Frane e alluvioni, servono 40 miliardi per mettere in sicurezza l'Italia

L'Italia è un paese con un alto rischio idrogeologico, ma negli ultimi 10 anni sono stati spesi appena 2 miliardi per proteggere il territorio. E il conto dei danni supera 61,5 miliardi

(Foto: Flicr-CC/Giorgio Minguzzi)
(Foto: Flicr-CC/Giorgio Minguzzi)

Quaranta miliardi di euro. Questa è la cifra che serve per mettere in sicurezza il suolo italiano dal rischio idrogeologico secondo la stima dei Piani di Assetto Idrogeologico, eppure dal 2002 al 2012 sono stati appena 2miliardi i fondi destinati alla prevenzione, e allo stesso modo solo un 5% dei bandi per le opere pubbliche riguarda proprio la prevenzione.

Quando si interviene lo si fa continuamente in regime di emergenza per sanare i danni provocati, e l’intervento in tale regime ha costi mediamente superiori rispetto agli interventi preventivi. La storia e le casse dello Stato lo sanno bene: dal 1944 al 2012 i danni del dissesto idrogeologico sono costati 61,5 miliardi di euro di soldi pubblici.La prevenzione dal dissesto idrogeologico dovrebbe rappresentare, anche in termini meramente economici, la prima grande opera del Paese e invece è sempre rimasta sui documenti e nelle parole dei convegni. Intanto dal 1950 a oggi l’Italia ha dovuto piangere quasi 5.500 vittime in oltre 4000 eventi tra frane e alluvioni.

Tutta colpa della fatalità? «Quando si verificano eventi come quello di Genova aleggia sempre un misto di fatalismo e rassegnazione, quando in realtà non ci si è mai interessati a pieno del proprio territorio», così risponde a Wired Erasmo d’Angelis, Coordinatore responsabile della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche.

Mappa del rischio idrogeologico
Mappa del rischio idrogeologico – Fonte: Ministero dell’ambiente

Una unità quella guidata da D’Angelis che ha visto la luce lo scorso luglio e che aveva proceduto a nominare i presidenti di Regione commissari del governo in materia di dissesto idrogeologico per cui possono/devono assumere varianti ai piani regolatori e urbanistici comunali che eventualmente non rispettino i vincoli idrogeologici.

Tuttavia alle dichiarazioni che si susseguono da anni, anche riguardo a una legge sul consumo del suolo (in Germania, per esempio esiste dal ’96 con una direttiva emanata dall’allora ministro dell’Ambiente Angela Merkel messa poi a sistema dal governo Schroeder nel 2002), non hanno mai fatto seguito passi importanti. Perché anche questi numeri danno la cifra del problema: in Italia dal 1956 a oggi il consumo di suolo è aumentato del 156%, mentre la popolazione è aumentata del 24%. Insomma, secondo quanto stimato anche dai report di Ance, Protezione Civile e Ispra, ogni cinque mesi viene cementifcata un’area grande quanto la città di Napoli. Questo basterebbe per sancire che il fato quando ci sono catastrofi come quella recente di Genova c’entra ben poco.

distribuzione geografica degli eventi geoidrologici con danni alla popolazione nel periodo 1646-2014. I pallini rossi e arancio si riferiscono a frane, i quadrati blù e celeste alle inondazioni - Fonte: Polaris
Distribuzione geografica degli eventi geoidrologici con danni alla popolazione nel periodo 1646-2014 in Liguria. I pallini rossi e arancio si riferiscono a frane, i quadrati blù e celeste alle inondazioni – Fonte: Polaris

Si guardi alle opere ferme, guardacaso proprio quelle che dovrebbero prevenire il rischio idrogeologico: ci sono «2 miliardi e 300 milioni di euro di opere da sbloccare – dice Erasmo d’Angelis a Wired – di cui un buon 40% per il patto di stabilità, mentre il restante per intoppi burocratici di vario tipo. Su tutti si pensi anche ai lavori per Sarno: lì ci sono 247 milioni di euro di fondi europei bloccati, che andranno persi se non verranno spesi entro il dicembre 2015, così come tutti i fondi arrivati a quei progetti mai partiti».

