Nuove Opportunità per Una Carriera Internazionale: Purpose Economy e Social Business

Francesca Folda, Direttore global communication di Amani Institute, ci parla di social innovation business, di che cosa vuol dire carriera internazionale e come si possa davvero essere felici sul lavoro.

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Alberto Mattei: Sono il fondatore di Nomadi Digitali. Un progetto di comunicazione collaborativo e autofinanziato che nasce nel 2010 con l'obiettivo di diffondere anche in Italia la cultura del lavoro da remoto e del nomadismo digitale. Il mio obiettivo? Crescere un movimento di persone più libere e più felici per rendere il nostro mondo un posto migliore.

Pubblicato il: 6 Novembre 2018 | Categoria:

“I due giorni più importanti nella tua vita sono il giorno in cui sei nato e il giorno in cui scopri il perché– Mark Twain –

Il lavoro è l’attività a cui dedichiamo la maggior parte della nella nostra esistenza. Per questo motivo ho sempre sostenuto che per essere felici nella vita, sia fondamentale guardare al lavoro non solo come un modo per sostenersi economicamente, ma anche e soprattutto come un’opportunità per realizzarci come esseri umani, per offrire un contributo al mondo, per sentirsi utili, riconosciuti e valorizzati nei propri talenti.

A mio modo di vedere la social innovation, intesa come un processo che crea nuove risposte ai bisogni sociali, e il social innovation business, rappresentano oggi una opzione concreta per una carriera internazionale.

Ma Come si Diventa Innovatori Sociali?

L’ho chiesto a Francesca Folda, giornalista, business advisor e attualmente direttore Global Communication di Amani Institute, una delle migliori scuole di innovazione sociale al mondo che ha sede in Kenya, India e Brasile e si pone come l’obiettivo quello di formare leader globali del cambiamento sociale. Fino ad oggi 440 Fellow da 60 Paesi del mondo l’hanno frequentata entrando a far parte di un network davvero unico.


Quella di Francesca è Una Bellissima Storia!

Giornalista investigativa per dieci anni, direttore di tutti i siti internet di Sky, direttore del mensile Focus, un bel giorno decide che qualcosa nella sua vita deve cambiare.

La grande scrivania, il titolo formale e tutto quel correre non le danno più vera soddisfazione. Così si licenzia e parte per un giro del mondo, lasciandosi dietro certezze economiche e professionali per aprire la sua mente e il suo cuore al nuovo.

Dopo molte tappe arriva in Kenya e si mette a studiare Social Innovation Management con Amani Institute. Da Nairobi, dove ha vissuto due anni, comincia a guardare le cose con una prospettiva tutta nuova (Lo racconta in questo talk al TEDxTrento).

Vive in Kenya 2 anni, lancia un progetto per l’alfabetizzazione delle donne Samburu con tablet a basso costo e il programma della scuola digitalizzato. Torna in Italia dove per un anno riprende la vita da manager in una grande corporation fino a decidere di dimettersi di nuovo per dedicare tutto il suo tempo e le sue energie a una carriera di impatto sociale.

– Prima e dopo – Francesca Folda, direttore di Focus a Milano nel 2013. In Kenya nel 2016 dove ha sviluppato un progetto per l’alfabetizzazione delle donne nella tribù seminomade dei Samburu.


Per aiutarci a capire come è possibile iniziare una carriera internazionale nell’innovazione sociale, ho deciso di lasciarle la parola.


Grazie per questa presentazione!

Partirei da una provocazione: esistono davvero le carriere internazionali, come alternative a quelle nazionali? O vogliamo cominciare a chiamarle carriere senza limiti e carriere con i limiti dei confini di mappe politiche disegnate almeno 150 anni fa, quando non solo non esisteva Internet, ma neanche gli aerei e il telefono?

Gli astronauti lo chiamano Overview Effect: quello che si prova la prima volta vedendo la terra dallo spazio e realizzando che tutti i confini sono artificiali.

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Io onestamente credo che non esista un solo lavoro che non possa beneficiare di uno sguardo più ampio. Non voglio dire che tutte le imprese debbano per forza espandersi sul mercato globale, o che tutti i freelance debbano essere pronti a lavorare con committenti in altri Paesi. O che tutti i giovani dovrebbero andare a lavorare all’estero. Ma perché dare per scontato di no? Non varrebbe la pena dare un’occhiata e capire quali potrebbero essere le opportunità? Confesso che quando sento parlare di “fuga di cervelli” a me viene l’orticaria. Per me quella è l’apertura dei cervelli. Si va, si torna arricchiti. L’allarme non è per quelli che vanno, ma per quelli che non sappiamo incuriosire.

E poi, anche senza volerci andare, là fuori, non c’è dubbio che dobbiamo guardare e imparare, perché succedono cose molto interessanti. Innanzitutto, quello che era il “Terzo mondo”, è un mondo che galoppa e fa innovazione saltando senza esitazione i nostri ostacoli. Quella che per noi è disintermediazione, nei paesi emergenti dove la mediazione (del sistema bancario, delle reti elettriche, del welfare pubblico…) non c’è mai stata, è opportunità per qualsiasi individuo di emergere e fornire un servizio. Quella che per noi è disruption, rottura, rivoluzione, lì è creatività e innovazione.

