Il futuro del fumetto indipendente in Italia sembra particolarmente complesso, come si può capire leggendo le interviste (una e due) pubblicate nelle ultime settimane. Il caso di Makkox fa capire che con determinazione e serietà si può creare un rapporto con il pubblico e gestire una carriera lontana dall’editoria classica. L’esempio di Pagani e Caluri fa pensare che sia possibile costruire un ponte tra vecchio e nuovo; hanno pubblicato da soli un progetto indigesto a tutta l’industria mainstream, e il loro successo ha convinto editori importanti ad investire su di loro. Ma queste sono eccezioni; la situazione in generale non è molto rassicurante, e non è solo un problema del fumetto, ma dell’industria culturale del paese, in generale.

La storia della cultura in Italia ha visto da sempre una certa separazione tra creativo e imprenditore/produttore. L’influenza notevole del cattolicesimo e del comunismo nella vita intellettuale del paese ha creato una naturale diffidenza per l’abbondanza, il successo e l’espansione. Ma in un paese povero di cultura si può raggiungere il prossimo solo se si ha una spinta in avanti notevole, e risorse adeguate. In questo senso avere diffidenza dei soldi non ha senso, i soldi corrompono solo chi non è interessato a comunicare. Alessandro Baricco ha scritto molte cose interessanti in questo senso, suscitando però più perplessità che entusiasmi nell’establishment culturale del paese.

Il gap tra imprenditore e creativo in Italia è sempre enorme, quando la comunicazione tra le due figure è fondamentale, sopratutto in un momento di grossi cambiamenti come quello attuale. In questo senso l’approccio all’idea di vendere dei nostri intervistati è particolarmente illuminato. È una tensione a raggiungere il prossimo in maniera limpida, con consapevolezza delle dinamiche del mercato e della necessità di imparare a “sedurre” il potenziale lettore senza mai “fotterlo”. Ma tantissimi altri non hanno strumenti per capire come raggiungere il pubblico, credono non sia loro responsabilità. Cercano editori, delegano a loro la distribuzione, e spesso si lamentano se il rapporto non funziona. E senza un rapporto sano con l’artista, gli imprenditori a loro volta non crescono. Le diverse industrie non si connettono tra loro; non riescono ad adeguarsi al presente, e questo nonostante esempi più o meno storici come la scuola Disney in Italia o il caso Winx. Questo crea situazioni paradossali: come mai in un paese dove si producono così tanti fumetti di qualità con ottime storie le sceneggiature dei film e delle serie TV sono generalmente pessime? Il rapporto tra cinema e fumetti sta esplodendo in tutto il mondo, da Ichi the Killer passando per Oldboy e Il Cavaliere Oscuro. Dylan Dog viene invece trasformato in un film statunitense che evidentemente non è stato pensato con l’apporto di chi ha rispetto per il personaggio.

Nel futuro, se vogliamo avere una scena fumettistica indipendente di un certo livello, sarà necessario colmare il gap tra chi vuole creare, chi vuole produrre e chi vuole distribuire. Alla cultura italiana, e al fumetto, serve senso d’impresa (cosa che non manca a Makkox, Pagani, Caluri, o ai nostri Hive Division). Gli esempi al di fuori del nostro paese sono tanti: chi ha seguito il fenomeno Penny Arcade ha potuto assistere ad un esempio straordinario di un progetto capace di costruire un “impero” partendo da zero e senza mai perdere un briciolo di integrità. La discussione sui webcomic negli Stati Uniti è molto attiva da anni, e ha preso piede anche in Inghilterra. E mentre in giro per il mondo le soluzioni alternative al finanziamento per le opere creative, le difficoltà avute dai primi network di crowdfounding nel nostro paese fanno capire quanto sia difficile coinvolgere la gente. Ma qualcosa si sta muovendo. Le nuove leve devono assolutamente dimostrare più dimestichezza con tutti gli aspetti della creazione delle loro opere, o il futuro sarà grigio.

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Emilio Bellu

Scrittore, cineasta, giornalista, fotografo, musicista e organizzatore di cose. In pratica è come Prince, solo leggermente più alto e sardo. Al momento è di base a Praga, Repubblica Ceca, tra le altre cose perché gli piace l'Europa.

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1 Comment

  1. Direi che una bella intervista al re dei blogger fumettisti italiani RROBE (aka Roberto Recchioni), che parla spesso e con cognizione di causa su questi temi, sarebbe cosa alquanto gradita!

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