Workation Professionale per Nomadi Digitali: il Mio Racconto da Inviata Speciale

Sono di ritorno dalla prima workation professionale per nomadi digitali che si è tenuta a Marina di Ragusa dal 3 al 12 maggio: ecco come è andata!

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Eleonora Malacarne: Ho vissuto in Spagna per sei anni, al termine dei quali sono partita per un viaggio in solitario in India. Se prima sognavo solo di ripetere questa esperienza, ora spero di farlo un giorno da nomade digitale. Mi piacerebbe trasformare la mia passione per i viaggi, le danze indiane e la scrittura in una professione online che mi permetta di vivere e lavorare viaggiando.

Pubblicato il: 23 Maggio 2017 | Categoria:

Da qualche giorno sono ritornata dalla prima Workation Professionale per Nomadi Digitali, che si è tenuta a Marina di Ragusa dal 3 al 12 Maggio.

Sono enormemente felice di aver avuto l’opportunità di partecipare a questa esperienza innovativa, che mi ha dato davvero tanto sotto il punto di vista umano e professionale, permettendomi di conoscere persone con cui da diverso tempo avevo avuto occasione di confrontarmi online e mai di persona e facendomi scoprire una terra a dir poco meravigliosa: la Sicilia!

Ma andiamo con ordine, in questo articolo ti racconterò passo passo come sono venuta a conoscenza di questa workation, quali erano le mie aspettative e come sono andati questi dieci giorni di lavoro-vacanza-convivenza con gli altri miei compagni di viaggio.

Come ho saputo dell’esistenza di questa Workation?

Seguendo attentamente i canali di Nomadi Digitali sono venuta al corrente del fatto che Svimed, onlus siciliana da anni impegnata in progetti europei di sostenibilità per il territorio a livello nazionale ed europeo con comune denominatore il rispetto dell’ambiente, era alla ricerca di 6 figure freelance, nomadi digitali, che sarebbero stati incaricati di progettare e realizzare una campagna di comunicazione. Tale campagna avrebbe avuto il fine di sensibilizzare turisti e operatori del settore ad una gestione più sostenibile delle risorse energetiche, idriche e di riduzione dei rifiuti nelle aree turistiche costiere del Mediterraneo.

I professionisti selezionati avrebbero realizzato la campagna lavorando tutti assieme sul posto, in Sicilia e in particolare in provincia di Ragusa, uno dei 5 partner promotori del progetto di sensibilizzazione, concretizzatosi nella creazione e promozione di un marchio, ConsumelessMed.

Il marchio-etichetta ConsumelessMed punta alla riduzione dei consumi di acqua, energia e alla diminuzione dei rifiuti oltre che alla valorizzazione del patrimonio storico, naturale e culturale delle nazioni coinvolte (Malta con Gozo, Italia con i comuni di Ragusa e Realmonte, Spagna con Velez Malaga, Grecia con Naxos e Albania con Saranda).

Fin da subito questa opportunità mi è sembrata irripetibile ed ho presentato la mia candidatura. Quanto da me presentato non è rientrato tra i finalisti, ma, con mia grande gioia, mi è stata prospettata la possibilità da Svimed e Nomadi Digitali di poter collaborare alla comunicazione esterna dell’evento e come supporto per il team.

Ecco che quindi ho deciso di partire e di poter vivere in prima persona questa esperienza, unendomi al team di professionisti incaricato di promuovere il marchio ConsumelessMed.

Che cosa mi aspettavo di vivere durante questa esperienza di Workation?

Prima di partecipare a questo evento, avevo una vaga idea di che cosa fosse una workation. Spesso avevo usato questo termine per spiegare cosa mi è capitato di fare spesso nell’ultimo anno, e cioè andare alla scoperta di un posto nuovo portando con me il mio computer e quindi il mio lavoro, con la condizione imprescindibile di trovare una connessione ad Internet che mi permettesse di continuare a svolgere le mie mansioni.

