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La blockchain migliorerà l’inclusione finanziaria, ma servono regole
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La blockchain migliorerà l’inclusione finanziaria, ma servono regole

di Marco Vignali
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Per Amundi, la promozione di sistemi di pagamento più rapidi e affidabili è un obiettivo che accomuna governi e banche centrali. Tuttavia è necessaria una regolamentazione, che potrebbe far diminuire l'interesse verso le criptovalute. La sfida sarà sfruttare i vantaggi dell’innovazione controllando i suoi eccessi

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La proliferazione delle criptovalute e la popolarità di questi asset tra gli investitori hanno spinto Vincent Mortier, deputy group chief investment officer, e Didier Borowski, head of global Viewsa di Amundi, a interrogarsi sulla loro natura, funzione, valutazione e sui loro potenziali sviluppi.

Ad oggi, secondo gli esperti, le criptovalute si trovano al crocevia tra innovazione tecnologica, finanza e politica monetaria. "Anche se una tale innovazione può essere prodromica a una forma più inclusiva di finanza, non può sfidare il monopolio delle banche centrali in termini di politica monetaria senza mettere a rischio l’intero sistema finanziario", evidenziano in coro, sottolineando che "spetta ai regolatori definire un quadro regolamentare che consenta di trarre vantaggio dallo sviluppo di queste attività senza mettere a rischio la stabilità macro-finanziaria".

Negli ultimi anni, lo sviluppo delle criptovalute e di tutte le attività finanziarie digitali è stato oggetto di molte pubblicazioni, e l’interesse nei loro confronti non è quindi nuovo. "Se è vero che le prime criptovalute sono state ideate dopo la Grande crisi finanziaria del 2008, è anche vero che il cataclisma scatenato dalla pandemia da Covid-19 ha messo loro le ali, tanto che il valore del bitcoin è aumentato di oltre sette volte in un anno", evidenzia Mortier.

Quest'evoluzione, secondo gli economisti quasi sicuramente di natura speculativa, suscita interrogativi sulla natura di queste attività, sulla loro funzione e sulla loro valutazione, facendo entrare in gioco molti temi diversi: l’innovazione tecnologica dirompente e la ricerca di una finanza decentralizzata e inclusiva, la crescente digitalizzazione delle nostre economie e anche la ricerca di nuovi porti sicuri, in un contesto in cui il debito pubblico tende a essere sempre più monetizzato nelle principali economie avanzate.

"È bene sottolineare fin da subito che la terminologia utilizzata è fonte di confusione: il termine generico criptovaluta mantiene l’idea che si tratti di una forma di moneta, una caratteristica che i suoi promotori le vorrebbero di certo assegnare. Tuttavia, le criptovalute non possiedono le tre qualità che caratterizzano la moneta sin dai tempi di Aristotele: infatti, fino a oggi, non sono né una comprovata riserva di valore, né un’unità di conto riconosciuta, e tantomeno un mezzo di pagamento universale", sottolineano i due esperti. Inoltre, dietro la sigla "criptovaluta" si nascondono realtà molto diverse. Se il bitcoin rappresenta all’incirca il 60% della capitalizzazione totale delle criptovalute (oltre 1.700 miliardi di dollari nel marzo 2021), il restante 40% è costituito da un vastissimo numero di prodotti estremamente eterogenei.

"Alcune di loro, dirette concorrenti del bitcoin, hanno, proprio come lui, una vocazione ufficiale a fungere da valute, pur svolgendo soprattutto il ruolo di riserva di valore: questo è il caso in particolare del Litecoin". Proprio a proposito di quest'ultima, Etc Group, fornitore specializzato di prodotti innovativi e garantiti da asset digitali, ha annunciato oggi il lancio su Xetra di LTCetc – Etc Group Physical Litecoin Etc, che avverrà mercoledì prossimo, 14 aprile. Il nuovo Etp replicherà il prezzo del Litecoin, offrendo agli investitori un prodotto di tipo istituzionale per prendere esposizione alla criptovaluta.

Oltre alle varie categorie di prodotti, ciò che è importante sottolineare è che la domanda non giunge più solamente dalla clientela retail. Il numero di società, investitori istituzionali e fondi d’investimento interessati soprattutto, ma non solo, al bitcoin, è in continua espansione. "La decisione più emblematica è stata quella di Tesla di acquistare, a inizio febbraio, bitcoin per 1,5 miliardi di dollari. Le piattaforme di pagamenti, come  Paypal, accettano ora i bitcoin come forma di pagamento", argomenta Mortier, secondo cui "visti questi sviluppi, sono ovviamente sorte delle aspettative riguardo a un forte aumento della domanda".

Le criptovalute, tuttavia, non presentano le caratteristiche tipiche delle attività. A differenza degli altri asset "la domanda e l’offerta non dipendono dai volumi scambiati di beni e servizi. Da un lato l’offerta è limitata, e dall'altra gli elementi determinanti della domanda possono variare nel corso del tempo e tra gli acquirenti. Non è quindi possibile stimare la domanda potenziale di queste “attività”, a meno che non vengano fatte delle ipotesi riguardo al ruolo preciso che svolgeranno in futuro", proseguono gli esperti.

Di recente, la stima di un ulteriore rialzo sembra essere stata la principale motivazione all’acquisto di bitcoin. "Se così fosse, il bitcoin sarebbe l’archetipo di una “bolla razionale”. Ciò detto, questa dimensione speculativa non esclude l’ipotesi che l'aspettativa di un rialzo sia fondata", argomenta Mortier, secondo cui la promozione di sistemi di pagamento più rapidi, più affidabili e più economici, sia a livello nazionale, sia tra le nazioni, è un obiettivo che accomuna gran parte dei governi e delle banche centrali, ed è dunque "innegabile che la tecnologia blockchain offra l’opportunità di migliorare l’inclusione finanziaria".

Se da un lato le criptovalute hanno il potere di cambiare per il meglio la finanza globale, "dall’altro il loro impiego come mezzo di pagamento è potenzialmente destabilizzante e potrebbe comportare un rischio sistemico: metteranno in discussione il monopolio delle banche centrali riguardo alla produzione di moneta e alla politica monetaria sul medio-lungo termine e ci sono ancora dei dubbi riguardo alla resilienza operativa dei sistemi decentralizzati", evidenziano da Amundi.

Tuttavia, una volta chiarito però il contesto normativo e affrontati i rischi principali, "le criptovalute probabilmente rifioriranno. La sfida con la quale dovranno misurarsi i regolatori e le banche centrali nel Ventunesimo secolo sarà quella di sfruttare i vantaggi dell’innovazione, controllando al contempo i suoi eccessi. Solo quando il contesto regolatorio si sarà stabilizzato e il rapporto con le valute digitali si sarà chiarito, i gestori patrimoniali potranno raccomandare le attività digitali come veicoli d’investimenti sicuri", concludono i due economisti. (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 12/04/2021 15:35
Ultimo aggiornamento: 12/04/2021 15:35


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