Il tennis, l’Italia, gli amori: da McEnroe alla riviera

Giorgio Galimberti, la seconda vita del campione che sogna in azzurro

Il tennista Giorgio Galimberti mentre allena gli azzurri prima della sfida Italia-Inghilterra  di Coppa Davis

Il tennista Giorgio Galimberti mentre allena gli azzurri prima della sfida Italia-Inghilterra di Coppa Davis

Rimini, 5 aprile 2015 - TUTTO inizia da una spalla. Ma prima vengono 25 anni con la racchetta in mano e il braccio sinistro di Dio, John McEnroe. C’è molto altro nella vita di Giorgio Galimberti, 39 anni, milanese, e sta quasi tutto dentro il rettangolo del campo da tennis. I sei anni in maglia azzurra, la finale del Roland Garros junior, i tornei dello Slam, il n. 115 del ranking mondiale. Ma bisogna tornare a quel dolore alla spalla e a Carlton Myers, il campione di basket, che un giorno del 2006 gli butta là: «Giorgio, ti interessa un appartamento a Rimini?».

«Gli diedi retta, comprai casa sulla darsena di San Giuliano e iniziò la mia seconda vita in Romagna». A 15 anni, giovane promessa del tennis italico, era approdato al centro tecnico nazionale di Cesenatico. «Ero un ragazzino, ma rimasi folgorato dalla qualità della vita, dagli amici e dal clima che si respirava. Il mestiere del tennista ti porta in giro per il mondo. Il circuito e poi New York, dove mi trasferisco nel ’99 e per due anni mi alleno con McEnroe. E di nuovo in Italia, la Coppa Davis, le vittorie nei tornei Atp».

Galimberti, restiamo in campo: la spalla...

«Per un infortunio sono costretto a fermarmi. Decido di seguire la riabilitazione in Riviera, passa un mese, poi un altro, e da allora non mi sono più mosso da qui».

In storie così di solito c’è di mezzo una donna.

«Sì, Francesca. La incontro in un locale del Marano, ma lei è fidanzata e scompare. Dopo sei mesi parlo di lei durante una cena e me la trovo seduta al tavolo accanto. Non cede ma insisto, lei mi tira avanti».

E al quinto set che succede?

«La spunto, e sono sei anni che stiamo insieme. Poi è arrivato Pietro, che adesso ha 21 mesi e un diritto pazzesco».

Gioca già a tennis?

«Praticamente aveva la mini racchetta nella culla».

Avrà letto il libro di Agassi? Del papà e del drago ‘sparapalle’.

«Ma no... Io ho avuto l’esempio di mio padre, patito di tennis ma con i piedi per terra. Il tipo di genitore che si vergognava quando il figlio minorenne andava a trattare il contratto con gli sponsor».

Gioca ancora, Galimberti?

«Me la cavo bene, e fino a quando mi diverto... Da anni gestisco la San Marino Academy, un’operazione che ha sfornato ragazzi di altissimo livello e un centro che fa invidia a realtà molto più grandi. Otto campi, 60 bambini dai 4 ai 6 anni, cinque maestri. Oltre a dirigerlo ho una società che si occupa della parte agonistica».

E fuori dal campo?

«Ci sono mio figlio e Francesca, gli amici di Riccione, il ‘Vicolo’ di viale Ceccarini e il Cafè del porto, poi in spiaggia, alla Baia Antigua. Sono fiero della mia riccionesità. Spesso giro l’Italia e vado all’estero per seguire i miei ragazzi nei tornei o la nazionale italiana in Coppa Davis e Fed Cup. E ogni volta sono felice di ritornare».

E’ vero che sogna la divisa di capitano azzurro?

«Ho sempre dichiarato che è un mio obiettivo. Quando Corrado Barazzuti lascerà, io sono a dispozione. Credo di avere le carte in regola: lavoro con i giovani, ho giocato ad alti livelli, e soprattutto sono malato di Italia. I momenti più belli della mia carriera sono in azzurro, scariche di adrenalina pura come quella volta contro la Spagna di Nadal».

Tanta passione, come per le donne. Con il rischio di prendere un warning. Com’è andata la storia con l’ex fidanzata attrice?

«Risale a molti anni fa, un mix di gelosia e pazzie, genere Attrazione fatale».

Video hot e minacce, la bionda e il tennista: una trama perfetta.

«E’ finita bene, almeno per me. Lei è stata condannata per diffamazione. E’ meglio riderci sopra, ma consiglio chiunque si trovi nella mia posizione di fare denuncia. I tempi della giustizia sono lunghi, ti pesa l’eco mediatico e speri che tutto finisca più in fretta, ma se hai ragione alla fine vinci».

Basta per portare a casa il match point?

«Se stai dalla parte giusta del campo hai buone probabilità di passare il turno».

Carlo Andrea Barnabè