Scambiando opinioni con altre persone mi sono resa conto che ci sono in realtà veri e propri pacchetti per workation, un po’ come accade per chi fa vacanze tradizionali, che solitamente prevedono una sistemazione, l’uso di uno spazio di coworking e magari la partecipazione a qualche evento. Devo dire che mi è anche capitato di recarmi in posti dove c’era uno spazio di coworking e si prospettava il networking come opportunità, ma nelle poche occasioni che ho avuto mi è parso poco naturale, limitato spesso al mero scambio di convenevoli e poco costruttivo, ognuno infatti lavorava ai propri progetti personali e non si sono mai verificate le premesse per una collaborazione reale.

In questo caso invece, trattandosi di una Workation professionale, ognuno dei partecipanti avrebbe avuto un compito ben preciso all’interno di un progetto stabilito a monte, e sarebbe quindi stato interessante vedere da persona coinvolta, dei professionisti impegnati in un progetto che io stessa avrei conosciuto, di cui ognuno avrebbe curato una parte in particolare.

Oltre a questo, avevo alcune motivazioni personali per partecipare. Da circa un anno infatti lavoro remotamente per un’azienda irlandese ed alterno questa attività a quella di traduttrice e scrittrice di contenuti web. Dal momento in cui questa mia scelta è diventata realtà ho vissuto momenti di grande soddisfazione e sostegno da parte di molti amici, ma purtroppo anche di profonda incomprensione da parte di altre persone. Per questo motivo, ritenevo che conoscere dei nomadi digitali “navigati” mi avrebbe aiutato a confrontarmi con delle realtà affini alla mia.

E poi, oramai da 4 anni collaboro con Nomadi Digitali e non vedevo l’ora di conoscere le persone con cui fino ad ora avevo avuto solamente contatto attraverso skype, l’email o le pagine di Nomadi Digitali o dei loro blog: sto parlando innanzitutto di Alberto Mattei, a cui scrissi nel lontano 2012 con l’ambizione di diventare location independent in seguito al mio primo viaggio in India in solitario (e ne sono successe di cose da allora!), di Toni Bullo, di cui ho letto la storia in questo sito per poi scoprire che conoscevamo anche qualcuno in comune in India (il mondo a volte è davvero piccolo!) e naturalmente di Armando e Mel, che da 5 anni lavorano vivendo in un furgone camperizzato. A loro si sarebbero uniti Giulia, Christian e Carlo, di cui pochi giorni prima della partenza avevo appreso il background: in realtà conoscevo già il lavoro di ognuno di loro ma non conoscevo la persona che ci stava dietro.

Un gruppo davvero interessante ed eterogeneo, a cui si sarebbe unita la nostra famiglia siciliana..

Come si è svolta la Workation?

La workation ha avuto luogo dal 3 al 12 maggio a Marina di Ragusa, dove abbiamo trovato una splendida casa pronta ad accoglierci, Villa Magda, e il team di Svimed, capitanato da Barbara coadiuvata da Emilia, Fabrizia, Antonella, Letizia, Susanna e Giovanni Iacono, presidente di Svimed.

Il lavoro al progetto però non è iniziato con la Workation, ma i partecipanti al progetto hanno iniziato a lavorare alla fase preliminare ognuno per conto suo all’incirca un mese prima dell’inizio, a selezione avvenuta, coordinati da Alberto.

Inizialmente Alberto, come project manager, ha ideato e sviluppato il progetto di comunicazione online e la strategia di comunicazione da seguire per il lancio del marchio ConsumelessMed. Innanzitutto ha cercato di capire quali fossero gli obiettivi di Svimed e del marchio e successivamente li ha concretizzati in un piano di comunicazione che prevedeva la creazione di un sito Web, di una campagna social oltre a uno storytelling e un video-storytelling, che il team ha sviluppato prima e durante la workation.

