29 Ago 2014

Il potere “discreto” della Commissione europea

Le condizioni di sicurezza sempre più critiche dei due “vicinati” dell’UE catalizzano ancora di più  l’attenzione del pubblico sulle nomine dell’Alto rappresentante e del Presidente del Consiglio europeo, ovvero dei soggetti principali, insieme agli Stati membri, dei processi decisionali relativi alla Politica estera e di difesa comune europea (Pesc). La designazione di queste due importanti […]

Le condizioni di sicurezza sempre più critiche dei due “vicinati” dell’UE catalizzano ancora di più  l’attenzione del pubblico sulle nomine dell’Alto rappresentante e del Presidente del Consiglio europeo, ovvero dei soggetti principali, insieme agli Stati membri, dei processi decisionali relativi alla Politica estera e di difesa comune europea (Pesc). La designazione di queste due importanti figure è percepita, e a ragione, come un momento decisivo: dalle capacità diplomatiche (all’interno e all’esterno dell’UE) e autorevolezza dipenderà gran parte dello sviluppo del ruolo internazionale dell’Unione.

Tanto interesse rischia però di alimentare aspettative che non tengono conto della complessità del sistema politico-istituzionale che sottende la politica estera dell’Unione europea complessivamente intesa. Il trattato di Lisbona, infatti, con la creazione del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) guidato dall’Alto rappresentante e con la definizione delle competenze del Consiglio europeo nella definizione degli obiettivi strategici dell’UE, ha solo in parte risolto il problema della (mancanza di) coerenza della politica estera europea.

Alla difficile gestione di tale complessità contribuisce certamente il fatto che numerose competenze in materia di politica estera sono tuttora nelle mani della Commissione europea, originariamente unica responsabile della dimensione esterna delle politiche europee. Ciò implica che, in questo particolare ambito, la dimensione prevalentemente intergovernativa della Pesc (Consiglio) deve coordinarsi con quella sovranazionale (Commissione) in materie fondamentali gestite rispettivamente dai Commissari per le politiche di sviluppo, per l’allargamento e la politica di vicinato, e per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi internazionali. Le attività dei “dicasteri” responsabili di questi portafogli sono coordinate dal 2009 dall’Alto rappresentante, che è di diritto uno dei sette vicepresidenti della Commissione e che ha assorbito le funzioni del  Commissario per le relazioni esterne.

La Commissione detiene dunque il controllo di aree fondamentali dell’azione esterna, che comportano peraltro l’amministrazione di notevoli risorse finanziarie. In questi ambiti, i commissari per le politiche di vicinato e per la cooperazione hanno elaborato e implementato progetti in oltre 100 paesi, gestendo direttamente risorse annuali per circa 7,5 miliardi di euro.

Oltre a gestire i Fondi europei per lo sviluppo e quelli destinati a specifiche aree geografiche e tematiche, la Commissione scrive i piani definitivi relativi ai fondi europei per la gestione di crisi e pro-democrazia (lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani e lo Strumento per la stabilità), decidendo, dunque, l’allocazione finale delle risorse (quasi un miliardo di euro) sulla base delle proposte riguardo a progetti specifici elaborate dal Seae. Inoltre, per comprendere appieno l’importanza della Commissione nel processo di definizione e implementazione dell’azione esterna europea, bisogna ricordare che essa ha competenza esclusiva su materie che, pur riguardando principalmente l’ambito interno dell’Unione, hanno una valenza internazionale a dir poco decisiva – prime fra tutte il commercio internazionale, l’energia e l’ambiente. È dunque la Commissione, e in particolare i funzionari della direzione generale commercio, che hanno negoziato i termini del noto Accordo di associazione con l’Ucraina, alla base dell’attuale crisi con la Federazione, ed è sempre la Commissione a rappresentare l’Unione all’interno dell’Organizzazione mondiale per il Commercio.

Con la trasformazione delle delegazioni della Commissione in rappresentanze diplomatiche dell’Unione, una buona parte delle competenze per la rappresentanza esterna dell’Ue sono passate al SEAE, che nella sua funzione di corpo diplomatico dell’UE fornisce i vertici delle circa 140 delegazioni; tuttavia, il personale dalla Commissione dislocato presso le rappresentanze continua a essere di gran lunga superiore rispetto alle circa 2000 unità direttamente dipendenti dal Seae (a loro volta per un terzo ex funzionari della Commissione). 

Per assicurare coerenza ed efficacia all’azione esterna dell’Unione, dunque, il nuovo Alto rappresentante è chiamato a coordinarsi non solo con i 28 rappresentanti nazionali che siedono nel Consiglio, ma anche con un’istituzione potente, dotata di una “cultura interna” e di pratiche ormai consolidate, e che non si è infatti astenuta, specie nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore delle riforme istituzionali, da vere e proprie “lotte per il territorio” con il neonato Servizio che, a volersi attenere strettamente ai Trattati, è un organo “al servizio” delle istituzioni europee propriamente dette, e non costituisce invece un’istanza autonoma (a tal proposito non va dimenticato che l’amministrazione finanziaria del Seae, con il suo budget annuale di 500 milioni di euro, è solo funzionalmente autonoma, ed è soggetta alla supervisione dalla Commissione). Peraltro, proprio l’incapacità di sfruttare appieno il proprio ruolo di Vicepresidente della Commissione è una critica che è stata mossa quasi unanimemente alla baronessa Ashton.

Il confronto anche acceso fra i governi per assicurarsi l’assegnazione di dicasteri ritenuti “pesanti” come quello per il commercio o l’energia, nonché i dubbi espressi da più parti (è nota la posizione a tal riguardo dell’ex membro del Consiglio della Banca centrale europea, Lorenzo Bini Smaghi) sull’effettivo valore del posto di Alto rappresentante non fanno che confermare l’importanza che la Commissione detiene negli equilibri inter-istituzionali e sulla scena internazionale. Nella misura in cui l’Unione continuerà (o dovrà continuare, data l’improbabilità di una imminente revisione dei Trattati) a perseguire una politica estera mirante a modellare il contesto internazionale secondo i propri valori e le proprie regole, piuttosto che a influire direttamente sui comportamenti dei propri interlocutori con gli strumenti di un attore internazionale tradizionale, il ruolo della Commissione non potrà che confermarsi fondamentale anche nel prossimo futuro. 

Antonio Zotti, ISPI Research Assistant

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