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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 21 agosto 2014 alle ore 14:09.

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Ministro Orlando, nei 12 punti della riforma della giustizia prendete di petto vent'anni di problemi incancreniti – dal collasso del processo civile al funzionamento del Csm, dal ripristino del penale societario e della "adeguata" prescrizione fino alla questione intercettazioni – e sui quali più di un esecutivo ha alzato bandiera bianca.
Certamente ne avete la consapevolezza, ma c'è la determinazione a non perdere pezzi per strada?
Guardi, c'è senz'altro una forte determinazione politica ma prima ancora la consapevolezza che molti di questi problemi bloccano l'economia e mettono in pericolo la tenuta del Paese.

Quindi?
Quindi partiamo subito dal rapporto tra giustizia ed economia. Oggi la prima – meglio, l'assenza della prima – è una tara non più sopportabile dal Paese, un sistema costoso e non produttivo di risultati diventato insostenibile. Che dà problemi di competitività e di affidabilità internazionale e di gestione delle controversie tra privati. E sa cosa succede dentro questa inerzia?

Cosa?
Che si offre alla criminalità organizzata, parliamo di diritto civile, la possibilità di offrire una "giustizia" sostitutiva, una sorta di "ordine alternativo". Quindi più ancora che di una scelta politica, parlerei di una necessità irrinunciabile. Per anni sono state seguite priorità distorte, oggi diciamo che il civile, appunto, è il luogo dove è avvenuto il collasso, nel sostanziale disinteresse della politica e dei media. E noi ripartiamo da qui.

Quindi nel Consiglio dei ministri del 29 agosto vedremo i primi provvedimenti?
Certo, noi saremo pronti su tutto. Giustizia ed economia, il primo step: soluzione dell'arretrato e specializzazione dei tribunali per arrivare, gradualmente, alla riforma del processo. Poi, la questione "ordinamentale" (Csm, responsabilità dei magistrati, giudici onorari, personale amministrativo). Infine la parte relativa al processo penale.

Magistrati, appunto. Non teme di veder percepita, e osteggiata, la vostra riforma come il redde rationem dell'ultimo ventennio?
No, vede, è il metodo che diventa anche "sostanza". Qui come negli altri 11 punti stiamo prestando tutta l'attenzione istituzionale dovuta. Non solo coinvolgendo il Csm – che peraltro da tempo sollecita una revisione della propria legge elettorale – ma anche facendo da argine a pretese eccessive della politica. Sulla responsabilità civile dei giudici, per esempio, abbiamo respinto l'azione diretta che dava adito, quella sì, a un sospetto di aggressione al giudice e a un'intimidazione. Il punto è la prospettiva di quello che si fa: la nostra, oggi, è tutelare i diritti del cittadino che ha subito un danno. E se è successo, lo Stato paga e poi si rivale sul magistrato in torto secondo precise regole.

Reintrodurrete il falso in bilancio, dopo 12 anni di depenalizzazione "de facto".
È una questione di affidabilità del sistema, che deve essere percepita anche da lontano, in modo chiaro. È uno strumento essenziale per contrastare la corruzione e garantire la concorrenza.

Abbasserete le soglie di punibilità.
Però dobbiamo evitare di cadere in un'eccessiva re-giurisdizionalizzazione che finirebbe per punire le piccole imprese per fatti di relativa o nessuna gravità.

Però poi date segnali esterni contrastanti. La "svuota carceri" ha liberato 14 mila detenuti in sovraffollamento al prezzo di depotenziare quasi del tutto la custodia cautelare, chiedendo peraltro ai giudici di emettere un giudizio profetico (sulla condanna finale superiore in concreto a 3 anni) prima di far scattare le manette.
Perché contrastanti? La custodia cautelare ha una funzione endoprocessuale, non può essere usata come un deterrente generale" e non è un'anticipazione della pena, la cui determinazione spetta al giudice del processo e solo a lui. E poi con il nostro decreto abbiamo modificato l'automatismo di cui lei parla, consentendo comunque al giudice dell'indagine di valutare sempre la pericolosità sociale dell'indagato, e se del caso restringerlo in attesa di processo.

E i 14 mila condannati tornati liberi non sono un problema?
Erano stati condannati in parte per reati "di strada", altri erano invece in attesa di giudizio per gli stesi reati: figli di leggi estremamente punitive e progressivamente smontate dalla Consulta e dalla Cassazione. Nessuna pena è stata cancellata, ci sono stati sconti mirati e selettivi senza ricorrere a provvedimenti eccezionali.

Tema intercettazioni. C'è un versante investigativo e un altro (la pubblicazione degli atti sui mass–media) sul quale due suoi illustri precedessori (Mastella e Alfano) hanno dato forfait. Non c'è il rischio concreto che si traduca in un vincolo per le indagini e in un bavaglio per l'informazione?

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