Sfido chiunque abbia un’idea per una startup a cercare seriamente online per verificare se nessuno, in qualche parte del mondo, non stia tentando di lanciare lo stesso prodotto, di offrire lo stesso servizio. Magari è ancora in fase di prototipo, o è rivolto a un mercato locale molto diverso. Magari è un’impresa già fallita un paio di volte. Ma è proprio per questo, per imparare dagli altri ed evitare gli stessi errori, che è utile guardare fuori, confrontarsi, entrare in rete e semmai mettersi in gioco a un livello più ampio.
Il punto è che comunque, se non lo facciamo noi, lo stanno già facendo loro.

Sì certo, bisogna sapere almeno l’inglese. Ma se diventa un alibi, vi dico ‘tranquilli, la traduzione simultanea è un servizio digitale che si va perfezionando’. Tra un po’ non sapremo neanche in che lingua sta scrivendo la persona da cui riceviamo i messaggi in chat perché li vedremo automaticamente tradotti nella lingua che abbiamo selezionato. Già succede con Facebook, no? Alla peggio, saremo tutti sottotitolati, come una serie su Netflix!

Più che di lingua, è questione di mindset. O si ha il coraggio di mettersi in gioco o non lo si ha. La buona notizia è che si può trovare…

Negli ultimi anni ho incontrato centinaia di persone molto molto più giovani di me che avevano già studiato o lavorato in diversi Paesi del mondo. Professionisti che se gli chiedi: “Dove abiti?” Ti rispondono ridendo: “Su Gmail”. Sono persone che non sono abituate a pensare in termini di confini nazionali, ma in termini di curiosità, opportunità e sperimentazione.. Insomma, in termini di confini da abbattere.

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Innovazione non è per forza inventare cose del tutto nuove, ma far collidere idee ed esperienze diverse per trovare soluzioni a problemi reali, che diventano prodotti e servizi utili, e dunque business.

E qui – dopo internazionale/nazionale – arriviamo alla seconda grande falsa dicotomia: lavorare tutto l’anno per sé e la propria famiglia, da un lato, e fare qualche ora di volontariato per gli altri e una donazione a Natale, dall’altro. Soprattutto in Europa siamo stati educati a pensare che o fai i soldi o fai del bene, come se fossero necessariamente due momenti distinti. Ebbene, non è affatto così.

La purpose economy è proprio questo. Un grande movimento di persone che mettono al centro del loro lavoro – qualunque esso sia – l’impatto sociale che attraverso quel lavoro vogliono avere. Un contributo consapevole alla comunità (locale o globale, non importa), a partire dalle questioni sociali che stanno loro più a cuore. Ed è dimostrato che ci si guadagna anche di più!

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Amani Institute, Post-Graduate Certificate in Social Innovation management, insegna proprio questo. Il corso è disponibile in due versioni: completamente digitale (dura 5 mesi) o ibrida (con 3 mesi online e 3 mesi in Kenya, India o Brasile).

Si aiutano le persone a capire innanzitutto se stesse, le proprie motivazioni e le proprie passioni per indirizzare le loro carriere verso ruoli che non drenano le loro energie, ma viceversa offrono continuo entusiasmo e motivazione. Eh sì, dovere e piacere possono coincidere e il tanto auspicato work-life balance non è altro che saper allineare le nostre competenze, le nostre passioni con ciò che è necessario (e dunque retribuito) là fuori!

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Grazie a esperti internazionali che l’innovazione la praticano e non si limitano a insegnarla in aula – si costruiscono il network e quelle skills che sono indicate ovunque come le più richieste dal mondo del lavoro: Leadership, Entrepreneurship & Management, Problem Solving e Creatività con il Design Thinking, e infine Comunicazione. In un mercato che già comincia ad essere stravolto da robot e intelligenza artificiale, sono queste le competenze che permetteranno di rimanere utili e attivi. Sono i pilastri che sostengono il mindset giusto per qualsiasi carriera di domani.

Jerry White, co-vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 1997 per la campagna contro le mine antiuomo, con i Fellow di Amani Institute durante una lezione di Strategia

Infine si sperimenta, si mette in pratica, l’unico vero modo per imparare degli adulti. Tutti i fellow durante il programma devono ideare e prototipare un progetto di innovazione sociale. Perché anche all’interno delle grandi aziende c’è un bisogno disperato di Intra-preneur, ovvero di dipendenti pieni di iniziativa e determinazione per mettere in atto il cambiamento.


INFORMAZIONI

Il corso in Social Innovation Management di Amani Institute è disponibile in due versioni: completamente digitale (dura 5 mesi) o ibrida (con 3 mesi online e 3 mesi in Kenya, India o Brasile).