Venezia 2014

IN CONCORSO

"La rançon de la gloire", il trafugamento della salma di Chaplin è un film tutto da ridere

Xavier Beauvois racconta la storia vera del trafugamento della bara dell'artista. La famiglia dell'attore ha acconsentito all'utilizzo di materiali privati. Il figlio di Chaplin, Eugene: "All'inizio avevo dei dubbi, poi ho visto ho capito il talento di Beauvois

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VENEZIA - Dopo la black comedy di Alejandro Gonzalez Inarritu, Birdman, la Mostra torna a ridere con la commedia amara La rançon de la gloire ("Il prezzo della gloria" o, ancor più letterariamente, "Il riscatto della gloria") di Xavier Beauvois che racconta la storia, accaduta nel 1977, del trafugamento della bara di Charlie Chaplin a pochi giorni dalla sua morte nel paesino svizzero di Vevey. Il film mescola elementi di fantasia con elementi reali, che il regista ha ricostruito grazie alla collaborazione della famiglia Chaplin che gli ha permesso di leggere le lettere dei "rapitori". I luoghi dove è stato girato il film sono quelli reali: la casa, il giardino, persino il luogo dove era stata nascosta la bara.
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"L'idea del film mi è venuta subito dopo aver visto, per la quindicesima volta, Luci della ribalta. Ero insieme a mia moglie e le ho detto: sai che la bara di Chaplin era stata rubata da due tipi che avevano chiesto un riscatto? E lei non ci voleva credere - racconta il regista a Venezia, dove è venuto accompagnato dal figlio del grande attore Eugene Chaplin - Con poche ricerche su Internet ho potuto confermarle che era tutto vero e a quel punto ho pensato: questo è già un film. D'altronde io credo, come diceva Truffaut, che nella prima pagina di un quotidiano si possano trovare moltissime storie. Tutto sta poi a trovare il modo giusto per raccontarle".
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Il modo scelto da Beauvois (che aveva già attinto dalla realtà per Uomini di Dio, storia di alcuni monaci uccisi da integralisti musulmani) è quello della commedia, commedia all'italiana di vecchia scuola a cui il regista ha confessato di essersi direttamente ispirato. Si ride per non piangere, si ride piangendo; si ride dei goffi tentativi malavitosi di una coppia di disperati: due emigrati (un belga e un algerino, nella realtà un polacco e un bulgaro) - il primo è appena uscito di prigione, l'altro ha una bambina piccola, la moglie in ospedale e molte difficoltà a tirare avanti. Un po' come la coppia di rapitori della domenica raccontati nel film italiano L'ultimo Crodino con Ricky Tognazzi. Raccontava sul rapimento, anche quello realmente accaduto, della salma di Enrico Cuccia, Eddy (il comico francese Benoit Poelvoorde, il Bruto di Asterix qui capace di mostrare anche le sue corde drammatiche) e Osman (Roschdy Zem) sono accomunati da una cattiva stella. Hanno condiviso molti momenti difficili: si sono conosciuti nel centro per immigrati e si sono stretti in un legame fraterno che permette ad Osman di chiedere a Eddy di venire a vivere con loro per occuparsi della figlia mentre la moglie è via. Nella roulotte che Osman ha allestito per l'amico Eddy pianifica il colpo: il furto della bara, la richiesta di riscatto.

"Sono degli eroi o delle nullità? - si chiede il regista in conferenza scherzando sul gioco di parole in francese fra "eroi" e "zero" - Sicuramente si finisce per amarli, per affezionarsi alla loro mediocrità. Lo  stile del mio racconto riflette la vita, in cui si passa dal riso alle lacrime senza soluzione. Così era il lavoro di Chaplin, colui che ha saputo inventare il cinema, il più grande di tutti secondo me". Gli fa eco Eugene Chaplin, figlio dell'attore e regista, che ha sostenuto il film tanto da voler venire a Venezia per presentarlo (assenti invece tutti gli attori). "All'inizio avevo dei dubbi sul fatto di fare una commedia su questa storia di cui avevo ricordi vivi e piuttosto cupi. Dovete ricordare che erano gli anni del sequestro Moro e che noi all'inizio della vicenda non sapevamo con chi avevamo veramente a che fare. Mi chiedevo cosa c'è di divertente in questa storia. Poi ho visto gli altri film di Beauvois e ho capito il suo talento. E ho pensato ad un film di mio padre: Monsieur Verdoux, storia di un barbablù, uno che uccide le mogli, un tema drammaticissimo ma che lui ha saputo girare in commedia".

Nel film, per i due rapitori improvvisati, le cose si complicano in fretta. I familiari del grande attore e regista chiedono le prove che la bara sia proprio nelle loro mani, la polizia è sulle loro tracce e tiene sotto controllo il telefono di Villa Chaplin; la figlia chiede al padre, guardando i servizi in tv, perché quegli uomini hanno agito così, innescando in lui una crisi di coscienza. Tutto sembra precipitare. Nel frattempo Eddy ha conosciuto Rosa (Chiara Mastroianni, che è in concorso anche con un altro film, 3 Coeurs, accanto alla madre Catherine Deneuve), una bella cavallerizza padrona di un circo. Sarà lei, con la sua dolcezza e il suo sguardo comprensivo, a dare a Eddy una speranza e anche la possibilità di una nuova carriera, quella di pagliaccio. "Quando ero al liceo tutti mi dicevano che avrei dovuto fare il clown - racconta il regista - poi sono finito a fare il cinema. Il nostro film inizia con Eddy che esce di prigione: esce da un buco nero e finisce nella luce, nella luce del tendone del circo, dello spettacolo. Per me quella luce è stato il cinema".

Il senso del film risiede nell'arringa finale dell'avvocato difensore di Eddy e Osman che, nel suo discorso appassionato che finisce per contagiare giudice e spettatori, citando i molti volti di Charlot: quello che nella Febbre dell'oro mangia le stringhe delle scarpe come spaghetti, l'operaio nell'ingranaggio di Tempi moderni o il clochard innamorato di Luci della città. "Siamo tutti un po' Charlot" dice con lo sguardo ai suoi assistiti. Ma l'ultima immagine è giusto che venga affidata al figlio Eugene che racconta: "Quando siamo andati a disotterrare la bara nel luogo dove i rapitori l'avevano nascosta mi sono  guardato intorno: c'era un campo con ai bordi una bella foresta e un fiume. Ero quasi dispiaciuto di portarlo via da là".