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Hong Kong, governo ritira la polizia. Cina avverte Usa e occidente: "Non vi immischiate"

La Casa Bianca replica: "Sosteniamo aspirazioni della popolazione". Londra "preoccupata" per le violenze. Ieri la minaccia cinese di far intervenire l'esercito. L'avvertimento era stato poi seguito da duri attacchi contro i manifestanti, con lancio di lacrimogeni e cariche. Oggi la decisione del governatorato di far rientrare le truppe antisommossa e di avviare ulteriori colloqui per la riforma della legge elettorale

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HONG KONG - E' ancora braccio di ferro a Hong Kong tra autorità e dimostranti dopo gli scontri di ieri. Sembra tuttavia aprirsi uno spiraglio nel muro contro muro: il governatorato dell'ex colonia britannica ha annunciato di aver disposto il ritiro delle truppe antisommossa dalle piazze occupate dai dimostranti che chiedono un allargamento della democrazia. Ma al contempo hanno chiesto ai manifestanti di disperdersi e di non continuare nelle occupazioni in corso.

Ignorando gli appelli del governo, migliaia di persone continuano a rimanere nelle strade e adesso Pechino si trova ad affrontare una delle sfide politiche più impegnative da piazza Tiananmen, 25 anni fa. A giugno 200mila persone hanno ricordato nell'isola la rivolta degli studenti del 1989, unica regione della Cina dove possono avvenire simili manifestazioni.
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Cina: "No ad ingerenze straniere". Londra: "Avviare dialogo costruttivo". Intanto pechino tuona contro l'occidente: il ministero degli Esteri cinesi, secondo quanto riportato dal quotidiano South China Morning Post, ha avvertito Stati Uniti e altre nazioni di non immischiarsi negli affari di Hong Kong perchè le proteste sono una questione interna.

"Hong Kong è cinese. E' una regione cinese ad amministrazione speciale e gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi", ha dichiarato Hua Chunyng, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino. Le minacce di Pechino non hanno impedito al portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, di affermare che "gli Stati Uniti seguono da vicino la situazione a Hong Kong e sostengono le aspirazioni della popolazione" e chiedono alle autorità cinesi di avere moderazione nel contenere le manifestazioni e ai cittadini di scendere in strada pacificamente.

L'avvertimento cinese arriva dopo che il Regno Unito aveva auspicato l'avvio di un "dialogo costruttivo" di fronte alla richiesta di democrazia avanzata dalla popolazione. "Ci auguriamo che le trattative consentano un passo avanti significativo verso la democrazia a Hong Kong e rivolgiamo un appello a tutte le parti a discussioni costruttive in questa direzione", ha sottolineato il portavoce del ministero degli Esteri britannico. Londra, in quanto ex potenza coloniale, dispone di un diritto di ingerenza sul territorio per 50 anni dal 1997, data della restituzione dell'isola alla Cina.

Le proteste hanno provocato il forte calo della borsa di Hong Kong, che ha ceduto l'1,9%. Gli operatori finanziari temono ulteriori tracolli se la situazione di tensione dovesse proseguire nei prossimi giorni. Le tensioni nell'ex colonia britannica stanno deprimendo tutti i mercati internazionali, colpendo soprattutto il settore del lusso.

Ieri scontri e lancio gas lacrimogeni. Il governo cinese ieri aveva avvertito il movimento per la democrazia e le libere elezioni di Hong Kong che non avrebbe tollerato alcun genere di "comportamenti illegali". E, in un comunicato, aveva ribadito il "pieno sostegno" al governo del territorio, che dal 1997 è una Speciale Regione Amministrativa della Cina. La nota era stata diffusa da un portavoce anche a nome di Leung Chun-ying, l'amministratore di Hong Kong, che in precedenza aveva promesso a breve, ma senza fornire un termine preciso, un nuovo round di colloqui sulla riforma elettorale, durante una conferenza stampa tenutasi nella sede del governo dell'isola, e aveva chiesto ai cittadini non prendere parte a "proteste illegali".

All'avvertimento di Pechino ai manifestanti del movimento Occupy Central with Love and Peace, che chiedono democrazia e libere elezioni, era seguito il lancio di gas lacrimogeni da parte della polizia di Hong Kong per disperdere il sit-in scattato la scorsa notte, in anticipo rispetto alla data prevista del primo ottobre, 65esimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. L'epicentro è stato la zona di Admiralty e Tamar, dove ha sede il governo dell'isola, ma la protesta si è estesa alle vicine vie di Harcourt Road e di Gloucester Road.

La polizia aveva preventivamente chiuso l'accesso alle zone calde e aveva avvertito della possibilità di arresti a chiunque avesse tentato di entrare nell'area delle proteste. Il traffico è andato in tilt e molti autobus e automobili sono state circondate dalla folla. Quando la polizia ha lanciato i lacrimogeni è stato il caos. Testimoni riferiscono anche anche dell'uso di spray al pepe mentre su Twitter c'è chi parla addirittura di proiettili di gomma e manganelli.
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A Hong Kong, non venivano utilizzati gas lacrimogeni dal 2005, quando un corteo si era diretto verso il cordone di agenti che aveva circondato altri manifestanti che avevano lanciato un appello alla "disobbedienza civile".

Tra gli arrestati giovani, deputati democratici e professori. Da venerdì sono stati 78 gli arresti nell'ex colonia britannica per le manifestazioni dei giorni scorsi: tra loro anche un giovane di 17 anni, Joshua Wong, che oggi è stato rilasciato, i deputati del Partito Democratico Emily Lau e Albert Ho, l'accademico Joseph Cheng, docente di Scienze Politiche della City University di Hong Kong.

"Occupy Central ha raggiunto l'obiettivo di educare la gente a combattere per i suoi diritti - ha spiegato ad Agi China Willy Lam, esperto di elite politiche cinesi e docente di Scienze Politiche presso la Chinese University di Hong Kong, punto di ritrovo degli studenti in protesta nei giorni scorsi - una delle cose più importanti è che la maggior parte dei manifestanti è costituita da studenti universitari. Generalmente i giovani non sono interessati alla politica, ma questa volta hanno dimostrato di essere consapevoli della situazione e di volere combattere per i loro diritti".
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