Celebrata la Messa nel Trigesimo di mons. Cosulich a S. Antonio Vecchio, di Francesco Tolloi

Affidata alla misericordia di Dio la lunga vita sacerdotale di don Mario, Vita Nuova, 29 novembre 2019

Riproduciamo il testo dell’articolo pubblicato sul settimanale della diocesi di Trieste «Vita Nuova» sulla Messa solenne di requiem per il trigesimo del nostro Amico mons. Mario Cosulich. Sono state rispettate le sue volontà e il giornale ne ha dato notizia. Una maniera normale opportuna giusta di applicare il Mp Summorum Pontificum.

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Venerdì 22 novembre è stata celebrata una solenne santa Messa da Requiem nel Trigesimo di mons. Mario Cosulich, preposito del nostro Capitolo Cattedrale, presso la chiesa della Beata Vergine del Soccorso. La celebrazione è avvenuta in lingua latina secondo l’antico messale romano (di san Pio V), secondo le previsioni del motu proprio Summorum Pontificum del pontefice emerito Benedetto XVI. Era un desiderio che mons. Cosulich aveva molte volte espresso e che don Paolo Rakic ha voluto esaudire con la collaborazione di alcune persone che gli sono state vicine e del gruppo di coloro che, nella parrocchiale, si ritrovano per la celebrazione della messa in forma antica al primo venerdì del mese.

«Era proprio il pomeriggio precedente la sua morte, si avvertiva con evidente chiarezza, il venire progressivamente meno delle sue forze, ma la sua acuta lucidità ancora non mancava di stupire. Mi avvicinai e mi chiese in modo molto diretto questo, ed oggi siamo qui a suffragare la sua anima e ad onorare la sua memoria, con questo rito che, nella liturgia dei defunti, ha l’innegabile pregio di mettere davvero a nudo il sentimento dell’uomo posto dinnanzi al mistero della morte». Così don Paolo si è espresso — parlando “a braccio” — all’inizio dell’Orazione funebre che nella forma antica del rito romano, in queste circostanze, si tiene alla fine della Messa, qualche momento prima di compiere il fortemente evocativo rito dell’absolutio ad tumulum.

Don Paolo ha voluto ricordare che fuil parroco della sua infanzia — e dunque della sua prima comunione — nel rione cittadino di San Giacomo, una San Giacomo molto diversa da quella attuale, quartiere popolare e popoloso ancora connotato da dinamiche e tensioni «che ricordano quelle così brillantemente descritte dal Guareschi». Ma don Mario, dopo i lunghi anni di parrocato a San Giacomo, fu cerimoniere vescovile: «Mi fu ancora una volta maestro, con la sua precisione e sicurezza nelle sacre cerimonie sapeva trasmettere una grande verità: le cerimonie non sono un accessorio ma una parte essenziale della sacra liturgia e sono perciò connaturate alla nostra fede».

Dunque ha avuto luogo il rito dell’Assoluzione al Tumulo: questo allude alla tomba e ricorda l’epoca in cui nelle chiese frequenti e numerose erano le sepolture, si noterà che esso è solo all’occhio superficiale o prevenuto lugubre, il simulacro del sepolcro è infatti circondato da numerosi lumi accesi, segno che per il cristiano la morte è rischiarata dalla speranza che ci è dato di nutrire stante il trionfo su di essa da parte di Cristo. Sopra il tumulo — come si costuma — erano posti due segni molto allusivi alla vita di don Mario: la stola, simbolo forse tra i principali del sacerdozio che mons. Mario Cosulich aveva ricevuto nel lontano 1943 e la berretta violacea — un tempo caratteristica dei canonici dei capitoli delle città principali dell’Impero e dunque di Trieste — che alludeva al suo ufficio di canonico — e poi di preposito — cui fu chiamato nel 1982. La parte musicale del sacro rito è stata affidata al Tergeste vocal ensemble, ancora una volta ospite della parrocchia, che ha proposto brani di T. L. da Victoria e M. Haller.

Cfr. «Vita Nuova», 29 novembre 2019, p. 14.

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