quanto complicata nell’uso effettivo e dunque nelle possibilità di successo.

Ci sono persone che si rivolgono online nella speranza che qualcuno possa intercettare i loro sentimenti e offrire aiuto” raccontano dall’associazione. Questo il punto di partenza che trovo sacrosanto: confessionale, cameretta, ufficio, sfogatoio, lettino virtuale. Sulle bacheche digitali, proprio come facevamo sui muri dei cessi al liceo, riversiamo di tutto. Spesso in una sensazione d’inconsapevolezza effettiva: dimenticando cioè ampiezza e composizione delle nostre community eppure sperando che, da lì, qualcuno batta un colpo. Non è un atteggiamento collettivo, certo, e d’altronde non attiene solo situazione di crisi individuale o in generale negative, ma senz’altro diffusissimo.

Non è una valutazione personale ma la piattaforma teorica a sostegno dell’iniziativa. Basata su uno studio intitolato Tracking Suicide Risk Factors through Twitter in the US. Crisis e firmato da Jared Jashinsky dal quale si evince una correlazione fra pubblicazione di questo genere di contenuti ed effettivi tassi di suicidio in alcuni Stati americani. Un tema da prendere evidentemente con le molle e da approfondire. Ma insomma, questo lo spunto di Samaritans Radar.

Tema d’altronde ben chiaro anche ai responsabili dell’associazione: “C’è ancora molto da capire riguardo le motivazioni che spingono le persone che hanno questo genere di intenzioni a rivolgersi online – racconta Joe Ferns di Samaritans – non occupandoci di questo argomento rischiamo però di sottovalutare alcune discussioni online e finire per perderle di vista. Invece dobbiamo usare strumenti come Samaritans Radar per incoraggiare le persone e offrire sostegno”.

Nessun problema a livello di privacy, visto che scansiona solo i tweet pubblici. Il dubbio, semmai, sta nella concreta applicabilità e nella raffinatezza del meccanismo. A quanto pare infatti il sistema non è ovviamente in grado di discernere fra ironia, scherzi, umorismo e concrete richieste d’aiuto o tweet sospetti. Spesso, d’altronde, non ne siamo capaci neanche noi.

Quindi se un utente che seguo dovesse twittare, in vista di una giornata particolarmente sfiancante, “Oggi voglio morire”, tac, mi ritroverei un’e-mail in cui vengo avvisato che è molto probabile che Tizio Caio stia per suicidarsi e dunque conviene contattare la moglie, inviargli un messaggio, chiamare la Polizia, i pompieri e la Forestale. Potrei capire che non si tratta di un rischio concreto solo leggendo il cinguettio e tirando un sospiro di sollievo – se mi sono messo a fare il Buon Samaritano significa d'altronde che la questione mi preoccupa.

Insomma, tranne l’implementazione di un sistema di altissimo livello, dall’approccio semantico e che magari confronti anche interventi e post precedenti (e le immagini?) difficile che Samaritans Radar possa essere di una qualche utilità che vada oltre la normale osservazione degli utenti senza l’aiuto dell’app. Anche perché il tenore degli interventi su Twitter è generalmente piuttosto duro, secco, ironico e basato su giravolte di senso. Complicato muoversi in quella selva linguistica. Ma la questione, come raccogliere le richieste d’aiuto in questa e altre situazioni, rimane enorme.