di Riccardo Noury e Monica Ricci Sargentini
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Minori |

I giocattoli vendutissimi della Disney, quelli della Piston Cup con Saetta McQueen, the King and Chick Hicks, sono prodotti in una fabbrica cinese che utilizza lavoro minorile e sfrutta fino allo stremo delle loro forze i lavoratori adulti. L’inchiesta condotta sotto copertura è stata condotta con l’aiuto di Sacom, un gruppo per la difesa dei diritti umani che aveva già svelato gli abusi commessi dalla Apple in Cina. Secondo le accuse alcuni dei 6mila dipendenti devono lavorare 120 ore extra al meseper riuscire a soddisfare la domanda dei negozi occidentali. La fabbrica Sturdy Products ha sede nella città di Shenzhen e confeziona, tra gli altri,  i prodotti della Mattel, la compagnia che il mese scorso ha annunciato profitti per 48 milioni di dollari.  Fra i marchi ci sono anche le Barbie, i giocattoli della Fisher Price, il trenino Thomas e molti altri.

I lavoratori sono stati prima intervistati quando non erano in azienda e poi un investigatore ha passato un mese lavorando nella Sturdy Products per verificare le informazioni ricevute e raccoglierne delle altre.

Tra le accuse raccolte dalla Sacom:  l’utilizzo di minori al di sotto dei 14 anni, l’uso indiscriminato degli straordinari, un ambiente di lavoro malsano dove i dipendenti vengono spesso maltrattati, la mancanza di un’adeguata ventilazione e l’uso di sostanze chimiche velenose.

 L’organizzazione ha messo in guardia i genitori dal comprare i giocattoli prodotti dalla fabbrica: “La Mattel, la Walmart e la Disney dicono sempre di rispettare le leggi locali e i codici di condotta delle loro compagnie ma le violazioni dei diritti umani alla  Sturdy Products provano che le loro dichiarazioni sono solo parole vuote”.

Disney, Walmart e Mattel hanno annunciato un’inchiesta indipendente sulla vicenda. “Appena abbiamo saputo delle accuse ci siamo mossi – ha dichiarato la Walmart in un comunicato – , se sono stati compiuti degli abusi agiremo subito di conseguenza”.

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erioferri 29 agosto 2011 | 17:06

Disney e Mattel come tutte le altre multinazionali che hanno appaltato la loro produzione in questi paesi del terzo mondo approfittando dello scarso livetto di diritti sindacali e della bassa tassazione, non si assumono nessuna responsabilità semplicemente perchè quelli non sono loro dipendenti!sono semplicemente fabbriche indipendenti a cui appaltano le loro commesse, quando scoppia uno scandalo come questo l’unica cosa che faranno al massimo sarà inviare i propri ordini presso altri appaltatori!visti i profitti, per loro il gioco vale la candela.

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Lutz! - CERN 29 agosto 2011 | 16:38

Non e’ che i prodotti fatti in cina a noi costino meno… Costano uguale a noi, e un decimo alle aziende. L’errore e’ stato esportare le tecnologie e le fabbriche, senza esportare la cultura del diritto del lavoro….

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SimoMelanie 29 agosto 2011 | 15:43

Nonostante sia una storia vecchia di qualche decennio, le cose non cambiano e le fabbriche italiane ed europee chiudono, il lavoro va dove costa meno ma i prodotti costano sempre più pur avendo un calo nella qualità… Quando non avremo più lavoro noi operai, andremo a cena dai signori imprenditori?!?… No faremo la fame e basta!

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tutti_uguali 29 agosto 2011 | 14:54

Se esistesse un marchio “Made in first world” per indicare beni prodotti esclusivamente in Paesi occidentali, quanta gente sarebbe disposta a pagare di più con l’obiettivo di salvaguardare mercati, salari e posti di lavoro in occidente?

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quetzalcoatl 29 agosto 2011 | 14:24

…fate la vostra bella inchiesta indipendente… peccato che sia troppo tardi!!! l’inchiesta ed i controlli li dovevate fare quando avete assegnato i lavori di produzione (e durante la produzione), non dopo che qualcun’altro si è accorto dell’accaduto! D’altra parte chissà che allettante offerta avevate ricevuto da questi sfruttatori… un’offerta che non potevate rifiutare, eh?