Nei giorni di Genova si è data la colpa dello stop ai lavori sul Bisagno al Tar, salvo poi appurare che in realtà lo stesso Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria con la sua ordinanza del 24 agosto 2012 aveva invece respinto la richiesta di sospensiva presentata dalle società che avevano invece fatto ricorso contro il raggruppamento di imprese che aveva avviato i lavori. “Considerato – si legge nell’ordinanza – che, allo stato, prevale comunque l’interesse pubblico al celere avvio delle prestazioni che formano oggetto dell’appalto”. Mancava solo la firma del presidente di Regione (che come scritto nel frattempo è diventato commissario del governo sul territorio per il rischio idrogeologico. sul via libera ai lavori. Mai arrivata fino a pochi giorni prima dell’alluvione di Genova.

Il piano di finanziamenti e i cantieri per regione del progetto del governo #Italiasicura
Il piano di finanziamenti e i cantieri per regione del progetto del governo #Italiasicura – Fonte: italiasicura.governo.it

Da luglio è attiva la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche con un budget di spesa di circa quattro miliardi per portare avanti il progetto #Italiasicura: 2 miliardi e 480 milioni di fondi non spesi, dal ’98 ad oggi, sebbene già previsti negli accordi di programma, tra fondi dal bilancio di Stato, regioni, e fondi Ue, più 1 miliardo e 600 milioni per le infrastrutture idriche del Sud, per cui l’Italia è sotto procedura di infrazione. Un tesoretto al quale il governo conta di poter aggiungere un miliardo l’anno dai fondi Ue.

«Stiamo cambiando il sistema della governance per i controlli e il monitoraggio sulle opere per il rischio idrogeologico – dice ancora a Wired il coordinatore della struttura di missione D’Angelis – in modo da rendicontare l’avanzamento o meno dei lavori anche ai cittadini e mettere al centro dell’attenzione opere che salvano vite umane e beni».

Una road-map per investire in sicurezza nel Paese più franoso d’Europa dove l’81,9% dei Comuni ha aree in dissesto idrogeologico, su cui persistono anche più di 6000 edifici scolastici (che devono fare i conti anche con la pericolosità sismica) e 550 ospedali. 6 milioni di persone vivono su queste aree e a causa del dissesto si contano oltre 700mila sfollati secondo l’ultimo rapporto Ance-Cresme. Questo non è sufficiente però a fermare una certa idea di edificazione: come ha più volte ripetuto anche il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza «si sa benissimo qual è la mappa del rischio idrogeologico in Italia, ma s’ignora costruendo su zone rosse, si edificano aree industriali e centri commerciali su aree golenali. Deve partire una grande opera di risanamento, opere di prevenzione ma anche impedire, come è successo di ricostruire laddove non si sarebbe mai dovuto fare».

A fargli eco anche l’ultimo report di protezione civile e Legambiente del 2013 “Ecosistema a rischio”: «Si può notare come sia pesante nei comuni italiani l’urbanizzazione delle aree classificate a  rischio idrogeologico, con abitazioni, interi quartieri, insediamenti industriali e attività produttive nelle aree di espansione naturale dei corsi d’acqua o di versanti montuosi fragili e instabili. I dati relativi all’urbanizzazione delle aree a rischio, infatti, sono sostanzialmente confermati di anno in anno. In zone a rischio si è continuato a costruire anche nell’ultimo decennio».

Mappa della pericolosità sismica in Italia
Mappa della pericolosità sismica in Italia – Fonte: rapporto Ance/Cresme

Si aggiunge a questo quadro anche una considerazione contenuta sempre nell’ultimo rapporto Ance-Cresme riguardante il rischio sismic: «rispetto agli altri Paesi – si legge nel rapporto – il rapporto tra danni ed energia rilasciata nel corso degli eventi è elevato. Ad esempio, il terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto un quadro di danneggiamento (senza tetto: 32.000; danno economico: circa 10 miliardi di Euro) confrontabile con quello della California del 1989 (14.5 miliardi di $ USA), malgrado fosse caratterizzato da un’energia circa 30 volte inferiore. Ciò è dovuto principalmente all’elevata densità abitativa e alla notevole fragilità del nostro patrimonio edilizio.

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