Nella fase di pre-workation, Carlo ha creato la base del sito web, coadiuvato da Toni per la grafica di front end, Giulia ha collaborato con Mel nella creazione di contenuti testuali da inserire, Armando ha iniziato a registrare del materiale video da inserire nei video dedicati alle destinazioni e ha lavorato alla videoanimazione da inserire nel sito. Mel ha creato un testo per il voiceover della stessa che ha poi lei stessa registrato e Chris ha iniziato a progettare la strategia da attuare nei social network, aiutato da Toni e Armando per video e immagini e da Giulia e Mel per la parte dei testi.

In seguito a questo lavoro preparatorio e quindi in piena workation è stato praticamente inevitabile collaborare tutti insieme per arrivare al risultato finale di un sito-piattaforma che racchiudesse il lavoro di ognuno così come dei canali social e che fungesse da “pilota”/modello per gli altri partner del progetto (Malta, Albania, Grecia e Spagna).

Il lavoro di squadra è stato il vero e proprio fulcro della workation, durante la quale abbiamo inoltre alternato sessioni di lavoro alla scoperta del territorio. Queste infatti sarebbero andate a costituire un elemento fondamentale, lo storytelling del territorio, che avrebbe fatto parte della piattaforma e dei social network: in seguito alla visita di strutture che hanno deciso di registrarsi per il marchio ConsumelessMed e di eccellenze locali, Giulia ha creato lo storytelling di base per i nuovi contenuti del sito, che Mel ha poi revisionato in lingua inglese e Armando il video-storytelling.

La piattaforma è stata presentata alle istituzioni locali il 12 maggio presso una sede del Comune di Ragusa, riscuotendo grande successo.

Naturalmente non abbiamo solamente lavorato, ma anche condiviso momenti all’interno della casa e fuori, cucinato assieme (anche se Toni ha avuto un ruolo più rilevante in questo, da bravo “zio”), riso e non sono mancati i piccoli battibecchi all’insegna del miglior “Grande Fratello”. Se hai seguito l’evento facebook dedicato alla cronaca della Workation, che ho aggiornato personalmente, te ne sarai sicuramente accorto 😉

Qual è la mia opinione sulle Workation dopo aver vissuto quest’esperienza?

Sicuramente questa Workation era diversa dalle altre, in quanto non solo occasione per dei professionisti e nomadi digitali di lavorare “in un contesto e in un luogo tipicamente di vacanza”, in questo caso infatti e per la prima volta in Italia è stata proprio l’organizzazione a dare lavoro e retribuire i professionisti impegnati.

Credo che, se da una parte avrei più di qualche dubbio ad acquistare una workation-pacchetto turistico vista la mia esperienza e dato che mi piace fare da sola anche per organizzare viaggi tradizionali, non avrei invece nessuna esitazione nel ripetere un’esperienza come questa.

Il fatto di essere a contatto con dei professionisti e lavorare tutti assieme ad un progetto comune mi ha permesso non solo di soddisfare le mie aspettative personali, ma anche di imparare molto sui contenuti, sui social network e su altri aspetti di un progetto di comunicazione online e della sua organizzazione anche solo “per osmosi” attraverso l’esperienza sul campo (se vogliamo, un po’ come potrebbe avvenire attraverso un’esperienza in un’azienda tradizionale, anche se in soli 10 giorni non è possibile arrivare a tanto).

Oltre a questo, credo che durante il lavoro tutti assieme siano emerse vere opportunità di scambio di idee e networking: credo sia fondamentale, qualora si sceglie un collaboratore per un progetto importante, andare oltre i semplici convenevoli, vedere come lavora, se si tratta di una persona realmente esperta e se comunica e reagisce velocemente e responsabilmente quando gli/le viene affidato un incarico.

Spesso basta dare un’occhiata al sito personale o al profilo Linkedin di una persona e a quanto questi siano curati per capire se questi possa fare al caso nostro, ma a volte non è così scontato e l’esperienza sul campo aiuta anche a scoprire se potersi fidare di quel professionista al punto di consigliarlo a una terza persona. In poche parole: per me non è sufficiente una birra al bar per dire “conosco la tal persona che può fare questo lavoro”, anche se devo ammettere che è l’approccio che molti hanno online.