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Marco-Casale Monferrato 29 agosto 2011 | 13:00

Già se ne parlava nel libro sotto nel 2006, L’impero di Cindia è un libro di Federico Rampini, dicendo che le aziende erano diventate più sensibili ai dcontrolli se non altro per l’immagine.
Fatto è che non interessa a nessuno e qualcosa viene fatto solo quando arriva ai giornali. Sono gli operai e ala società cinese che devono ribellarsi. Deve essere un processo che viene dal basso verso l’alto e non viceversa in quanto altrimenti se ne parla soltanto sensa fatti concreti.

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Angel1 29 agosto 2011 | 12:54

perfettamente d’accordo con tutto quanto dici. In Cina, dove vivo, si lavora molto ma molto di piu’. I negozi sono aperti tutti i giorni della settimana dalle 10 del mattino alle 10 di sera nelle grandi citta’ e nessuno si lamenta, anzi !! per loro vuol dire avere un lavoro ed un guadagno. Poi e’ altrettanto vero che essendo un paese ancora molto povero ( e’ talmente grande che non si puo’ pensare che le grandi citta’ siano lo specchio della Cina vera) ci sono gli sfruttamenti. Ma chi sfrutta questa gente?? Mi sembra che si parli sempre e solo di clienti del west…quindi facciamo un esame di coscienza noi. E’ cmq anche vero che molti di questi operai chiedono di fare straordinari per prendere piu’ stipendio. Insomma, avranno anche mille difetti ma hanno voglia di lavorare….se imparassimo anche noi forse potremmo riprendere in mano il mercato italiano ma invece non mi pare ci siamo molta voglia di farlo!

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Lettore_727323 29 agosto 2011 | 11:25

Ma tutto in Cina e’ al di sotto di standard accettabili di diritti dell’uomo etc. la Cina non puo’ essere la fabbrica del mondo e produrre cosi’ tanto senza violare regole…la differenza e’ che tra lavorare 65 ore in campagna.. e 65 ore a fare un blackberry..molti cinesi preferiscono fare il blackberry…; il mondo sfrutta gente poverissima e il loro governo e’ tutto contento del sistema; i cinesi lavorano tantissimo, molto di piu’ degli italiani, ecco perche’ le imprese si trasferiscono in Cina…ma se mandiamo li’ i sindacati italiani…la fabbrica Cina chiude…non si puo’ essere ipocriti e ignorare la realta’ ci fa comodo sfruttare i poveri cinesi..cosi’ noi qua possiamo riempirci dibelle parole sui diritti dei lavoratori, e riempirci le tasche ripetendo da anni le stesse cose..creando rendite di posizione come spesso ci sono nel sindacato. Solo se gli italiani/europei hanno voglia di lavorare un po’ di piu’ ci saranno meno violazioni in Cina…Marchionne ci sta provando…a farlo capire…e poi alcuni cinese hanno davvero voglia di lavorare…provate a fare lavorare l’italiano medio il sabato e la domenica…

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Lettore_5279238 29 agosto 2011 | 10:51

Le ditte cinesi – la maggior parte di esse – hanno condotte simili anche in Italia, e a tutelare i poveri operai cinesi sfruttati e malpagati ci pensa ogni tanto la Guardia di Finanza quando li scopre. Per la Camusso pero’ pare non essere un problema.

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Lettore-1239295 29 agosto 2011 | 10:19

Il problema degli straordinari in Cina e’ molto complesso, purtroppo – dico questo da persona che vive e lavora in Cina da diversi anni, a contatto con realta’ produttive, e con solida esperienza di ispezioni, codici di condotta, responsabilita’ sociale ed affini. Senza prescindere dalla gravita’ di quando segnalato dall’articolo, senza negare la gravita’ di un orario di lavoro esageratamente lungo e senza soste, a volte sono gli stessi operai a richiedere di fare lavoro straordinario (fondamentalmente perche’ questo consente di percepire uno stipendio maggiore), e diventa davvero difficile bilanciare gli equilibri tra necessita’ dei dipendenti, esigenze aziendali e di organico e consuetudini locali. Quanto sopra e’ quello che succede in aziende che bandiscono il lavoro coercitivo e ogni forma di sfruttamento degli operai, pagano regolari stipendi e contributi, garantiscono i diritti dei propri lavoratori e quanto altro. Il tema e’ complesso, e meriterebbe un approfondimento a parte – purtroppo ad oggi non credo esista una soluzione univoca.