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Rapporto Coop conferma l'alba di una ripresa dei consumi degli italiani

Economia
Rapporto Coop conferma l'alba di una ripresa dei consumi degli italiani
(Teleborsa) - L’Italia comincia a intravedere nel 2015 l’anno della svolta.

E’ quanto emerge dal rapporto Coop 2015 sulla "Situazione delle Famiglie italiane e i trend di consumo", secondo il quale si è interrotta la caduta del potere d’acquisto dei consumi della famiglie, anche se ritornare ai livelli pre-crisi non sarà facile.

Dal 2007 ad oggi la crisi è costata in totale 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e 75 miliardi di minori consumi), anche se senza inflazione i salari rallentano ma il potere d’acquisto recupera: il rafforzamento dei consumi passa anche attraverso un cambiamento delle aspettative. Dopo molti anni di difficoltà è in parte normale che i consumatori stentino a modificare in una direzione più ottimista le attese sulle prospettive dell’economia. I timori sulla tenuta del posto del lavoro, la percezione di incertezza sui livelli futuri delle prestazioni pensionistiche, e la stessa eventualità che vi possano essere nuovi inasprimenti della tassazione, influenzano le decisioni di spesa. D’altra parte il tasso di risparmio delle famiglie è attualmente su valori inferiori a quelli precedenti la crisi.

Il 2015 è iniziato finalmente con una variazione del PIL italiano di segno positivo. Anche l’Italia ha così avviato una fase di recupero, seguendo l’inversione di tendenza già in corso nelle altre maggiori economie europee. Tali risultati arrestano una tendenza cedente durata diversi anni.

I primi passi della ripresa italiana sono stati ancora molto graduali, confermando un gap negativo rispetto alle altre maggiori economie dell’area euro.

La Germania continua a crescere, ma senza riportarsi su ritmi di crescita elevati a causa dell’embargo agli scambi commerciali con la Russia.

In Francia i primi passi della ripresa sono ancora molto graduali. Fra le economie dell’Eurozona si distingue nella fase più recente il caso della Spagna, che mostra migliori condizioni di forma.

Uno dei nodi centrali del quadro economico del 2015 è rappresentato dalle tendenze del mercato del lavoro. Le misure introdotte con il “Jobs act” sono state rafforzate con sgravi contributivi di entità rilevante a favore delle nuove assunzioni di lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Altre misure sono intervenute, andando nella direzione della riduzione del cuneo fiscale: il bonus degli 80 euro a favore dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi e l’eliminazione della componente IRAP sul costo del lavoro.

Naturalmente, la reazione del mercato del lavoro a provvedimenti di riforma che hanno l’ambizione di modificare i comportamenti in maniera strutturale può essere valutata solamente dopo un lasso temporale esteso, di almeno un paio d’anni. I primi dati paiono comunque puntare nella direzione di un incremento delle assunzioni con il nuovo contratto a tutele crescenti, in parte in sostituzione delle assunzioni con contratto temporaneo. Anche se ci vorrà tempo prima di riuscire ad intaccare lo stock dei disoccupati.

Un'altra nota dolente è il divario che si nota tra Nord e Sud visto che i dati sono chiari: la percentuale di inattivi al Sud è quasi doppia rispetto alle regioni del Nord; è questa la vera distanza fra le due parti del Paese, spiega il report.

A questo vanno poi aggiunte le condizioni ben più penalizzanti che caratterizzano l’occupazione al Sud rispetto alle regioni del Nord; in particolare, è molto diverso il tasso di irregolarità. Se nelle regioni settentrionali su 100 persone in età lavorativa, 69 hanno un occupazione, dei quali 68 hanno un’occupazione regolare, nelle regioni del Mezzogiorno gli occupati sono solamente 45, dei quali solo 36 in regola.

Infine qualche curiosità sulle abitudini dei nostri connazionali, che sono i più "palestrati" e i più connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su internet tra pc e smartphone) e fanno più attenzione alla salute, visto che mangiano la stessa quantità di cibo degli anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno), ma si è profondamente modificata la dieta alimentare: impazziti per il bio da un lato (+20% all’anno), cresce anche il “cibo della rinuncia”, con un aumento di vegetariani (sono il 10%) e deivegani (il 2%). La parola d’ordine dei nuovi italiani è wellness, star bene ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool, meno fumo).
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