Umanamente è stato costruttivo conoscere altri nomadi digitali, stringere amicizie, vedere come è possibile avere molto in comune con alcuni e meno con altri, e conoscere anche lo staff di Svimed che si è fatto in quattro per organizzare qualcosa senza precedenti, insomma: mettere assieme tante persone diverse con il fine comune di finalizzare questo progetto pilota.

Ci sono stati anche degli aspetti meno positivi. Purtroppo abbiamo avuto qualche problema con la connessione ad Internet che non è sempre stata magnanima e a volte ha causato qualche rallentamento, ma questo per me è avvenuto in location anche più blasonate come mete di nomadismo digitale, ad esempio le Isole Canarie. I contrattempi sono all’ordine del giorno in qualsiasi lavoro ed è importante saper reagire con prontezza.

Oltre a questo, a volte è difficile conciliare il (diverso) modo di lavorare di più persone. Io ad esempio, soprattutto per tradurre o scrivere dei testi, ho bisogno di essere in silenzio o molto concentrata. Per alcuni compiti che devo svolgere da freelance, come ad esempio un testing di un sito web dopo la traduzione, in alcuni casi devo seguire una checklist ben determinata, un modo specifico di riportare i problemi o magari devo riprodurre un errore funzionale che trovo in un sito più volte per poterlo descrivere accuratamente.

Mi è capitato in esperienze di ufficio di dover caricare contenuti con alle spalle una trentina di persone dedite al lavoro di call center oppure di vedere persone che si “piazzavano” letteralmente davanti a me a parlare del più e del meno invece di uscire in corridoio. Spesso, oltre a pregare le persone di cambiare posto ove possibile e se la conversazione non trattasse temi lavorativi, risolvevo questi inconvenienti con della musica in cuffia che mi isolava dall’esterno, ma quando l’ambiente inizia ad essere molto frequentato come nel caso di Villa Magda, il continuo movimento di persone provoca comunque un po’ di confusione. Sarebbe quindi preferibile, a mio parere, avere diversi ambienti in cui ognuno singolarmente si può “tuffare” nel lavoro con concentrazione oppure stabilire delle regole sulla condivisione dello spazio. Questo però è il problema anche di alcuni coworking, in cui ho avuto a volte l’impressione di essere la sola a lavorare davvero…

Infine, credo che a volte il nostro modo di essere e la nostra personalità, proprio come accade in un ufficio, possa in qualche modo condizionare il modo in cui lavoriamo. Potrei per esempio non stare simpatica a qualcuno e doverci lavorare: lì sta alla professionalità di ognuno saperlo fare allo stesso modo con tutti, proprio come avviene nel mondo aziendale.

Oltre a questo, la pressione e la convivenza a volte ci mettono sotto stress e ci fanno assumere comportamenti esagerati, alzare la voce o discutere troppo animatamente. Si tratta di aspetti secondo la mia esperienza tipici del lavoro nel mondo del turismo: ho lavorato per qualche anno in hotel e spesso, oltre che lavorare assieme, si mangia e si dorme tutti sotto lo stesso tetto e di tempo per riposare ce n’è davvero poco – questo può sfociare positivamente in grandi intese oppure, soprattutto in tempi di piena stagione, in litigi e discussioni. Anche la workation non ne è stata totalmente esente. La cosa importante è rientrare nei ranghi e lasciare qualsiasi cosa personale in secondo piano, per dedicarsi pienamente alla realizzazione del progetto.

In ogni caso, qualsiasi aspetto o esperienza positiva o negativa, aiuta ad imparare e a non ripetere magari errori “la prossima volta”…

… A proposito… ma quando si fa un’altra workation?

Con questo articolo vorrei ringraziare tutte le persone che hanno fatto parte di questa esperienza e anche te, che l’hai seguita attraverso i canali social o che stai finendo di leggere questo articolo.

Ti invito se hai curiosità sulla workation o magari qualche suggerimento alla luce dell’articolo a scrivere nei commenti qui sotto.



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