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Si dice spesso che fare startup è un lavoro difficile. L’80-90% di chi avvia una startup fallisce e, tra coloro che non falliscono, sono pochi quelli che realmente hanno successo. Tutto vero.

Si parla invece molto meno del lavoro di chi investe in startup (avevo già toccato il tema in un altro post). I cosiddetti venture capital.

Sembra un lavoro molto bello e semplice scegliere i cavalli su cui puntare. Ma nella realtà non lo è … per niente.

Al riguardo, vi riporto un esempio semplice che fa Fred Destin.

Immaginate di gestire un fondo di venture capital da cinquecento milioni di dollari (un sacco di soldi).

Assumiamo che si investa solo in series A o B round (ossia che non si facciano investimenti seed). A spanne (considerando i follow-up round) significa investire in circa 30 aziende.

Assumendo di essere molto bravi nella negoziazione, ipotizziamo che si riesca a ottenere inizialmente il 20% da ogni azienda in cui investiamo (percentuale che poi verrà diluita se l’azienda necessita di round di investimento successivi, come è probabile).

L’obiettivo minimo – dato il profilo di rischio – è generare un ritorno di 3X (per mantenere l’esempio semplice, dimentichiamoci di management fee e carried interest, ossia assumiamo che si lavori gratis. Se non vi fossero chiari questi termini, vi rimando alla lettura di questo post precedente). Ossia dobbiamo generare 1,5 miliardi di dollari ($1.5B). Poco?  “That’s a truckload of hard-to-get cash“, citando Fred.

Sotto una combinazione di risultati (“exit“) necessari per generare $1.5B:

  • una startup fa una exit fenomenale, da $4B,  e restituisce tutto il capitale investito nel fondo (assumendo una quota del 12.5% al momento della exit, significa portare a casa $500M)
  • altre quattro startup fanno ottime exit, con $1B in media (e tornano indietro altri $500M)
  • il resto del portafoglio – 25 aziende – deve generare altri $500M (non banale, considerando che molte non avranno una exit e altre non sopravviveranno)

Significa produrre e vendere 5 unicorni e una dozzina di altre exit. Non è una passeggiata.

Un buon investitore, sempre richiamando le parole di Fred Destin, deve riuscire sistematicamente ad avere:

Access: ovvero accesso alle migliori startup al tempo del loro series A o series B. Quindi deve essere super connesso e avere una grande reputazione.

Upside: ovvero investire solo in startup che hanno “unlimited upside”. Non c’è spazio per buone aziende. Solo aziende che possono fare il botto, ossia exit sopra il billion dollar.

Impact: ovvero essere in grado di investire a termini ragionevoli. In Silicon Valley abbiamo l’opportunità di investire in molte delle aziende più interessanti. Ma in molti casi le valutazioni e le condizioni sono proibitive.

Come detto, per nulla semplice né scontato. Lavoro dannatamente difficile quello dei Venture Capital, nonostante da fuori non sembri.

It’s REALLY challenging to make the venture model work”. 


Il BTW di Alberto Onetti
Commenti su startup, innovation, scaleup, entrepreneurship dal Chairman di Mind the Bridge.

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